lunedì 14 novembre 2011

Bad to the bone





99 Posse

Cattivi Guagliuni (Novenove) 2011





Ascolto il ritorno dei novenove e tiro un bel sospiro di sollievo. Il comeback era stato infatti anticipato, oltre un anno fa, dal singolo Antifa, che mi aveva veramente fatto temere il peggio, tanto era bolso, fiacco e prevedibile. Cattivi guaglioni invece riallaccia nel migliore dei modi il discorso interrotto quasi dodici anni fa, e lo fa con immutata coerenza, ma (se possibile) con più rabbia, meno melodia e una maggiore attenzione agli aspetti autobiografici del suo autore principale, o' Zulù.

L'album parte forte e convince subito. University of Secondigliano è 99 Posse style al cubo. Rime assassine e un ritornello che spacca, il tutto su di un testo dispiegato sulle macerie delle prospettive di una vita dignitosa nelle periferie d'Italia. Canto pè dispietto (feat. Nuova Compagnia di Canto Popolare) è, come dicevo, un resoconto dell'orizzonte temporale trascorso dall'ultima release del 2000 ad oggi nella vita di Luca Persico. La title track è forse il brano più riuscito del disco, un flusso di ispirazione circolare, che, partito dai maestri (loro, i novenove) ha raggiunto altre posse (i Cò sang su tutti) e poi è tornato indietro moltiplicato per cento. Il pezzo è una sfuriata micidiale su chi, per usare una metafora di De Gregori, ruba nei supermercati (finendo subito in prigione) e chi invece ha rubato per costruirli (che al gabbio non ci finirà mai).

La paranza di San Precario è un punk-rock leggerino, mentre Italia Spa fa ancora una volta centro, e mi piace segnalare un estratto da un monologo di Troisi che introduce il pezzo. Vilipendio fa scempio della retorica dei festeggiamenti ai centocinquant'anni del nostro Paese, mentre Yes Weekend è l'irriverente e sarcastica analisi della politica del piddì. Giusto per non farsi mancare strali nemmeno a sinistra.

C'è spazio anche per un'ospitata prestigiosa, quella di Caparezza che rappa nel suo stile inconfondibile sopra a Tarantelle pè campà. Su Antifa non ho cambiato idea, è il pezzo più debole della tracklist, mentre con Resto umano, il tributo al pacifista italiano Vittorio Arrigoni, ci si avvia alla conclusione del disco che tiene botta fino all'ultima traccia, per quasi un'ora di musica.



Non c'è quasi nulla da ridire sul ri-discesa in campo di o' Zulù e soci. Precisi, affilati, velenosi, spietati, rigorosi. Se proprio vogliamo andare a sfrucugliarli, mi sento di dire che senza l'apporto di Meg si sono un pò allontanati dal ruolo di Massive Attack italiani che tanto album come Corto Circuito e La vida que vendrà gli avevano appiccicato addosso. Qui la sloganistica e il furore delle rime non trovano quel magnifico equilibrio figlio del connubio musicale con la singer napoletana. Peccati assolutamente veniali rispetto all'importanza di un ritorno sulle scene di cui sentivamo davvero bisogno.






2 commenti:

Filo ha detto...

Beh, i Massive Attack italiani erano più gli Almamegretta che non loro.Molto più dub, mentre i 99 sono più hip-hop.
Comunque: bentornati. Adesso che scrivi così, mi sa che lo andrò a comprare.

monty ha detto...

Probabilmente hai ragione tu che
sei più attento di me a queste sonorità.
A me avevano dato quest'impressione
nel periodo in cui li scoprii e per un pò non ascoltavo altro:
http://abottleofsmoke.blogspot.com/2007/06/99-posse-rulez.html

Sul comprare il ciddì, beh, anche
se il disco è fuori a prezzo "politico"
e loro meritano sostegno, mi dai una bella responsabilità!
:-D