lunedì 26 luglio 2021
Downtown Boys; Full communism (LP, 2017) e L'internationale (EP, 2020)
venerdì 23 luglio 2021
Lola Darling (1986)
Lola Darling è una donna libera e indipendente. Vive sola in un loft e lavora come artista presso un'agenzia pubblicitaria, anche se la sua caratteristica principale va cercata nell'assoluta disinvoltura delle sue relazioni sentimentali e sessuali, infatti ne intrattiene tre contemporanee, pur nella totale lealtà nei confronti dei partners: ogni suo amante infatti è a conoscenza dell'esistenza degli altri due.
Vero debutto cinematografico di Spike Lee, Lola Darling (l'originale She's gotta have it è molto più coerente con il film, sfiorando quasi la tipologia di titolo dei porno) fu realizzato in pochissimi giorni e con quattro spicci, al punto da costringere il regista a ricorrere non solo ai consueti prestiti da parte della nonna, ma anche a scritturare "pro bono" alcuni familiari (il padre jazzista Bill suona le musiche e recita un cameo, la sorella Joie fa una piccola parte) e sè stesso (nella parte di Mars, uno dei tre uomini di Lola) per completare il cast senza incidere sulle finanze.
Il titolo fu molto apprezzato (a fronte di un budget di poche migliaia di dollari guadagnò oltre sette milioni di bigliettoni), soprattutto dalla comunità delle donne nere americane, che, a testimonianza dell'efficacia del preliminare lavoro di indagine di Lee, si riconobbero nella protagonista.
L'opera nel complesso può apparire acerba in qualche passaggio e con una scena proprio infelice (quella del semi stupro, della quale Spike Lee in seguito si pentì) ma è sicuramente ricca di fascino e pertanto da vedere, per i pochi della mia generazione che ancora non l'abbiano fatto.
Il film è attualmente disponibile su Netflix e, per i completisti, Lee ha curato anche una serie ad esso ispirata (sulla medesima piattaforma).
martedì 20 luglio 2021
Billie Joe Armstrong, No fun mondays (2020)
Tra i vari danni prodotti dalla pandemia, ci sono anche quelli collaterali dei vari artisti che si sono messi a commercializzare comuni sessioni casalinghe nelle quali hanno interpretato brani ai quali, evidentemente, sono legati. Si tratta di dischi perlopiù prescindibili, che nulla aggiungono alla carriera dei musicisti o alle versioni originali dei pezzi, se non la curiosità di scoprire passioni e a volte guilty pleasure del musicista in questione.
Per farvi capire meglio cosa intendo la traccia numero uno è I think we're alone now, brano che dall'anno "di nascita", nel 1967, ha avuto diverse interpretazioni, di cui la più recente è quella di Tiffany, mentre l'ultima, all'opposto è di Billy Bragg (A new England). In mezzo si passa ancora ancora dal pop anni ottanta con le Bangles (Manic mondsay) o Kim Wilde (Kids in America) ai semi-sconosciuti irlandesi del nord The Starjets (War stories); mainstream rock con Eric Carmen (That's rock and roll) e anthem dimenticati, come Gimme some truth di John Lennon o la seminale You can't put your arms around a memory di Johnny Thunders. Ma è inutile menare il can per l'aia, il pezzo in assouto più imprevedibile, a detta dell'autore inserito in omaggio ai fans italiani, è un'incredibile Amico di Don Backy (!!!), la cui interpretazione in italiano, con pronuncia da americano in vacanza a Roma, lascia sgomenti (nel bene o nel male decidete voi).
