Nei miei primi anni ottanta vagavo senza direzione e soprattutto senza una guida che potesse incanalare la mia insaziabile fame di musica. Col senno di poi, almeno fino al termine del decennio, mi sono perso buona parte della musica che contava, orientandomi, coi pochi soldi a disposizione per acquistare i dischi (uno al mese, non di più, e se sbagliavi titolo te lo tenevi), per fortuna sul metal e sul rock americano, ma anche su molto di quello che passava, attraverso i video musicali, in televisione o alla radio.
Era inevitabile che in questo procedere a tentoni mi conducesse anche dalle parti di Sir Elton John. Il primo approccio fu con l'album Reg Strikes back, del quale mi piacevano i singoli I don't wanna go with you like that e Words in spanish. Da lì all'inevitabile greatest hits il passo fu breve. Poi, per fortuna, arrivarono i novanta e del buon Reginald e di quel pop iper prodotto con l'effetto di batteria gated reverbe non sentii più il bisogno.
Fino all'anno 2019, quando la visione del coloratissimo biopic Rocketman ha riacceso la mia curiosità.
E' grazie a quel film che ho scoperto l'Elton John degli esordi, quando era un'artista eccitante e cool che, grazie alla collaborazione con uno più prolifici parolieri di tutti i tempi, Bernie Taupin, sfornò dieci album nei primi sei anni di carriera, dal 1969 al 1975. Un entertainer dai concerti energici, dove si produceva in esibizioni atletiche, come il famoso salto sul pianoforte immortalato in molte fotografie dell'epoca.
Ecco in quell'irripetibile periodo di ispirazione, più in particolare fino al 1973 con l'apice creativo Goodbye yellow brick road, ho scoperto una vera e propria vena d'oro satura di soul, virtuosismi pianistici imbullonati dentro la tradizione ragtime e honky tonk americana, accenni di blues e di rock and roll, finanche country, ballate piene di pathos.Tutta roba mai entrata in nessuna raccolta di successi. Pazzesco.
Per fare qualche rapido esempio parto dal pezzo cardine del film, cantato anche dall'attore Taron Egerton sui titoli di coda, vale a dire Take me to the pilot, dall'album eponimo del 1970. Un pezzo con un crescendo incredibile, ricolmo di soul e di arroganza, letteralmente irresistibile. Si potrebbe poi passare a Ballad of a well-known gun (Tumbleweed connection, anch'esso 1970), con il suo intro di chitarra nervosa, country-rock, che si apre poi ad un'altra grandiosa melodia soul e un inaspettato, strepitoso, solo di chitarra di Caleb Quaye. Nello stesso lavoro Country comfort, che torna ad accarezzare con classe e leggerezza lo stile country. Taccio su Tiny dancer (Madman across the river, 1971) perchè è criminale non conoscere questa ballata e passo alle tracce contenute nell'album Don't shoot me, I'm only the piano player (1973). Questo disco, sicuramente ricordato per le mega hits Crocodile rock e Daniel, contiene perle di altissimo valore come Elderberry wine; Teacher I need you o Have mercy on the criminal.
Nel capolavoro Goodbye yellow brick road non si può fare a meno di segnalare la lunga opener Funeral for a friend, incredibile esercizio diviso in due movimenti, il primo in stile progressive e il secondo che sfocia in un rocchettone seventies.
Chiudo questa breve carrellata di brani, come si usa dire: esemplificativi ma non assolutamente esaustivi del fantastico periodo preso in esame, che, anche presi singolarmente avrebbero fatto la fortuna di qualunque cantante, con l'album Honky chateau, quello di Rocketman, che porta a casa una incantevole, esplosiva e, suppongo, autobiografica I think I'm going to kill myself e una ballata come Mona Lisas and Mad Hatters.
Ecco, questo è solo un accenno di quello che è stato capace di creare, assieme a Taupin,Elton John in quell'irripetibile periodo. Le mie considerazioni probabilmente suoneranno ovvie per molti, che già conoscevano il primo repertorio del cantante inglese, ma se potessero invece servire anche ad un solo lettore per riscoprire, come è capitato a me, tanta musica eccellente, ecco, mi accontenterei.
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