Ci fosse una competizione tra le nuove band di rock americano, i Gaslight Anthem sarebbero posizionati, sulla mia griglia di partenza ideale, avanti di diversi metri rispetto agli altri concorrenti.
Sì, sono abbastanza di parte con la band del cantante/leader Brian Fallon, vuoi per la schiettezza con la quale si presentano, per il modo in cui incarnano il lato romantico del rock classico a stelle e strisce senza sacrificare l'energia dei pezzi, o per le buone vibrazioni che trasmettono on stage, il combo mi è stato risultato simpatico da subito.
La premessa serve a darmi la giusta autorevolezza nell'affermare che questo Handwritten, quarto album in cinque anni, è un preoccupante passo indietro nella carriera degli Anthems. Il singolo "45", che ha anticipato di diverse settimane la release del disco era stato in questo senso rivelatore, e la speranza che il resto della tracklist fosse di tono differente è stata vana.
E' incredibile, ma sembra che i ragazzi ritengano di essere già arrivati ad un punto tale da poter autocoverizzarsi, scimmiottando il lato più più commerciale del loro suono e infarcendo i pezzi di irritanti cori ohooohh/ehyeeeeh che ti fanno domandare a più riprese se per caso ci si trovi davanti ad una parodia dei Gaslight Anthem fatta da "Weird Al" Yankovic.
Davvero, a tratti la banalità che esce dai microsolchi è sconcertante, nella sua deriva derivativa (scusate il gioco di parole). Chissà se pezzi come la title-track, Howl, 45 o Desire arrangiati in modo diverso avrebbero potuto sentire più di arrosto che di fumo e sopratutto chissà se sono state le legittime aspirazioni commerciali (da questo punto di vista vincenti, visto che Handwritten ha sfiorato la vetta delle chart UK e USA) a convincere Fallon e soci che il final cut che stavano riascoltando al banco del mixer fosse quello buono da mandare in produzione.
Nulla di tragico, un passo falso ci può stare. La speranza della rinascita risiede in una manciata di pezzi, Too much blood, Mae e sopratutto la dylaniana National anthem (guarda caso tutte ballate o midtempo).
Altre note positive sono la copertina vintage dell'album (splendida) e due delle tre bonus track della deluxe edition, le cover di Sliver dei Nirvana e You got lucky di Tom Petty, a definire le coordinate musicali della band.
Voto politico sulla fiducia. A patto che gli ohohooooh di Brian non diventino marchio di fabbrica del gruppo al pari degli stanchi eeeeh di Vasco Rossi.
6/10
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