Insomma, non che No fun mondays sia un disco noioso. Solo semplicemente superfluo.
giovedì 15 luglio 2021
La notte del giudizio per sempre (2021)
Otto anni dopo la sconfitta alle presidenziali, i Nuovi Padri Fondatori tornano a vincere le elezioni ed immediatamente ristabiliscono la "giornata nazionale dello sfogo", nell'ambito della quale, per dodici ore, dalle 7 p.m. alle 7 a.m. è possibile compiere qualunque atto criminale, omicidio incluso, senza essere perseguiti dalla legge. Stavolta il riflettore della carneficina legalizzata è concentrato nel Texas del sud, dove molti migranti messicani lavorano per facoltose famiglie americane e dove l'odio razziale è diventato letteralmente incontenibile. Al punto che le dodici ore di sfogo non bastano più.
lunedì 12 luglio 2021
Helloween, Helloween
Gli Helloween, e il power metal in generale, non sono mai stati la mia tazze di tè. Nemmeno quando (ere geologiche fa) ascoltavo solo hard & heavy. Poi, siccome sono rimasto un tipo curioso e, se congruamente stimolato, aperto ad ogni esperienza musicale, qualcosa col passare degli anni ho recuperato anche di loro (e del power), senza particolare esaltazione ma con qualche contenuto apprezzamento random.
Ora, al gruppo tedesco è universalmente riconosciuto il merito di aver inventato uno stile e di aver prodotto, tra la metà e la fine degli ottanta tre album seminali per quello specifico sotto genere metal (i titoli sono noti: Walls of Jericho e le due parti di Keeper of the seventh keys). Dopo quella fase la crisi, album pasticciati, il tentativo di tornare alla comfort zone stilistica e, soprattutto, tra l'inizio e la fine degli ottanta e l'inizio del primo lustro dei novanta, gli addii "pesanti" di Michael Kiske, il cantante dei due Keeper, e di Kai Hansen, chitarra e voce co-fondatore della band. Un allontanamento che è durato circa un quarto di secolo e che si è interrotto qualche anno fa con una reunion certificata da un tour di successo e dalla consapevolezza che, in una fase di solida retromania, forse era il caso di accantonare i dissapori e passare all'incasso. Perciò, incoraggiati dall'esito del Pumpkin United Tour, il passo successivo non poteva che essere la pubblicazione di un nuovo disco che mettesse assieme il nucleo superstite della band (che conta i soli Maichel Weikath - chitarra - e Marcus Grosskopf - basso - quali membri fondatori) assieme ai due transfughi.
Insomma il combo germanico punta tutto sull'effetto nostalgia, e c'è da dire che a sprazzi l'operazione funziona grazie in particolare ad alcune tracce che, pur carezzando subdolamente la pancia dei vecchi fans, risultano decisamente convincenti (Out for the glory; Fear of the fallen; Best time; Down in the dumps), così come sono comunque efficaci i passaggi più orientati all'heavy classico (Mass pollution; Robot king), giù giù fino all'attesa suite finale, unico brano composto da Hansen (Skyfall) che oscilla tra luci ed ombre. Un'operazione che, per quanto studiata a tavolino, risulta abbastanza riuscita considerando come non sia mai semplice autocitarsi restando credibili.
giovedì 8 luglio 2021
Appunti di un venditore di donne (2021)
Milano, 1978. Bravo è un magnaccia che procura donne all'alta società. Ha con le sue ragazze un rapporto di rispetto, lasciandole di libere di accettare o meno un lavoro, così come di smettere quando lo desiderino di prostituirsi. Nasconde a tutti, anche all'amico Daytona e al sodale barman del suo night di appoggio, il proprio passato tragico ed una terribile menomazione subita. Una notte, su richiesta di Daytona che gliela indica, convince una ragazza qualsiasi (Carla) a fare sesso con l'amico in cambio di soldi. Da quel momento inizierà un'escalation di eventi che, nella Milano del 1978, farà convergere sulla strada di Bravo terrorismo, corruzione politica, mafia e il suo passato.
Cerchiamo di riprendere faticosamente possesso del genere, ed in particolare di quello noir attraverso la trasposizione di un romanzo di Giorgio Faletti che passa direttamente sul piccolo schermo. L'operazione (a me) fa sicuramente piacere, ma ciò non basta purtroppo a giustificare moti di esagerato entusiasmo. Sì perchè se Appunti di un venditore di donne si fa ricordare è, a mio sommesso avviso, solo per una ragione, vale a dire la stupefacente interpretazione (molto poco italiana) del misconosciuto Mario Sgueglia nei panni del protagonista Bravo. Sgueglia, che non conoscevo e che, nonostante la non verdissima età (classe 1979), ha una filmografia, tra cinema e televisione, abbastanza contenuta, fornisce probabilmente la prova della vita grazie alla sua capacità di dare vita ad un personaggio tragico e affascinante, che trasforma un mestiere ripugnante (il protettore) quasi in un'arte virtuosa.
