Tutto Craxi, tangente per tangente
Al momento della morte, nel gennaio del 2000, Bettino Craxi era stato condannato in via definitiva a 10 anni per corruzione e finanziamento illecito (5 anni e 6 mesi per le tangenti Eni-Sai; 4 anni e 6 mesi per quelle della Metropolitana milanese). Altri processi furono estinti "per morte del reo": quelli in cui aveva collezionato tre condanne in appello a 3 anni per la maxitangente Enimont (finanziamento illecito), a 5 anni e 5 mesi per le tangenti Enel (corruzione), a 5 anni e 9 mesi per il conto Protezione (bancarotta fraudolenta Banco Ambrosiano); una condanna in primo grado prescritta in appello per All Iberian; tre rinvii a giudizio per la mega-evasione fiscale sulle tangenti, per le mazzette della Milano-Serravalle e della cooperazione col Terzo Mondo.
Nella caccia al tesoro, anzi ai tesori di Craxi sparsi per il mondo tra Svizzera, Liechtenstein, Caraibi ed Estremo Oriente, il pool Mani Pulite ha accertato introiti per almeno 150 miliardi di lire, movimentati e gestiti da vari prestanome: Giallombardo, Tradati, Raggio, Vallado, Larini e il duo Gianfranco Troielli & Agostino Ruju (protagonisti di un tourbillon di conti e operazioni fra Hong Kong e Bahamas, tuttora avvolti nel mistero per le mancate risposte alle rogatorie).
Finanziamenti per il Psi? No, Craxi rubava soprattutto per sé e i suoi cari. Principalmente su quattro conti personali: quello intestato alla società panamense Constellation Financière presso la banca Sbs di Lugano; il Northern Holding 7105 presso la Claridien Bank di Ginevra; quello intestato a un’altra panamense, la International Gold Coast, presso l’American Express di Ginevra; e quello aperto a Lugano a nome della fondazione Arano di Vaduz.