lunedì 31 agosto 2009

When Mickey meets X-Men

Immagino che nessuno dei lettori più o meno fedeli del blog conosca Howard The Duck (Orestolo il papero, in italiano). Questo personaggio è stato una creazione della Marvel dei primi ottanta. Chiara parodia di Donald Duck, Howard veniva da un altro mondo, ma restava intrappolato nel nostro (a New York, of course) dove si adattava a fare il tassista. Sboccato, scorbutico e tabagista, il papero della Marvel qualche volta ha persino interagito con Spiderman (che c'è di strano, dopotutto viveva a Manhattan!) e nel 1986 ha addirittura avuto l'onore di avere un film a lui dedicato (che ovviamente ho visto al cinema . Io altri due disperati, visto che si tratta uno dei fiaschi più colossali della storia ).

Ad ogni modo, mi è venuto in mente Orestolo leggendo la notizia dell'acquisizione del colosso Marvel da parte del colosso dominante Disney.
Così imparano quelli della casa di Stan Lee a pigliare per il culo i pesci più grossi e più cattivi di loro. Gli elefanti si sa, hanno la memoria lunga, e prima o poi la paghi.

Comunque, che l'acquisizione della Disney sia o meno una tardiva vendetta per Howard, poco cambia. Non l'ho proprio presa bene questa notizia.
Magari non cambia niente, per quello che ne so. Tanto sempre di intrattenimento mainstream si tratta. Non si metteranno mica a progettare un Team-Up tra Clarabella ed Elektra, no?
Sarò anche un sentimentale , ma che tristezza. Un altro pezzo di giovinezza se ne va. E vabbeh.



La Disney acquisisce la Marvel, affare da 4 miliardi in titoli e azioni


Nella "casa madre" di Topolino entrano serie di grande successo da "Spider man" a "X-Men", a "I fantastici quattro" e "Hulk"


NEW YORK - Topolino si mangia l'Uomo Ragno. Con una megaoperazione da 4 miliardi di dollari, The Walt Disney Company ha annunciato l'acquisizione di Marvel Entertainment Inc. Sulla base dell'accordo, gli azionisti di Marvel riceveranno un totale di 30 dollari per azione in cash più lo 0,745 delle azioni Disney per ogni azione Marvel posseduta.





domenica 30 agosto 2009

La ragazza che giocava con il fuoco


Secondo capitolo della Millennium Trilogy di Stieg Larsson.
I due protagonisti principali del cosmo dell'autore svedese, con una mossa che dimostra un'eccezionale scaltrezza narrativa, vengono separati.
L'uno (il giornalista Michael Blomqvist) a gestire una delicatissima inchiesta sul traficking, la tratta di giovani donne dell'est obbligate a prostituirsi in Svezia, e l'altra (Lisbeth Salander) che cerca a suo modo di mettere ordine nella sua vita. Non penso di svelare troppo se dico che presto le due storie di intersecheranno, andando a scavare a fondo (ma non troppo, c'è pur sempre un terzo volume da leggere!) nel passato della giovane Salander.

Con questo secondo romanzo, Larsson si cala molto più del primo del canovaccio standard del thriller di stampo americano. L'originale libro di denuncia/noir calato nella società svedese dell'esordio resta un pò ai margini, qui l'universo dello scrittore si popola di nuovi personaggi: sbirri buoni e cattivi, la criminalità organizzata, gang di motociclisti, servizi segreti, spie, ambiziosi pubblici ministeri, giovani giornalisti idealisti, ex pugili e persino un killer implacabile in stile golem e si muove sui binari della caccia all'uomo, confondendo però le acque in merito a chi sia preda e chi invece cacciatore.

Il ritmo è comunque buono, e anche questo volume (di quasi 800 pagine) si divora, ma insomma, si preferiva la Lisbeth vittima/carnefice di Uomini che odiano le donne, piuttosto che l'angelo vendicatore dark di questo seguito. E, davvero, il cattivo inarrestabile che per una particolare patologia non sente dolore alcuno è roba da romanzetto serie zeta. Ma è solo una mia opinione, diversi lettori hanno addirittura preferito La ragazza che giocava con il fuoco, a Uomini che odiano le donne.


Chiudo raccontando un paio di storie che ho casualmente raccolto negli ultimi tempi, riguardo il mondo creato da Stieg. La prima è di un paio di mesi fa. Chiaccherando con un dirigente della società che gestisce degli aeroporti di Milano a margine di una riunione, è venuto fuori che la domanda di biglietti aerei per la Svezia negli ultimi tempi, a seguito del successo riscosso dalla trilogia, è aumentata esponenzialmente, tanto che le compagnie aeree hanno fatto domanda di incrementare gli slot (gli spazi aerei di entrata e uscita da un aeroporto) un pò da tutta Italia per la Scandinavia.

