Un pò megalomani, dopo il raggiungimento del successo planetario, i Metallica lo sono sempre stati. Basti pensare a come decisero di pubblicare l'attesissimo disco live celebrativo, a valle dell'incontenibile entusiasmo scaturito dalla pubblicazione del Black Album (1991) e del relativo, lunghissimo, tour mondiale, quando optarono più che per un cofanetto, per un vero e proprio baule, contenente tre cd o cassette e tre VHS, oltre a memorabilia varia, per un prezzo non esattamente alla portata di tutti. Oggi, nell'ambito delle celebrazioni dei trent'anni di un disco (sempre il Black album) contestato dai vecchi fan, ma che, dato di fatto, ha sdoganato il metal estremo al grande pubblico, i Tallica "se la cavano" con un monumentale tribute album composto da quattro CD, che ospita cinquantatre versioni, per altrettanti artisti, delle dodici tracce originariamente previste sul disco del 1991. Non è la primissima volta che si realizza un tributo non genericamente dedicato alla produzione di una band/artista ma ad una sua opera singola (ad esempio ricordo l'omaggio a Nebraska di Springsteen), ma è senza dubbio senza precedenti la portata di questa operazione. Nel ricordare che la metà dei proventi dalla vendita dell'opera sarà devoluta in beneficienza, concludo andando al punto, cioè alla modalità con cui ho deciso di recensire un lavoro così particolare, suddividendo la mia analisi in due parti, iniziando con i primi due CD, contenenti un totale di venticinque versioni di Enter Sandman, Sad but true, Holier than thou e The unforgiven.
Enter Sandman, probabilmente il pezzo che ha fatto da grimaldello al successo mainstream del disco e della band, anche grazie all'altissima rotazione del video, era probabilmente il più scivoloso da riprendere. E infatti gli artisti e le band che ci si cimentano non riescono, se non a tratti, a trovare una chiave particolarmente originale per presentarlo. Ne vengono fuori quindi copie pressochè fedeli all'originale per Mac DeMarco, Rina Sawayama e, purtroppo, per i Weezer, da cui viceversa mi aspettavo molto. Nel mezzo si piazza il colombiano Juanes, che propone una versione sincopata del pezzo, e sul podio ci vanno la godibilissima cover pop-metal di Alessia Cara assieme alla band messicana dei The Warning e quella dei Ghost, che però a mio avviso perdono un'occasione, in quanto partono con un mood molto gotico, solo piano e voce, per poi riprendere sostanzialmente il pattern originale. Avessero realizzato l'intero brano come la prima strofa/ritornello, a mio avviso sarebbe stato un centro clamoroso.
Dalla traccia sette alla tredici (sette versioni) troviamo Sad but true. E qui si viaggia subito alla grande con le prime tre interpretazioni proposte da parte di Sam Fender, che regala una suggestiva perla acustica (dal vivo, ma non si sente) alla Roy Orbison; Jason Isbell and the 400 Unit, che propongono un irresistibile southern rock, con tanto di slide e voglia di ubriacarsi di bourbon, e infine la meraviglia dei Mexican Institute of Sound, che, come consuetudine, creano una osmosi tra il brano orginale, la musica tradizione messicana e l'hip hop, per un risultato godereccio e divertentissimo, che ti porta ad alzare il volume di una tacca, poi di un'altra e di un'altra ancora. Chiudono la sezione di reintrepretazioni di Sad but true le versioni feroci ma senza sussulti dei Royal Blood e dei White Reaper, mentre emerge maggiormente la personalità degli interpreti nelle versioni di St. Vincent e dei coreani YB.
Aprono la tracklist del secondo CD, e le cinque interpretazioni di Holier than thou, gli scozzesi Biffy Clyro, band alternative rock che del brano fornisce una versione sicuramente personale ma che mi sembra resti un pò a metà del guado. Magari sarà apprezzata dai loro fan. Molto buone, dritto per dritto, le botte punk degli australiani The chats e hardcore punk del supergruppo degli Off! che regalano interpretazioni oneste e in linea con la filosofia originaria dei Tallica. Entusiasmante per passione ed energia la prova di Corey Taylor (Slipknot): niente di particolarmente originale ma attitudine a strafottere, con la sezione ritmica che nella seconda parte della canzone asfalta tutto.
E' il turno della prima ballata del disco, The unforgiven, proposta in ben sette versioni. Aprono gli stilosi Cage the Elephant con un'interpretazione che ammicca al pop più elegante. A seguire un duo indiano: Vishal Dadlani e Divine, che alternano cantato in inglese a rap in indiano. Proposta particolare. Molto virata alla melodia la cover del duo americano di indie rock Diet Cig, mentre torniamo al rap metal con venature ragamuffin per Flatbush Zombies & DJ Scratch. Evocativa anche se sull'orlo del baratro del kistch la versione latin pop delle Ha*Ash, mentre il meglio arriva in coda: la scarna, emozionante, suggestiva interpretazione di Moses Sumney sbaraglia decisamente la concorrenza, che, a differenza dell'artista ghanese/americano, su questo brano non offre nessuna reinterpretazione che fa saltare sulla sedia.
Best tracks:
2) Sad but true: Sam Fender; Jason Isbell & The 400 Unit; Mexican Institute of Sound
3) Holier than thou: The Chats; Corey Taylor
4) The unforgiven: Moses Sumney
1/2 - continua
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