giovedì 18 gennaio 2018

Power Trip, Nightmare logic


Poco metallo estremo tra i miei ascolti dell'anno appena trascorso. 
Eccezione di rilievo i texani (di Dallas) Power Trip, formazione sulle scene da un paio di lustri, ma con una discografia limitata a soli due full lenght: l'esordio Manifest decimation del 2013 e l'oggetto di questa recensione: Nightmare logic.
I generi frequentati dalla band (giusto per dare delle coordinate: thrash, sludge, crossover) sono tra quelli che, se eseguiti in maniera scolastica e con poca convinzione, risultano immediatamente artefatti e prevedibili. 
Per fortuna qui siamo invece al cospetto di uno di quei dischi (è presto per dire se anche di una band) in grado di rivitalizzare uno stilema, il thrash metal, tanto deflagrante alla sua diffusione (metà anni ottanta) quanto stantio oggi. Tra l'altro dici thrash e la mente subito corre ai Metallica o ai Megadeth, ma nel caso dei Power Trip le latitudini sono diverse, dalle parti più imbastardite di Exodus e Kreator. 
La coinvolgente resa sonora è merito della cazzimma dei cinque debosciati che compongono la band , ma anche, e soprattutto, di una capacità compositiva di rilievo, che, in mezzo all'immancabile tempesta di latrati chitarristici, e in poco più di mezzora di timing, è in grado di far emergere autentici instant classics quali Executioner's tax (Swing of the axe), Waiting around to die e la title track.

Una fredda, spietata e sconquassante logica da incubo che diventa un paradiso dei suoni per ogni onesto metalhead che si rispetti.

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