Il resto del cast non si avvicina nemmeno al livello del protagonista: Paolo Rossi (Daytona) è impalpabile, a Francesco Montanari viene affidato un ruolo (il barman cieco) totalmente inverosimile, Miriam Dalmazio (Carla) fa del suo meglio senza però convincere appieno e Michele Placido (il politico) è talmente spaesato da sembrare passi di lì per caso. Si salva forse Antonio Gerardi (il boss) ma solo perchè con un ruolo così, dopo aver fatto il Sardo in Romanzo Criminale, inserisce il pilota automatico.
Da rivedere anche i dialoghi (calligrafici), i costumi (siamo nei settanta!), e le scene d'azione, con l'apice di un inseguimento in auto involontariamente comico, nel quale manca solo che i due protagonisti, tallonati dalla pula, si mettano d'accordo su cosa mangiare a cena. Non fosse già morto, Enzo G. Castellari, ci sarebbe restato secco.
E poi, grazie a questo film, potremmo aver guadagnato un insperato nuovo protagonista del poliziesco nostrano: Mario Sgueglia. Fatelo lavorare!
Il film è in programmazione su Sky
lunedì 5 luglio 2021
Re-Animator (1985)
Il dottor West, a seguito di alcuni esperimenti disapprovati dalla comunità scientifica svizzera, si trasferisce da Zurigo ad una clinica negli Stati Uniti, dove riprende la propria ossessione: mettere a punto un siero in grado di risvegliare i morti. Qui troverà una forte avversione da parte del professor Hill, che aveva tentato, senza riuscirci, di seguire gli insegnamenti del visionario dottor Gruber, già fonte di ispirazione per lo stesso West.
Il cast principale (Jeffrey Combs; Bruce Abbott e Barbara Crampton) è composto da attori e caratteristi che, al netto di qualche eccezione, ha costruito la propria carriera su film di genere a basso costo, tuttavia in questo film, tratto da un racconto di Lovecraft, l'aderenza al progetto è pressochè totale, con un risultato finale totalmente convincente.
Re-Animator ha avuto due sequel, Re-Animator 2, del 1991 (dvd già acquistato e in lista d'attesa) e Beyond Re-Animator, del 2003, girati dal sodale Yuzna .
Segnalo infine che su Amazon è in vendita ad una decina di euro l'edizione a tiratura limitata (tre dvd) della Midnight Factory. Sotto, la mia copia.
giovedì 1 luglio 2021
MFT, maggio giugno 2021
Il regno (SPA, 2018) (3,75/5)
Sweet Virginia ( 3,25/5)
Cold war (HGK, 2012) ( 3,25/5)
Cold eyes (3,5/5)
Confession of pain (3,5/5)
Rifkin's festival (3,5/5)
A dirty carnival (3,75/5)
Fino all'ultimo indizio (3/5)
Captain Marvel (3/5)
Dark night (3/5)
Ferro 3 - La casa vuota (4/5)
The devil's path (JPN, 2014) (3,75/5)
Honest thief (1/5)
Greenland (2/5)
Si vive una volta sola (3/5)
I predatori (3/5)
Jo Pil-ho: L'alba della vendetta (3,75/5)
Galveston (3,75/5)
Bloodshot (2,5/5)
Il selvaggio (4,5/5)
Governance - Il prezzo del potere (3/5)
Un altro giro (3/5)
Fire of conscience (3,5/5)
La donna alla finestra (3/5)
I figli del fiume giallo (3,75/5)
Shield of straw - Proteggi l'assassino (2/5)
Roubaix - Una luce nell'ombra (3,75/5)
Visioni seriali
The man in the high castle, 1 (3/5)
Rocco Schiavone, 4 (3/5)
The preacher, 1 (3,75/5)
LETTURE
Spike Lee con Kaleem Aftab, Questa è la mia storia e non ne cambio una virgola