giovedì 25 settembre 2014

Io, Stefano e i One Direction 2/2



Nell'arco della mia vita ho assistito ad un discreto numero di concerti, ma posso tranquillamente affermare di non aver mai sentito un boato dell'assordante intensità di quello che il pubblico di San Siro tributa ai One Direction. Non esagero, una roba che fa tremare lo stadio fino alle sue vecchie fondamenta.
Anticipati dagli anonimi (veri) musicisti che prendono posto nella parte tradizionale del palco, Niall, Zayn, Liam, Harry e Louis (visto? mi sono documentato...) fanno il loro ingresso on stage e subito gratificano la folla con Midnight memories, il cui refrain è supportato da cinquantamila voci gaudenti. I ragazzi si piazzano lungo la passerella centrale e lì resteranno per tutto il concerto, dandosi a turno il cambio all'estremità di essa per eseguire ognuno la propria canzone, mentre gli altri attendono (talvolta un po' annoiati, devo dire) su una panchina posta all'inizio della lingua di palco. E' noto che gli show di Milano verranno immortalati su di un apposito dvd (in uscita a Natale) e quindi ogni atteggiamento dei cantanti appare ancora meno spontaneo di quanto non lo sia già normalmente. Per l'intera esibizione è tutto un invitare la folla al botta e risposta, un elogiare i fan italiani e un proclamare l'emozione di trovarsi nella Scala del calcio. Parti integranti dello spettacolo anche gli immancabili selfie e l'utilizzo di twitter, piattaforma attraverso la quale la boy band risponde ad una manciata di domande inviate al loro profilo dai fans di mezzo mondo. In un'ipotetica classifica dei più sovraesposti la parte del leone mi sembra la facciano Liam, Harry e Liam, con gli altri due un po' più sacrificati.
Scorre la setlist, e, benché permanga forte la sensazione di trovarsi dentro un talent show più che ad un concerto, su qualche pezzo, come Kiss you, Live while you're Young - la mia preferita - , C'mon c'mon, Diana , nemmeno io mi sottraggo al singalong (lo so, vi sarebbe piaciuto vedermi). Tra un effetto speciale e un gioco di luci, con What makes you beautiful si chiude lo show, in attesa dei bis, che, sotto un gradevole drizzle molto english, si aprono con You and I. E' poi il turno di Story of my life, che sarebbe anche un brano piacevole, se il titolo non mi riportasse all'omonimo pezzo dei Social Distortion e, che te lo dico a fare, con Mike Ness che ti rimbomba nella testa finisce ogni suggestione pop. Con Best song ever siamo ai saluti con tanto di coriandoli e stelle filanti.

Stefano, dopo un inizio concerto che l'aveva reso malmostoso (ancora oggi non  ne ho capito il motivo) è stato progressivamente sempre più coinvolto dallo show, al punto dal voler rimanere fino all'ultimo, nonostante la pioggia. Fuori dallo stadio la sua eccitazione è al massimo, e, come gli accade in questi casi, parla a manetta, rovesciandomi addosso impaziente domande e riflessioni a rullo. Lungo la strada antistante il piazzale dello stadio è interminabile la fila dei  genitori in piedi accanto alle auto parcheggiate sul marciapiede con le quattro frecce accese, che attendono il ritorno dei figli impegnati (immagino) nella prima libera uscita della loro giovane vita.
Ripensando al concerto, mi rendo conto che non ci sono state grosse sorprese rispetto a come me l'ero figurato. L'esibizione in se stessa mi ha lasciato proprio pochino, ma l'entusiasmo dei ragazzini, beh, quello è stato veramente contagioso e mi ha trasmesso vibrazioni positive, genuine. Penso che un giro da queste parti avrebbe fatto bene anche a tanti dinosauri musicali un po' snob che ormai la sanno tutta ancora prima che gliela racconti e che non vogliono avvedersi di come i giovanissimi fans delle pop star moderne potrebbero diventare i sostenitori di ben altra musica domani. D'altro canto, anche per molti di noi la curva di apprendimento è iniziata con una qualche passione che probabilmente oggi ci vergogniamo un po' a tirare fuori dagli armadi.
In fondo, per vedere gli AC/DC c'è sempre tempo.


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