La seconda viene da un articolo che leggevo qualche giorno fa su Repubblica, nel quale si riportava che siamo arrivati alle gite organizzate ad uso e consumo di turisti internazionali, per visitare i luoghi, le strade, i bar e persino le case che nella trilogia fanno da sfondo alle avventure di Blomqvist e della Salander.

Questi segnali danno in qualche modo una precisa idea di quanto profonda sia, a cinque anni dalla morte di Larsson, la traccia lasciata nei lettori da parte dello sfortunato giornalista/scrittore nordico, e probabilmente rendono superflue altre riflessioni riguardo al valore letterario dell'opera.

venerdì 28 agosto 2009

Primo: non chiedere!

Berlusconi fa causa alle 10 domande
Chiesto un milione di risarcimento


ROMA - Nuovo attacco di Silvio Berlusconi a Repubblica. Il premier va dai giudici e chiede un risarcimento danni per un milione di euro al Gruppo L'Espresso. A suo giudizio le domande formulate il 26 giugno da Giuseppe D'Avanzo sono "diffamatorie". Per la prima volta nella storia dell'informazione italiana gli interrogativi di un giornale finiscono davanti a un tribunale civile.


All inclusive


Per essere certo di non farmi mancare niente neanche alla fine di agosto, sono riuscito a beccarmi in esclusiva una di quelle influenze da stramazzare a terra più morto che vivo.
Tosse, mal di testa, un raffreddore che da solo sta facendo uscire dalla crisi la Kleenex, un senso generale di rintronamento.

Il pacchetto completo, insomma.

mercoledì 26 agosto 2009

Il grande nulla

Aspettavo con una certa curiosità di vedere il primo film sceneggiato appositamente per il grande schermo da James Ellroy. La notte non aspetta (Street Kings in originale)contiene tutti gli elementi tipici dell'universo Ellroyano. La location losangelina e la relativa corruzione della LAPD, violenza, desolazione, il poliziotto solitario che cerca di annegare i propri demoni in missioni solitarie al limite del suicidio, le indagini della commissione interna, un omicidio che non è quello che sembra.

Peccato però che a differenza dei suoi racconti, che in qualche caso considero alla stregua di romanzi storici, il tutto sia annacquato in una storia banale e prevedibile, dai dialoghi imbarazzanti e la regia fiacca, con un cast di attori talmente svogliati che manco ci provano a sollevare le sorti del film.

Passi per Keanu Reeves, dal quale non mi aspetto mai granchè, o per Hugh Laurie (il Dottor House del serial TV omonimo) che sembra non capire dove si trova tanto è spaesato, ma davvero in vita mia non ho mai visto recitare così male Forest Whitaker.

A pochi giorni dall'uscita dell'attesissimo nuovo romanzo di Ellroy, scaccio via con inquietudine il pensiero che il mio scrittore preferito, il geniale autore della quadrilogia di LA, de I miei luoghi oscuri, del monumentale American Tabloid, e prima ancora, della trilogia di Hopkins il pazzo, nonchè di una serie impressionante di personaggi indimenticabili, abbia perso per sempre il suo tocco.

Provaci ancora, James.

W.U.T.I. OF: Yo La Tengo, And then nothing turned itself inside out

lunedì 24 agosto 2009

Folk-Metal!


Da un blog dell'amico Murphy, scopro l'esistenza degli irlandesi Cruachan, fautori di un genere battezzato folk-metal, che consiste nell'utilizzare gli strumenti tradizionali irlandesi all'interno di una struttura dei brani sostanzialmente heavy metal. I testi sono perlopiù su tematiche fantasy (il precedente gruppo del leader Keith Fay si chiamava Minas Tirith...), e nel complesso a me sembra che il matrimonio tra i generi sia ben riuscito.

Nel album Folk-lore, del 2002, trova spazio anche la cover del classicissimo irish The rocky road to Dublin, nonchè, in un paio di brani (Ride on è splendido), la collaborazione di Shane MacGowan!

Qui trovate un'intervista in italiano e a questo indirizzo youtube diversi video.

venerdì 21 agosto 2009

Sleep comes like a drug

Non pare anche a voi che quest'anno faccia un caldo micidiale? Sembra di stare dentro Brivido Caldo, solo che non c'è nessuna Kathleen Turner ventenne pronta ad accoppiarsi con te.
E neanche una peccaminosa Barbara Stanwick del 1943, per la verità.
Anzi, forse, a pensarci bene, quando la notte giaccio sveglio, sul letto umidiccio di sudore e guardo sconsolato le pale del ventilatore che girano sul soffitto, mi sovviene un'altro film, tant'è che sussurro:
"Saigon. Merda. ".

