lunedì 10 agosto 2015

Motley Crue, Motley Crue (1994)


Nel 1994 il glam-metal era molto e sepolto. Nuove forme di musica dura avevano preso il suo posto nel cuore degli appassionati, il trend imperante era la contaminazione e persino il cosidetto grunge aveva esaurito la sua spinta propulsiva. In questo contesto musicale i Motley Crue erano esageratamente fuori posto. Sembrava passato un secolo dal successo travolgente di Dr Feelgood e dall'interminabile tour mondiale che ne era seguito, ma in realtà erano trascorsi solo pochi anni. Anni nel quali la band era contemporaneamente al massimo della creatività, al minimo della tossicodipendenza e allo stremo delle forze. L'acrimonia e i rancori accumulati nel tempo soprattutto dal duo Sixx-Lee nei confronti del singer Vince Neil erano deflagrati quando il biondo singer si era dimostrato poco interessato alle registrazioni del nuovo album disertando ripetutamente la sala registrazione. Questo comportamento, che di norma era tollerato vista la poca professionalità complessiva dei membri della band, improvvisamente diventa motivo di licenziamento in tronco di Neil. La ricerca di un nuovo frontman si ferma quando viene intercettato John Corabi, cantante degli emergenti Scream, che si erano fatti notare grazie al loro debutto Let it scream.

Con l'entusiasmo del novellino Corabi e la ritrovata voglia di lavorare duro del resto dei Crue, la rinnovata line-up dà vita a quello che risulterà essere l'album più atipico dell'intera discografia della formazione e al tempo stesso il migliore dal punto di vista della convinzione, della compattezza e dell'impegno profuso da tutti.
Se qualche critico dell'epoca, pigramente, aveva definito il disco grunge, non è perché l'album necessariamente lo fosse, ma perché il mood della canzoni va a pescare nello stesso bacino in cui gettavano le lenze Alice in Chains o Soundgarden, cioè l'hard-rock dei settanta. In particolar modo nella matrice blues che stava a capo di band come i Led Zeppelin o i Bad Company, come emerge chiaramente dai riff di chitarra di Mick Mars, finalmente capaci di librarsi oltre il pesante fardello dei pattern della casa e trasformarsi in affilati rasoi sonici che fendono le composizioni.
Per non parlare dello scarto tra Corabi e Neil. Pur trattandosi di stili vocali completamente diversi (sporco il primo, acuto il secondo), basta la partenza di Power to the music per capire che i Motley Crue hanno finalmente un cantante vero che surclassa il precedente. Non solo. John infatti era anche un valido chitarrista e la formazione a due asce permetteva un'ulteriore evoluzione al sound dei Crue.
E poi i testi, che, grazie a dio, finalmente escono dagli steccati stereotipati e misogini che avevano fin qui caratterizzato i brani della band, per infilarsi in tematiche più ampie, che accarezzano il sociale e l'attualità.
Persino la durata dei pezzi è in discontinuità rispetto alla tradizione della casa. Laddove infatti la durata media delle composizioni viaggiava sui tre minuti e mezzo, qui i due terzi della tracklist viaggia tra i cinque e gli oltre sei minuti. Hooligan's holiday e Misunderstood sono i singoli chiamati a rappresentare il lavoro, ma a mio avviso Poison apples, Hammered e l'esplosiva Smoke the sky hanno qualche marcia in più.

La coesione, grande forza del disco, diventa, volendo trovargli un difetto, anche il suo punto di debolezza, mancando effettivamente quei due tre pezzi radiofonici (o appetibili da MTV) in grado di veicolarlo ai piani alti delle classifiche. Forse per questa ragione, unita all'incapacità di aprirsi una linea di credito con nuovi ascoltatori, il lavoro si è rivelato un flop colossale, che ha avuto la coda disastrosa della cancellazione del tour a supporto e, di lì a poco, del licenziamento del buon Corabi. 
Non credo che, nell'anno in cui venivano pubblicati album quali Vitalogy e Superunknow, i Motley Crue avessero comunque mezza chance di riaffermarsi. Erano come un gruppo prog che cercava di sopravvivere nel 1977, dopo l'esplosione del punk. Surclassati. 

Strano scherzo del destino per una band che fino a Girls girls girls ha avuto successo per canzoni che i membri non ricordano nemmeno di avere inciso, a causa del perenne stato di incoscienza causato dalle varie tossicodipendenze, e che viene dimenticata e umiliata quando produce il massimo sforzo per rimanere sobria e pubblicare un disco di qualità. Impareranno la lezione i Motley Crue e con il ritorno di Vince dietro il microfono registreranno uno dei peggiori dischi mai ascoltati: Generation swine.
Ma questa è un'altra storia.

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