Dominatore incontrastato delle mie recenti sessioni di footing, The evil divide è l'ottavo album dei Death Angel, band di thrash metal che ha debuttato con il seminale The Ultra-Violence nel 1987, quando molti dei suoi componenti non erano nemmeno maggiorenni.
Il gruppo si è successivamente diviso nel 1991 per poi riformarsi nei primi anni zero attorno al nucleo storico composto dall'axeman Rob Cavestany e dal singer Marl Osegueda (entrambi di origine filippina) ma è con gli ultimi due lavori, The dreams call for blood e l'ultimo, oggetto di questa recensione, che il combo sembra aver raggiunto un'autentica seconda giovinezza, se possibile ancora più luminosa della prima.
Le dieci composizioni (più una bonus track) che compongono l'album rispondono ai classici stilemi del sottogenere metal di riferimento, ma a fare la differenza, oltra alla qualità delle canzoni, è l'ottima resa sonora, l'essere cioè riusciti, da parte dei Death Angel, a concentrare entro massimo cinque minuti le proprie cavalcate elettriche, gli strappi, i rallentamenti acustici, evitando di perdersi in fronzoli e nelle ormai inutili tattiche dilatorie nelle quali troppo spesso il thrash onanisticamente si specchia.
La tracklist di conseguenza non ha cedimenti, avanza compatta e stentorea potendo contare su brani potentissimi come The moth, lezione universitaria di thrash metal, esercizi di classic hard rock come Lost o featuring corroboranti, come quello di Andreas Kisser (chitarra dei Sepultura) in Hatred united/United hate.
Insomma, una bella botta di adrenalina.
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