Lo dico proprio, tant'è che la mia signora sbuffa e cambia posizione, girandosi su di un fianco.

Che diamine, una bevuta con il colonnello Kilgore/Duvall me la farei volentieri, chissa quante storie di guerra avrebbe da raccontare. Una Guinness gelata, uno shot di Jameson in un pub con l'aria condizionata. Si, cazzo.

Non riesco a concentrarmi su nessuna pellicola che porti refrigerio. Dannazione, perchè mi viene in mente solo Stallone in quel film sulle alpi?!? Aspetta aspetta, forse ci sono. Ecco sì, ci sono. C'è tutto il freddo che desideravo. Sono in mezzo alla neve fino alle ginocchia,sopra i vestiti lisi indosso solo un lurido impermeabile beige, e cammino insieme ad un tizio in un ridicolo costume da...gufo? Andiamo verso una costruzione imponente che sorge all'improvviso nella neve, lui si rivolge a me chiamandomi Rorsarch.
Sono calmo e concentrato.
Buonanotte...

giovedì 20 agosto 2009

(Straight) To Hell, and back


Di norma, anche se non sono ferratissimo sullo specifico, cerco di arrangiarmi con le definizioni dei generi musicali dei dischi che recensisco. Che cazzo, alla fine è solo roccheroll. Stavolta confesso che ho dovuto chiedere l'aiuto di wikipedia. Che cazzo di metal disperato è quello del progetto metal di Hank Williams terzo, gli Assjack?
Tennesse driver si apre con un riffone alla Black Sabbath, ma è una falsa pista. Il resto del disco vaga su sentieri pericolosi e a me sconosciuti, qualche volta si aggirano dalle parti dei Sepultura di Chaos A.D. , forse qualcosina dei primi Metallica. E questo è il massimo che sono riuscito a cavare fuori.
Quelli di wiki parlano di metalcore e
psichobilly. Tocca credergli sulla parola.

Assjack è la prima release ufficiale del gruppo omonimo, che segue però un'intensa attività live delle formazioni che si sono susseguite attorno ad Hank per il suo side project, nonchè la pubblicazioni di quattro bootleg dal vivo.

Sarà probabilmente per il mio affetto morboso per il discendente più cazzuto di Hank Williams sr, se, nonostante questa roba sia piuttosto lontano dai miei gusti metal canonici, sia riuscito a prestargli un numero decente di ascolti fino ad arrivare ad apprezzarla. Direi che ho fatto bene, perchè ogni tanto un disco così mi serve.

L'album pesta giù veramente duro (almeno per le mie orecchie), per la sua mezz'ora di durata non concede letteralmente un attimo di respiro.

Tennesse driver è attualmente è uno dei miei pezzi preferiti, ma, come scrivevo in premessa, è anche piuttosto depistante sul mood del disco. Allora risulta più consono al contesto complessivo segnalare Wasting Away, Cocaine the White Devil, Gravel Pit, Redneck Ride e la conclusiva Doin What I Want.

Non mi stancherò mai di ripeterlo, Hank 3 è uno degli artisti più veri ed interessentanti in circolazione. Un cazzo di punk che invece della cresta, in testa porta uno Stetson sformato, che manda affanculo tutti con il miglior outlaw country sentito da decenni, che si prende la libertà di spiazzare anche il suo pubblico alternando ormai regolarmente al genere del nonno questo hardcore devastante e brutale. Non ce ne sono altri come lui e se altri ne arriveranno in futuro non potranno che essere delle copie sbiadite.

Ascoltatori più esperti di me in questo genere di metal potranno esprimersi meglio sull'originalità del sound Assjack, ma sarebbe come guardare al dito invece che alla luna. L'elemento portante di tutta l'operazione, della vita artistica di Williams oserei dire, resta una vera urgenza comunicativa, come da tempo non mi capitava di percepire, un'inquietudine che lo tiene sempre in movimento, come un delinquente strafatto di benzedrina in fuga con la pula costantemente alle calcagna.

L'ho già detto che adoro quest'uomo?


P.S. Grande copertina, tra l'altro.

mercoledì 19 agosto 2009

Siamo aperti


Ci sono, eh!

Accidenti, non ho avuto nemmeno il tempo di scrivere una riga, in questi giorni. E dire che in teoria sarei a casa in cassa integrazione.


