A giorni nei cinema la chiusura della trilogia.
lunedì 27 novembre 2023
Diabolik - Ginko all'attacco! (2022)
A giorni nei cinema la chiusura della trilogia.
lunedì 20 novembre 2023
Playlist sciuè sciuè 7
19. Tom Robinson Band, Up against the wall (1978)
lunedì 13 novembre 2023
The Rolling Stones, Hackney diamonds (2023)
Per essere uno decisamente orientato al cosiddetto "classic rock" devo ammettere che il sacro fuoco per i Rolling Stones non ha mai divampato in me. Ne è fedele testimonianza la pressochè totale assenza di post a loro dedicati in diciassette anni di blog. Certo, con gli Stones ho pagato a lungo una falsa partenza, quando, da ragazzo, nel periodo in cui facevi esperienze anche comprando a scatola chiusa, il primo acquisto mai fatto per la band fu Dirty work, che si rivelerà essere il peggior titolo da loro mai rilasciato. Tuttavia col tempo ho pagato il debito a questa seminale formazione, con il doveroso riconoscimento ad una manciata di album irrinunciabili, quali Let it bleed (il mio preferito), Sticky fingers e Exile on main st., che sono entrati nel mio pantheon epico, ma insomma , come premettevo, al netto di qualche raccolta (la recente On air, sui primi anni di attività) e qualche live (come l'ottimo Stripped), ho un pò mollato il colpo. Lacuna mia? Sicuramente.
C'è da rilevare che, dopo un periodo - i novanta e gli zero - in cui le uscite degli Stones erano accolte con malcelato disinteresse, la meraviglia e lo sbigottimento nel vedere Jagger e Richards novelli highlander a dispetto degli stravizi dell'età dell'oro, a sgambettare (Jagger) ottantenni sul palco come se non ci fosse un domani, ha in qualche modo ingenerato una nuova poderosa ondata di interesse e rispetto da parte della scena, che ha a sua volta gonfiato un hype d'altri tempi per un disco nuovo di inediti atteso dal 2005 (A bigger bang). Apparentemente gli stessi Stones, che nel frattempo hanno seppellito l'amico e sodale di una vita Charlie Watts, volevano qualcosa di rilevante, potente, melodico, fresco ma sempre molto, molto identitario.
Il boost di una produzione scaltra e moderna si sente subito, nell'approccio a Hackney diamonds, con il singolo di lancio Angry (accompagnato da un video delizioso, si può ancora dire?) e una manciata di canzoni dal piglio classico ma dall'impatto estremamente cool e sfrontato, come Get close, Bite my head off, Live by the sword o con un pezzo dal refrain irresistibilmente pop, qual è Whole wild world.
Siamo ormai abituati a rockstar più o meno ottuagenarie che ancora gliel'ammollano. Ho notato però un'evidente differenza tra il cantato di un Dylan, dell'ultimo Cash, di Springsteen o di Young e Mellencamp, rispetto a quello di Jagger. Le voci dei coetanei degli Stones portano il segno del tempo, non sono le stesse di trenta, quarant'anni fa. Sono sempre leggendarie e riconoscibili, solo fisiologicamente diverse. Quella di Mick, no. E' la stessa cazzo di voce di sempre. Mettiamoci anche l'intervento della tecnologia in fase di registrazione, ma è comunque un elemento incredibile. Poi, se chiedi a me, io preferisco la maturità delle interpretazioni vocali dei grandi vecchi, ma è una valutazione soggettiva.
Non c'è un disco degli Stones senza ballate, senza blues e, da Some girls del 1978, senza almeno una canzone affidata alla voce di Richards. La regola è confermata anche in questo lavoro, rispettivamente con Depending on you, Dreamy skies (bellissima, un pezzo rurale in odore di Tennessee e Hank Williams), con la ripresa di Rollin' stone di Muddy waters (pezzo da cui la band ha tratto ispirazione per il proprio brand) che qui diventa Rolling Stones blues e, infine, con l'ugula di Keith, qui sì, invecchiata come un bourbon di qualità, che ci porta sulle polverose note di Tell me strenght.
In un disco di questa portata non possono infine mancare gli ospiti. E infatti ci sono, ma si muovono con deferenza, quasi a non farsi scoprire dall'ascoltatore distratto. Eppure parliamo di musicisti del calibro di Elton John, Lady Gaga, Paul McCartney, Stevie Wonder e persino Charlie Watts, le cui sessioni sono state recuperate per un paio di brani, Mess it up e Live by the sword.
E comunque, quando in un disco trovi una canzone, magari un pò troppo satura e retorica, ma dalla diamantina bellezza soul gospel come Sweet sounds of heaven, che gli vuoi dire a sti tre debosciati? Che sia o meno l'ultimo album della vita (e io non lo credo), solo Grazie.
giovedì 9 novembre 2023
Recensioni Capate: Winnie-the-Pooh - Sangue e miele (2023)
Quanto ci piaceva l'idea che qualcuno sfanculasse il più noto e insopportabile personaggio Disney per l'infanzia, trasformando i character originari dei libri di Milne e Shepard in villain da slasher movie? Tanto. E tanta è stata la delusione nell'assistere ad un film che sembra girato da qualcuno che in vita sua non abbia mai visto un singolo horror, al punto che, duole dirlo, ma in questa produzione inglese manca tutto: regia, dialoghi, sceneggiatura, fotografia, prove attoriali, trucco e parrucco. Salvo gli effetti speciali ma esclusivamente per la scelta di optare per l'artigianato e non il digitale. Winnie e Pimpi dovrebbero essere degli animali antropomorfi, ma vengono messi in scena sciattamente come degli uomini con (brutte) maschere di silicone. Il film è talmente atroce che non ti solletica nemmeno quel sano brivido ridanciano delle zozzerie di serie B. Che coraggio mettere in cantiere il sequel!
lunedì 6 novembre 2023
Mine Yndlingsting, settembre ottobre '23
Il ritorno di Casanova (3/5)
LETTURE
Oliver Stone, Cercando la luce