Riccardo Mezzanotte è un poliziotto dal passato tormentato. Vive nel rimorso del difficile rapporto con il padre, anch'egli investigatore, morto in circostanze misteriose, con il quale non ha fatto in tempo ad appianare i contrasti. A seguito di una denuncia inoltrata a carico di colleghi corrotti, viene trasferito alla Polfer presso la stazione Centrale di Milano. Il suo prodigioso intuito gli fa intuire che dietro il ritrovamento di alcuni animali massacrati si possa celare il percorso iniziatico di un serial killer. Per cercarlo dovrà addentrarsi nei meandri sconosciuti della stazione, scoprendo una verità ancora più sconvolgente, nella quale si celano anche le cause sulla morte del padre.
Sono arrivato a questo libro, come spesso mi accade, mosso da un friccico di curiosità, alimentata questa volta dallo scenario del romanzo, la stazione Centrale di Milano, e dallo sfacciato endorsment del critico letterario del Corriere della Sera, Antonio D'Orrico, noto fan di James Ellroy, con il quale mi sono sempre trovato in sintonia.
Avessi saputo che La stazione (Giunti, 870 pagine) conteneva elementi di fantasy probabilmente non l'avrei nemmeno preso in considerazione, non essendo questo un genere che mi appassiona (per usare un eufemismo). Dopodichè, a lettura ultimata, sono giunto alla conclusione che la storia avrebbe potuto essere realizzata anche senza l'uso di questi spunti sovrannaturali e che i problemi che ho riscontrato, in quello che comunque è un decoroso romanzo d'intrattenimento, non risiedono in questo aspetto.
Nonostante gli sforzi dell'autore, Mezzanotte jr ne esce come il classico poliziotto tutto d'un pezzo (ovviamente strafigo) che non esita a buttare ogni cosa, reputazione, amori, carriera, nel cesso per fare sempre la cosa giusta, con l'alibi narrativo della costante e tardiva ricerca di approvazione paterna. Specularmente, nessuna zona grigia per le controparti: i personaggi negativi lo sono a tutto tondo, oltre ad essere raffigurati come stupidi, gretti, vigliacchi, violenti con le donne, sadici e anche un pò impotenti.
Non si salva nemmeno Laura, la protagonista femminile, dotata di una sorta di telepatia che in fin dei conti non incide mai realmente sugli sviluppi della storia (McGuffin?).
Lettura da sconsigliare, dunque? Non completamente, risultano apprezzabili il ritmo dell'incipit, con l'arrivo del treno speciale dei tifosi, l'idea della città nascosta, la rievocazione delle deportazioni degli ebrei dal binario 21, un afflato sociale che si manifesta attraverso l'affetto dell'autore verso gli invisibili, i dimenticati, che vivono nelle pieghe nascoste di ogni grande città.
Ma forse, sopra ogni cosa, molto, se non tutto, si regge sulla protagonista assoluta del romanzo, lei, in tutta la sua severa maestosità: la Stazione Centrale di Milano che, come spiegherà l'autore nell'epilogo, è stata sottoposta ad approfonditi studi e ricerche che permettessero, qui sì, la più ampia ed accurata verosimiglianza se non degli eventi, almeno dei luoghi dove essi si svolgono. Luoghi ancora oggi, con la stazione tramutata nell'ennesimo spazio consumistico, densi di mistero e scoperte.
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