In teoria, appunto. Visto che ieri sono stato arruolato in fretta e furia per andare a Roma ad seguire la situazione della compagnia aerea greca (che, sul modello di quanto fatto fatto da Alitalia, cesserà di esistere il 30 settembre e ripartirà il primo ottobre con praticamente lo stesso nome e un nuovo proprietario). Quindi sveglia alle 4:30 e pedalare.


Mentre lunedì, prima ho accompagnato le sorellanze e family (con sveglia alle 5:30) a prendere il pullman a Famagosta per raggiungere la loro nave di crociera a Venezia (ma voi lo sapevate che anche per le crociere ci sono le offerte last minute?!?) e poi ho portato Stefano agli ospedali riuniti per una visita specialistica.

Oggi di nuovo ai Riuniti dopo lo sbattimento di Roma, con sveglia alle 7.


Se tutto va bene da domani dovrei riuscire a scrivere qualcosa di più interessante che le mie cronache ferragostane. Magari la recensione de La ragazza che giocava con il fuoco, secondo capitolo della millennium trilogy di Larsson,o del disco metal di Hank III, o l'amarcord del live Just one night di Clapton. Ma anche no. Cho lo sa?


Stay tuned.

venerdì 14 agosto 2009

MFT, agosto 2009


ALBUM

Eels, Hombre Lobo
Bob Dylan & The Band, The Basement Tapes
Jack Penate, Everything is new
The Clash, Essential
Assjack, omonimo 2009
Cass McCombs, Prefection
Johnny Cash, Remixed
Neffa, Sognando Contromano
The Gossip, Music for men
The Dead Weather, Horehound
Green Day, 21st Century Breakdown
Imelda may, Love tattoo
Minnie's, L'esecizio delle distanze
Gallows, Grey Britain


LETTURE

Stieg Larsson, La ragazza che giocava col fuoco

VISIONI

Prison Break, final season


Boom chicka dance?


Dopo The King, The Man in Black. Non c'è troppo da stupirsi se i discografici americani abbiano pensato di tirare fuori qualche altro dollaro dai diritti delle canzoni di Johnny Cash, dopo il successo commerciale della medesima operazione fatta con Elvis Presley.

Premetto che, seppur dinosauriaco, non sono un integralista assoluto del suono originale. Non ho preconcetti, giudico il risultato finale. Anzi, per dirla tutta, molto spesso, ascoltando pezzi lontanissimi dalla cultura hip hop, presto attenzione ad un giro di chitarra, di basso o di banjo (???) e penso che, con un pò di apertura mentale in più, si potrebbero campionare con ottimi risultati. E molto spesso ho pensato che l'epico boom chicka boom di Johnny Cash potesse fare faville in mano ad un buon manipolatore di suoni.

Inoltre, se vogliamo, anche dal punto di vista concettuale, Johnny Cash è stato per molti versi un autentico precursore di quell'attitudine che, convogliata nel rap, ha dato origine a quel genere, d'incontro tra realtà e finzione, che risponde al nome di gangstarap. Era o non era l'uomo in nero a cantare "I shot a man in Reno, Just to watch him die" in una delle sue prime canzoni? Cosa ci può essere di più gangsta?!? Folsom prison blues, era solo la prima di una serie di Murder songs, una corposa lista di titoli da far invidia ancora oggi ai vari 50 cents che ci frantumano le palle con le loro presunte gesta criminali.

Il disco. Okay, parlo del disco.
I walk the line, forse la canzone manifesto di Cash, apre la raccolta. Non si tratta esattamente di un remix, ma di un rap sulle note del brano dell'uomo in nero. Ci rima sopra nientepopodimenoche Snoop Dogg, con il cantato originale che è filtrato in modo da dare l'impressione che arrivi direttamente dall'oltretomba.

I remix più riusciti sono a mio avviso, quelli di Leave that junk alone, fatto dagli Alabama 3 (davvero bravi, riescono ad imprimere il loro sound, impossibile non pensare al brano dei titoli di testa dei Soprano, Wake up this morning) Country boy di Sonny J e Doin' my time (The Heavy Remix).

Per Folsom Prison Blues invece io avrei osato di più. L'arpeggio iniziale l'avrei dilatato, creando un vero e proprio loop. Tale Pete Rock invece è troppo ossequioso, lavora un pò sugli strumenti, rallenta il cantato, ma per il resto il brano resta quello. Peccato, un'occasione sprecata.
Buone Straight A's in love, Sugartime e la conclusiva I heard that lonesome whistle blow.

In conclusione, Johnny Cash Remixed si rivela un'operazione anche divertente, seppur solo a tratti riuscita. Stupisce francamente l'assenza di un pezzo come Ring of fire, che avrebbe fatto faville in un contesto del genere. In linea di massima i produttori hanno scelto stranamente diversi brani poco noti, non si sa se per una questione di diritti o per cercare di emulare il successo planetario di A little bit conversation, traccia sconosciuta di Presley, divenuta il suo più grande successo moderno, grazie al noto remix.

