lunedì 19 ottobre 2020

Zakk Sabbath, Vertigo


Ricordate il remake del capolavoro (uno dei tanti) di Hitchcock, Psycho, rifatto da Gus Van Sant? Il regista indipendente decise di riconoscere un tributo ad uno dei più rilevanti maestri del cinema rifacendo "shot by shot" il suo celebre film.

Il chitarrista/cantante Zakk Wylde, fan dichiarato dei Black Sabbath e qualcosa come vent'anni assieme ad Ozzy Osbourne, ha deciso di fare qualcosa di simile, qualcosa non di totalmente irrituale, ma insomma nemmeno così frequente nel mondo rock. Assieme al basso di Blasko (anche lui in passato con Ozzy, oltre che con Rob Zombie) e alla batteria di Joey Castillo (tra gli altri Danzig e Queens Of The Stone Age), ha riproposto fedelmente l'epico debutto self titled dei Black Sabbath, il disco insomma, che, per convenzione, ha inventato l'heavy metal. La versione ricalcata dagli Zakk Sabbath è, ovviamente, quella uscita negli Stati Uniti, la cui tracklist diverge sia nella forma (cinque brani di cui due lunghi medley, invece di sette tracce) che nella sostanza (Wicked world sostituisce Evil womanda quella europea.

Il disco (pubblicato solo in formato fisico, per scelta filosofica della band) inizia con l'inconfondibile rumore di pioggia e tuoni dell'originale, e quando Zakk attacca la prima strofa "What is this that stands before me?" l'effetto copia/incolla, dovuto anche dal timbro vocale di Wylde, identico a quello di Osbourne, è totale. Ma, come Gus Van Sant nel suo remake aveva in realtà adottato delle soluzioni non praticabili ai tempi dell'uscita del film originale (lo zoom iniziale), così anche gli Zakk Sabbath, nello sviluppo del disco si fanno prendere la mano, in particolar modo nelle parti strumentali, fino ad arrivare al lungo medley della conclusiva traccia numero cinque (oltre quindici minuti), che racchiude A bit of finger, Sleeping village e Warning nel quale liberano l'esplosione di tutti gli stili del proprio bagaglio tecnico, con una sventagliata senza soluzione di continuità di hard-rock, doom, blues, folk e persino stoner. Un pezzone da far resuscitare i morti (a patto che in vita fossero amanti della buona musica).

Insomma, serviva questa operazione per conoscere la grandezza dei Black Sabbath o la tecnica mai fine a se stessa di Zakk Wylde? Certamente no, tuttavia raramente un disco si è rivelato così superfluo e al tempo stesso dannatamente entusiasmante, come Vertigo.

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