Lou Reed & Metallica
Lulu (Universal) 2011
La mia impressione è che da quando è stata resa nota la collaborazione tra Lou Reed e i Metallica, finalizzata ad un progetto discografico comune, in molti non vedessero l'ora di sputtanarli. Ho notato anche che, una volta uscito l'album, a stroncarlo più violentemente, quasi con cattiveria sono stati i fans dei Metallica. Seguiti comunque a breve distanza da quelli di Lou Reed. Mi sembra invece ci sia stata più accondiscendenza (al netto dei soliti articoli-marchette a favore di major) da parte degli appassionati neutrali, che in passato hanno magari apprezzato sia il gruppo metal che il poeta maledetto, senza però per questo diventare degli integralisti delle loro opere.
La prima cosa da dire per fare chiarezza è che questo è senza dubbio un album di Lou Reed. Poi ci sono i Metallica a fare da gruppo spalla. Se qualcuno quindi si aspettava la rinascita della band di Hammett ed Hatfield rimarrà molto più che deluso. D'altro canto temo che per quella ci vorrebbe solo un miracolo (inteso in senso letterale, tipo resurrezione), vista l'empasse dei quattro. Lou Reed invece si può dire che abbia realizzato un operazione perfettamente nelle sue corde. Nei numeri cioè di un uomo che ha sempre fatto come gli pareva, a partire dall'atroce scherzo di Metal Music Machine (1975) per finire a The Raven (2003). E che prima e nel mezzo,insieme ai Velvet Underground o da solo, ha semplicemente scritto la storia della musica rock.
Ma ripartiamo proprio da The Raven, lavoro nel quale il sessantanovenne artista aveva musicato alcune opere di Edgar Allan Poe, non destando particolari favori in critica e pubblico. Il progetto Lulu segue coordinate analoghe, esplorando un lavoro teatrale del drammaturgo tedesco Frank Wedekind, lavoro che unisce due drammi distinti, Lo spirito della terra e Il vaso di Pandora in un unica rappresentazione: Lulu, appunto. Di cosa parlano le rappresentazioni (messe in scena tra la fine dell'800 e l'inizio del 900)? Di roba estremamente moderna, o se vogliamo trasversale al tempo. Sesso usato per salire la scala sociale, depravazione, attrazioni morbose, omicidi, suicidi, violenza fisica e psicologica. Di tanto sangue e di un finale splatter nel quale chiude il cerchio nientedimeno che Jack lo squartatore. Lulu (esile, carnagione chiara, capelli neri a caschetto, femminilità prorompente) diventerà l'icona di un certo tipo di femminilità, ripresa con una certa continuità da cinema, moda e fumetti (ultima ma non ultima la Valentina di Crepax). La premessa è stata lunga ma a mio avviso era necessaria perchè conteneva l'embrione della recensione prettamente musicale. Per addentrarsi nella seconda parte dell'analisi del disco, c'è da dire che come da consolidato marchio di fabbrica degli ultimi anni , Reed non canta, ma recita i versi generalmente cantilenandoli, solo occasionalmente sforzandosi di intonarli se proprio non ne può fare a meno. Dietro di lui suonano i Metallica, non necessariamente autocoverizzando il loro suono, ma mettendosi a totale e umile disposizione della canzone, della storia, del progetto, del frontman. Il disco, pur essendo composto da dieci sole tracce ha una durata che accarezza i novanta minuti e dei singoli pezzi ben sei superano i sette minuti fino all'apice di Junior Dad, la traccia conclusiva che ne dura quasi venti.
Astenersi perditempo quindi. Se non si cade nel fascino oscuro del reading del vizioso newyorkese bastano una manciata di minuti per mollare il colpo. Se però si infrange l'imene della poca accessibiltà del disco, qualcosa di morbosamente affascinate in esso si trova, includendo in questo anche l'apporto della band di Master of puppets. Di più, il materiale racchiuso nel primo cd (le tracce fino alla sei) fila bene con il suo saliscendi d'intensità, a partire dalla chitarra acustica che apre Brandenburg Gate anticipando il cantato di Lou e l'entrata del resto della band. C'è poi The view, il singolo che ha lanciato l'album scelto presumibilmente in quanto uno dei pochi brani in cui Hetfield partecipa alle parti vocali. Il pezzo che però coniuga meglio i due stili musicali è Mistress dread, o perlomeno è quello in cui i Metallica suonano più veloce, facendo a gara con la nenia di Reed, che invece è costante nella sua ritmica lenta. Iced honey è il brano che maggiormente contempla la forma canzone classica ed in questo ricorda palesemente le composizioni più accessibili di Lou. Anche gli undici minuti della struggente (almeno per quello che si evince dal testo) Cheat on me non sono male e passano senza pesare.
Il secondo cd è un pò più sbilanciato sull'aspetto teatrale del soggetto, e poi comunque tre canzoni da quaranta minuti complessivi (anche se la metà dei venti minuti di Junior dad è come un'interminabile fader fatto di feedback chitarristici e archi vari) di questa roba metterebbero a dura prova anche la pazienza di un monaco tibetano.
Complessivamente, la boa della sufficienza è comunque raggiunta, non so se perchè in me è scattata la sindrome da giornalista snob che incensa ciò che gli altri abiurano o se sia più semplicemente una reazione alle critiche all'opera che mi sono parse preventive, esagerate ed irriguardose rispetto ad un lavoro che di certo non sarà ricordato negli annali e che rischia seriamente di finire presto nei cestoni tutto a cinque euro degli Autogrill, ma che non merita nemmeno di essere disprezzato con questa brutale intensità. No, Lulu non è sicuramente un disco trascendentale e vive inevitabilmente di alti e bassi, ma qualche qualità ce l'ha. Ad esempio cresce col tempo ed ha un suo oscuro magnetismo che attira a se. Non tutti gli ascoltatori forse, ma non è anche questo il bello della musica?