Alla fine l'impressione è che gli autori abbiano cercato di non irritare troppo i fans storici dell'artista, e al contempo di strizzare l'occhio al popolo di MTV e delle dance-floor. Come capita spesso, quando si cerca di arruffianarsi due sensibilità musicali agli estremi, si toppa da ambo le parti. Ecco, in buona sostanza, l'impressione che lascia questa operazione, un pò è questa.

mercoledì 12 agosto 2009

Italian Superstar



Paolo Sorrentino ci conduce nell'esistenza del più mitologico politico italiano attraverso trent'anni di politica italiana. Stragi, inganni, decisioni oscure, ma anche i momenti familiari e quelli, frequenti, di profonda solitudine e sofferenza.

Il regista inizialmente crea empatia tra lo spettatore e il senatore democristiano, facendolo apprezzare per la sua intelligenza, la sua sagacia, le sue battute fulminanti. Poi, lentamente, come un movimento di mdp, cambia punto d'osservazione, facendo mutare la visuale anche al pubblico, quando emergono tutte le implicazioni di Andreotti nella sciagurata stagione dello stragismo di Stato, dei rapporti con la mafia, della gestione, al pari di un cartello criminale, della sua "corrente", via via fino alle fasi finali del processo per associazione mafiosa.

Che film meraviglioso, Il divo. Onirico, divertente, inquietante, sorprendente, appassionante, realistico e surreale insieme. Grande cinema, recitato con maestria teatrale. Su Toni Servillo ormai non si può dire più niente che non sia già stato detto. Epocale. Dà quasi fastidio, ad un saccentello snob come me, accodarsi al coro di complimenti che riceve da ogni parte, critica alta e bassa inclusa, ma tant'è.

Mi è sembrata efficace anche l' interpretazione di Cirino Pomicino da parte di Buccirosso, e a chi lo ha trovato fuori dalle righe consiglio di leggere un pò le indiscrezioni sulla vita del ministro, donnaiolo e festaiolo instancabile.

Anche Flavio Bucci offre con Evangelisti un'interpretazione che lascia il segno, come quella meravigliosa di Giulio Bosetti che fa Scalfari, in uno dei momenti più riusciti dell'opera (l'intervista ad Andreotti).

Trent'anni di vita della Repubblica Italiana passano tra le immagini del film e nella gelida intervista di Scalfari al Divo. Trent'anni nei quali il democristiano è stato protagonista principale assoluto, una scatola nera vivente, come ha ironizzato Grillo in un celebre monologo televisivo, al quale Andreotti/Servillo assistono, nella parte finale del film.

E chissà se la parte in cui la moglie del democristiano (interpretata da Anna Bonaiuto) confida al marito che, tutto sommato, secondo lei la gente lo sopravvaluta perchè "tutti pensano tu abbia un intelligenza superiore, ma si sbagliano, alla fine tu sei solo uno che ha sempre la battuta pronta", rappresenta il messaggio finale del regista Sorrentino.

Come dire, la nemesi storica di mezza Italia, l'intoccabile e mefistolico politico, il rappresentante della politica di scambio e di connivenze, in ultima analisi non ha niente di sovrannaturale, ma è solo un uomo come tanti altri. Perdipiù mediocre. Cazzo, fosse davvero così, sarebbe una beffa tremenda.





martedì 11 agosto 2009

Non proprio tutto nuovo...

Alcune canzoni di Jack Penate mi fanno l'effetto Audio 2. Laddove gli italiani tirano a campare sfruttando le sonorità e il timbro vocale di Lucio Battisti, in alcune canzoni l'artista inglese mi sembra un (involontario?) clone di Robert Smith e dei suoi Cure .
L'impronta canora di Penate sembra seguire pedissequamente quella del leader del gruppo dark per antonomasia, anche se va detto che qui il tono dei brani è leggero e le assonanze vanno fatte con i Cure più solari, spensierati e pop, che partorivano irresistibili ritornelli catchy.
Sotto questa categoria vanno ascritte senza dubbio l'open track Pull my heart away e il singolo Tonight's today.


Altri brani tentano strade diverse, attraverso l'utilizzo di percussioni ossessive, vagamente tribali, che comunque non tolgono alle tracce una gradevola impronta di easy listening, come nel caso della title track.


Un altro singolo estratto è Be the one, dall'andamento dance, che sembra bello e pronto per una proficua operazione di remixaggio.


