Quanta acredine nei giudizi sulla seconda parte della trilogia dedicata ad uno dei personaggi a fumetti italiani più noti e longevi. Lo scrivevo nella recensione del primo film, i Manetti compiono un'operazione filologica fino al parossismo stilistico, con le tavole che prendono vita non solo attraverso la formula live action dei personaggi, ma anche e soprattutto attraverso dialoghi e appellativi di character totalmente disallineati da un sano buon senso commerciale. Sì, fanno sorridere alcuni passaggi, che sembrano usciti dallo sketch sui chirurghi di Aldo Giovanni e Giacomo che usavano nomi talmente assurdi da sembrare inventati sul momento (qui un poliziotto si chiama Zeman...), ma se si accetta il tutto come una forma di deferenza (eccessiva?) verso le opere originali, si entra più agevolmente nel mood della storia. Inoltre, da un altro punto d'osservazione, con questo secondo capitolo si affina la cifra stilistica del film. La sostituzione di Marinelli, non proprio a suo agio col personaggio, non solo per una mancanza di verosimiglianza fisica, con il sì monoespressivo, ma perfetto per il "concept" Giacomo Gianniotti, gli evocativi titoli di testa sulle note di Diodato che omaggiano quelli di James Bond, e un soundtrack che pesca nella migliore tradizione dei titoli di genere italiani dei settanta, uniti alla mano sempre impeccabile dei registi, fanno di questa produzione qualcosa di rilevante che va in direzione contraria al triste mainstream italico. E perlappunto, con tanti film di merda tutti uguali a sè stessi che produciamo annualmente mò vuoi vedere che il problema è Diabolik?
A giorni nei cinema la chiusura della trilogia.
A giorni nei cinema la chiusura della trilogia.
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