domenica 2 agosto 2009

Le mani sulla televisione

In questi giorni il governo si sta occupando del riordino delle televisioni pubbliche e private in Italia. Due le questioni. La prima è il rifiuto da parte della tv pubblica dell'offerta di Sky di circa 350 milioni per sette anni per continuare ad ospitare Raisat (e indovinate un pò, dopo la bad company di Alitalia, chi li pagherà...); mentre la seconda è l'intervento sugli spot commerciali, vera e propria linfa vitale delle televisioni moderne. La Rai, che già così ha un tetto inferiore a mediaset (il 12% all'ora contro il 18%), verrebbe ulteriormente penalizzata.
Posto due illuminanti contributi da l'Espresso (Alessandro Gilioli) e il Manifesto (Micaela Bongi) perchè mi sembra importante.

Silvio in the sky, di Alessandro Gilioli

Berlusconi prepara l'offensiva d'autunno contro Murdoch. Basata anche su nuove leggi. Come quella che taglierà gli spot a tutti. Tranne che a Mediaset.
Bisogna ammetterlo: l'uomo che Silvio Berlusconi ha messo a disegnare il futuro della tivù italiana non ha mai lavorato a Mediaset. Da giovane, infatti, il viceministro Paolo Romani ha tenuto le redini di Rete A (perlopiù televendite), poi di Telelombardia (legatissima al Psi milanese), infine di Lombardia 7 (con qualche problema giudiziario per una trasmissione a luci rosse di Maurizia Paradiso). Insomma, a Cologno non ha mai messo piede, quindi non è sospettabile in alcun modo di conflitto d'interessi. Se ne deduce che è solo per amore di un mercato televisivo più equo e dinamico che qualche giorno fa ha rivelato l'intenzione sua e del governo di tagliare per legge gli spot "a tutte le reti che hanno ricavi anche da canoni o abbonamenti". E dev'essere puramente casuale che l'unica rete con il canone è la Rai e l'unica con gli abbonamenti è Sky: vale a dire i due principali concorrenti di Mediaset.

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Un premium per Silvio,
di Micaela Bongi

Un abbonato Rai ha sempre un posto in prima fila. Uno solo, perché gli altri li ha prenotati Mediaset, e non da ieri. E l'abbonato alla tv pubblica paga. L'abbandono della piattaforma satellitare di Rupert Murdoch da parte di Raisat è solo l'ultimo tassello (o il penultimo, manca l'oscuramento totale dei canali generalisti) di una strategia avviata da tempo. Della quale la tv pubblica è la vittima sacrificale sull'altare della tv commerciale di Silvio Berlusconi. E, sempre di più, della pay tv del Biscione nella sua guerra contro Sky.
La legge Gasparri è servita - tra le altre cose - a Silvio Berlusconi a mantenere in analogico Retequattro spacciando anzitempo per vera la realtà virtuale del digitale terrestre, pagata con centinaia di milioni di euro sonanti e non del Monopoli da viale Mazzini. Il primo segnale che il cuore di sua emittenza non batteva solo per Emilio Fede, è arrivato quando la scatola vuota dei decoder per il digitale terrestre ha cominciato a riempirsi di contenuti a pagamento a partire dal calcio

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