In chiusura di album quello che allo stato attuale è il mio pezzo preferito, e forse anche il più personale dell'artista: Body down.
Probabilmente non lascerà molte tracce nella storia della musica, questo Everything is new, ciò non toglie che lo si possa trovare divertente. Per un pò, neh...

lunedì 10 agosto 2009

This wolf gone to heaven

"Smettetela di rompere, non sono un fottuto juke-box!"

Una decina d'anni fa, nell'ambito di una festa dell'Unità o qualcosa del genere, al Palasharp suonava Willy DeVille. Nonostante l'evento fosse gratuito, il palazzetto era pressochè deserto. In compenso quei pochi che c'erano rompevano le balle per diecimila, continuando a chiedere a gran voce, nelle pause tra una canzone e l'altra, Demaziado Corazon, unica, sputtanatissima hit, di Willy DeVille. Roba da far perdere la pazienza ad un santo. Alla fine il nostro, che di certo santo non era, aveva sbottato alla grande.


Strano che, leggendo della sua morte improvvisa, avvenuta il 6 agosto a New York, la prima cosa che mi sia venuta in mente sia stata questa.

La causa del decesso pare sia stata un cancro fulminante al pancreas, non so quanto la sua lunga dipendenza da droghe e alcol abbia infuito sulla cosa.

Per inciso, anche quella sera a Milano era fatto come una scimmia. E no, alla fine non la fece Demasiado Corazon. Preferì una versione lunga e spettrale di Loup garou, sicuramente più in linea con i demoni e i fantasmi che lo tormentavano, e che forse, ora, hanno smesso.

venerdì 7 agosto 2009

Medium

In considerazione dell'allargamento della famiglia di ammiratori di Giuseppe Genna, e della mia sconfinata passione per questo autore, posto il link della pagina del suo sito da dove si può scaricare gratuitamente Medium, un romanzo autobiografico di quasi 300 pagine, praticamente mai pubblicato.

Il libro, scritto subito dopo il Dies Irae (qui la mia recensione) e prima di Hitler, "non è stato offerto ad alcun editore. Nel caso esso finisca con l’essere pubblicato da un qualche editore, subirà decisivi cambiamenti e i proventi delle vendite saranno versati a un’associazione benefica."

Lo trovate qui.


World wide Etiquette, part 5



Questo era l'ultimo. Qui si può trovare la versione in pdf, stampabile.

giovedì 6 agosto 2009

Nostalgia canaglia



La mia sorellina è sul sedile davanti con un cono gelato in mano,
mia madre è sul sedile di dietro seduta tutta sola
Mentre mio padre esce lentamente dal parcheggio
per una prova di guida giù per Michigan Avenue


Adesso mia madre giocherella con la fede nuziale
E guarda il venditore che fissa le mani di mio padre
Ci sta parlando dello sconto che ci farebbe se potesse,
ma proprio non ce la fa

Beh, se io ne avessi la possibilità, giuro che saprei cosa fare

Amico, il giorno che vincerò la lotteria
non guiderò mai più una macchina usata

Adesso, i vicini accorrono da ogni dove
Mentre noi arriviamo nella nostra nuova macchina usata
Vorrei che papà desse una bella accelerata e lanciasse un urlo
e dicesse a tutti che possono baciarci il culo e arrivederci

Mio padre, si suda lo stesso lavoro mattina dopo mattina
Io, rientro a casa per le stesse sporche strade dove sono nato

Dall’altro isolato sento la mia sorellina
sul sedile davanti che suona il clacson
Il suono riecheggia lungo tutta Michigan Avenue


Amico, il giorno che uscirà il mio numero
non guiderò mai più una macchina usata

Guess who

A completare il consueto giro di valzer (Panorama/Libero/Il Giornale) cominciato con il ritorno di Feltri al Giornale indovinate un pò chi prenderà il suo posto a Libero...


http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/nazionale/news-dettaglio/3702857

Amore, tatuaggi e swing!



Imelda May (irlandese, classe 1974) ha un suo personalissimo stile. Voce interessante, anche se priva di elementi di particolare originalità, si discosta dal genere "confidenziale" sciccoso che tanto è tornato di moda e che lancia femme fatale come se piovesse. Lei si dedica ad una musica vintage, ma non ancora travolta da un redditizio revival.

I brani di Love tattoo sono una terra di confine tra il rock and roll degli Stray Cats ( Smokers song; Love Tattoo) , lo Swing Revival dei Big Bad Voodoo Daddy (Big bad handsome man; Johnny got a boom boom), un certo croonering d’atmosfera (Knock 123; Meet you at the moon; Falling in love with you again) e perfino un classico blues elettrico ( Smotherin’ me) alla B.B. King.

Love tattoo è un disco piuttosto retrò e spensierato, il genere di musica che ti riporta indietro nel tempo e che se non stai attento, mentre batti il piedino a tempo, ti ritrovi improvvisamente col ciuffo a banana impomatato e le scarpe bicolore (o la gonna plissettata al ginocchio e le scarpe di vernice, se sei una gentil pulzella).

Un album tutto sommato godibile e divertente, anche se inevitabilmente effimero.

mercoledì 5 agosto 2009

World wide Etiquette, part 4


Le mani sulla televisione, seconda parte

Ancora sul conflitto Berlusconi-Murdoch e sull'impoverimento della RAI.

Da Repubblica di oggi:

La guerra con Sky è ormai uno scontro all'ultimo sangue. L'addio al satellite costerà 57 milioni all'emittente pubblica


Il piano segreto del governo
"Tutta la Rai via da Murdoch"

ROMA - La Tv pubblica non solo è uscita dalla piattaforma di Rupert Murdoch con i suoi canali satellitari, ma presto potrebbe oscurare anche le cosiddette reti "free": RaiUno, RaiDue e RaiTre. Una scelta che assesterebbe un ultimo e potentissimo colpo all'emittente del tycoon australiano. Ma soprattutto supererebbe le prescrizioni dell'attuale Contratto di servizio sottoscritto appunto dalla Rai e dal ministero delle Comunicazioni. Un ostacolo non da poco. Che però il governo sta provando a bypassare.



Pacco dono per Mediaset

Stupito, irritato, amareggiato. Il Capo dello Stato ha tutto il diritto di esprimere la propria delusione sulla "rottura annunciata" fra la Rai e Sky che priverà l'azienda pubblica di un ricavo di oltre cinquanta milioni di euro all'anno, in seguito al trasferimento dei canali Raisat su una nuova piattaforma satellitare. E in particolare, ha ragione Giorgio Napolitano a lamentarsi delle modalità con cui è maturato il fallimento della trattativa: una decisione per così dire unilaterale che la direzione generale ha praticamente imposto - come un diktat - a tutto il Consiglio di amministrazione.

The price you pay


Patrick Kenzie (Casey Affleck) è un ex-tossico che fa l'investigatore privato. Col tempo ha costruito una massiccia rete di rapporti con le persone che popolano i bassifondi di Boston, ed è proprio per questa sua profonda conoscenza del posto, che viene ingaggiato per cercare Amanda, una bambina di quattro anni scomparsa.
Delle indagini ufficiali di polizia sono invece incaricati due agenti, Remy Bressant (Ed Harris) e Nick Poole (John Ashton), al servizio del capo della polizia locale Jack Doole (Morgan Freeman), la cui figlia dodicenne era stata brutalmente assassinata anni prima.
Le ricerche si concentrano sulla madre tossica di Amanda, e sui suoi rapporti con un gangster locale, che sembra essere coinvolto nel rapimento per per via dei suoi traffici.

Per il suo esordio alla regia (del 2007), Ben Affleck sceglie la strada di un thriller psicologico, che parte se vogliamo da un canovaccio piuttosto abusato (l'affascinate detective privato, la coppia di sbirri esperti, le indagini nel sottobosco criminale) per poi cambiare registro, e coinvolgere lo spettatore nei colpi di scena e nelle tremende scelte morali che i protagonisti devono fare.

Casey Affleck, fratello del regista, non è esattamente un campionario d'espressioni, e la scelta di affidare a lui il ruolo del protagonista, caratterizzato da rigide convinzioni morali e divorato dai dubbi e dal rimorso, non è stata azzeccatissima .
Meglio sicuramente sono andati Ed Harris, che gigioneggia e Michelle Monaghan, partner di Casey.

Nel complesso un film amaro, non banale, e secondo me piuttosto riuscito, seppur con qualche battuta d'arresto qua e là. Un film che chiaramente obbliga a fare delle scelte di campo. Ad identificarsi con le decisioni dei protagonisti della storia. A interrogarsi su cos'è giusto e cosa sbagliato, e se il fine può giustificare i mezzi.

Nonostante il titolo sbagliatissimo, più da genere sentimentale, che da cupo thriller, un esordio incoraggiante per il premio Oscar Ben Affleck.

martedì 4 agosto 2009

With teeth

Se questo non è lo scoop dell'anno, francamente non saprei immaginare cos'altro possa accadere...

Dal Daily Mail edizione on line:

Pogues frontman Shane MacGowan finally has new teeth

He is infamous for his shabby looks and gummy smile.
But all that's in the past now for Shane MacGowan.
The Pogues singer has been spotted in Malaga with a new set of gnashers

MacGowan has reportedly spent the last month in Spain having extensive dental work to repair the acute damage to his mouth caused by decades of hard partying.
During one all-day drinking session in Limerick, Ireland, he fell over a wall, smashing his teeth on a pile of bricks.

The 51-year-old became renowned for his dishevelled appearance and his terrible teeth, which eventually became his trademark.
But it wasn't popular with everyone.
One American record company airbrushed some teeth onto him on an album cover so as not to put off U.S. fans.
MacGowan had recently talked about getting his teeth fixed to stop his face 'falling apart'.
We think the dentally-discerning Yanks would approve of his pegs now...

Non è chiaro se questa immagine sia autentica o un fotomontaggio, comunque la notizia è accertata. Non so perchè, ma è come se qualcosa dell'epicità del personaggio si sia perso per sempre...

lunedì 3 agosto 2009

World wide Etiquette, part 3


Piccola playlist estiva


1) Gallows, Riverbank
2) Pearl Jam, The fixer
3) Black Eyed Peas, Boom boom pow
4) Cass McCombs, Dreams-come-true-girl
5) The Dead Weather, Treat me like your mother
6) Garth Brooks & George Jones, Beer run
7) Flogging Molly & Lucinda Williams, Factory girls
8) Rancid, Roots radicals
9) Bruce Springsteen, What love can do
10) Imelda May, Love tattoo
11) Jack Penate, Body down
12) Cypress Hill, What's your number
13) Metro Station, Shake it
14) The Beatles, Blackbird

domenica 2 agosto 2009

Le mani sulla televisione

In questi giorni il governo si sta occupando del riordino delle televisioni pubbliche e private in Italia. Due le questioni. La prima è il rifiuto da parte della tv pubblica dell'offerta di Sky di circa 350 milioni per sette anni per continuare ad ospitare Raisat (e indovinate un pò, dopo la bad company di Alitalia, chi li pagherà...); mentre la seconda è l'intervento sugli spot commerciali, vera e propria linfa vitale delle televisioni moderne. La Rai, che già così ha un tetto inferiore a mediaset (il 12% all'ora contro il 18%), verrebbe ulteriormente penalizzata.
Posto due illuminanti contributi da l'Espresso (Alessandro Gilioli) e il Manifesto (Micaela Bongi) perchè mi sembra importante.

Silvio in the sky, di Alessandro Gilioli

Berlusconi prepara l'offensiva d'autunno contro Murdoch. Basata anche su nuove leggi. Come quella che taglierà gli spot a tutti. Tranne che a Mediaset.
Bisogna ammetterlo: l'uomo che Silvio Berlusconi ha messo a disegnare il futuro della tivù italiana non ha mai lavorato a Mediaset. Da giovane, infatti, il viceministro Paolo Romani ha tenuto le redini di Rete A (perlopiù televendite), poi di Telelombardia (legatissima al Psi milanese), infine di Lombardia 7 (con qualche problema giudiziario per una trasmissione a luci rosse di Maurizia Paradiso). Insomma, a Cologno non ha mai messo piede, quindi non è sospettabile in alcun modo di conflitto d'interessi. Se ne deduce che è solo per amore di un mercato televisivo più equo e dinamico che qualche giorno fa ha rivelato l'intenzione sua e del governo di tagliare per legge gli spot "a tutte le reti che hanno ricavi anche da canoni o abbonamenti". E dev'essere puramente casuale che l'unica rete con il canone è la Rai e l'unica con gli abbonamenti è Sky: vale a dire i due principali concorrenti di Mediaset.

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Un premium per Silvio,
di Micaela Bongi

Un abbonato Rai ha sempre un posto in prima fila. Uno solo, perché gli altri li ha prenotati Mediaset, e non da ieri. E l'abbonato alla tv pubblica paga. L'abbandono della piattaforma satellitare di Rupert Murdoch da parte di Raisat è solo l'ultimo tassello (o il penultimo, manca l'oscuramento totale dei canali generalisti) di una strategia avviata da tempo. Della quale la tv pubblica è la vittima sacrificale sull'altare della tv commerciale di Silvio Berlusconi. E, sempre di più, della pay tv del Biscione nella sua guerra contro Sky.
La legge Gasparri è servita - tra le altre cose - a Silvio Berlusconi a mantenere in analogico Retequattro spacciando anzitempo per vera la realtà virtuale del digitale terrestre, pagata con centinaia di milioni di euro sonanti e non del Monopoli da viale Mazzini. Il primo segnale che il cuore di sua emittenza non batteva solo per Emilio Fede, è arrivato quando la scatola vuota dei decoder per il digitale terrestre ha cominciato a riempirsi di contenuti a pagamento a partire dal calcio

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