Ok, che il 2013 discografico mi abbia esaltato l'ho ribadito fino alla noia. La logica conseguenza di questa affermazione è la necessità di allargare un po' il tradizionale recinto da dieci titoli che di norma posto a consuntivo. Aggiungo che, al momento di decretare un vincitore, sono stato assalito dall'empasse e tentato fino all'ultimo di optare per un ex aequo (almeno per i primi cinque posti). Alla fine la sofferta decisione è stata presa, anche se, al vertice, le incollature tra un titolo e l'altro sono davvero risibili.
Sebbene sia superfluo chiarisco infine che la classifica è totalmente soggettiva e basata quasi sempre sul criterio della maggiore frequenza d'ascolto degli album, senza pretesa alcuna di indicare i dischi oggettivamente (ammesso che di oggettività si possa parlare, in questo ambito) migliori di questi dodici mesi. Lascio questo compito alla critica specializzata, più attenta e preparata del sottoscritto.
Nel caso vogliate rileggere le recensioni complete, basta cliccare sul titolo dell'album.
Si parte.
15. Sturgill Simpson, High top mountain
Non fosse giunto quasi fuori tempo massimo, High top mountain di Sturgill Simpson avrebbe certamente occupato posizioni più alte della classifica. Ma guardiamo al bicchiere mezzo pieno: escludere l'honky tonk classico ma con personalità di Simpson sarebbe stato sicuramente peggio che includerlo in coda alla chart.
14. The Strypes, Snapshot
Anche se per motivazioni diverse (Snapshot l'ho approcciato in ritardo a causa della mia diffidenza sull'onestà artistica della band), vale il discorso testè fatto per Sturgill Simpson. Cosa posso dire? L'errebì d'annata di questi ragazzini convincerebbe anche un sordo.
13. Wayne Hancock, Ride
Eventi dolorosi (divorzio, disintossicazione) e iniziative tipiche da cinquantenni in crisi (farsi le desertiche road del sud degli States in sella ad una vecchia Super Glide) sono tornati ad ispirare Wayne Hancock, che con Ride ha riportato il suo texas swing venato di rockabilly, country e jazz ai migliori livelli.
12. Austin Lucas, Stay reckless
L'atteso ritorno di Austin Lucas è stato, in termini musicali, più fragoroso del preventivato. La prevalenza della componente rock su quella country non ha comunque messo in secondo piano la straordinaria abilità di songwriter dell'artista, manifestata attraverso undici tracce equamente divise tra episodi elettrici e introspettivi.
11. Nick Cave, Push the sky away
Unico album della classifica a non avere beneficiato di una mia recensione. E' che con Nick Cave ho un rapporto del tutto particolare. Nel breve periodo fatico ad assimilare le sue atmosfere ma a lungo andare, immancabilmente, i suoi lavori diventano per me irrinunciabili e senza tempo. Push the sky away non fa differenza.
10. Steve Earle, The low highway
Steve Earle è ormai assunto al ruolo, riservato solo ai grandi, di detentore e diffusore della musica tradizionale americana. Il suo vestire a nuovo generi antichi (folk rurale, blues, country, cajun) è, al solito, emozionante e ineccepibile.
9. David Bowie, The next day
Persino un non adepto al culto del duca bianco come il sottoscritto non può rimanere indifferente davanti a questa raccolta di nuovi pezzi, arrivata dopo un'attesa di dieci anni. Tra malinconia e guizzi è granitica la certezza che The next day sarà ricordato tra i migliori episodi di Bowie.
8. Daft Punk, Random Access Memories
Che c'azzecca un album di dance elettronica in questa classifica da dinosauro? E se vi dicessi che in pezzi come Giorgio Moroder; Give life back to music e Instant crush ho trovato più passione di tante produzioni di rock vintage?
7. Carcass, Surgical steel
Possiamo anche accettare che i superstiti dei Carcass pubblichino un album a decennio, se il risultato finale possiede l'impatto e la spaventosa potenza di Surgical steel. Nell'olimpo dell'heavy metal.
6. Hank III, Brothers of the 4 x 4
La voglia di di Hank 3 di comunicare attraverso la musica è incontenibile e trasversale ai generi. Brothers of the 4x4 ne è la sua espressione più coerente, puntuale e prepotente.
5. Volbeat, Outlaw gentlemen & Shady ladies
Michael Poulsen riesce a portare i sui Volbeat a quel magico equilibrio fatto di rispetto della storia della band e di innovazione. Outlaw gentlemen & Shady ladies è puro, trascinante divertimento rock, in ossequio al migliore hard rock del passato.
4. Jason Isbell, Southerneastern
Sorpresona dell'anno. Non conoscevo Isbell e avevo poco praticato i Drive-By Truckers ma per fortuna le mie antenne si sono drizzate sulle frequenza di Southeastern. In caso contrario mi sarei perso il disco emotivamente più sconquassante dell'anno.
3. Bachi da Pietra, Quintale
L'unico disco italiano del lotto è anche il meno atteso. Il quinto album dei Bachi da Pietra spazia da sonorità hard-rock internazionali ad architetture musicali più nostrane, senza mai perdere di vista la coerenza del progetto.
2. The Mavericks, In time
Raul Malo è Dio. Almeno per me. A capo dei Mavericks poi la sua aurea si espande fino a rappresentare tutta la santissima trinità. Lui lo sa bene, e infatti, tra ritmi sudamericani, rock and roll e melodie da crooner, non sbaglia nemmeno una singola nota del comeback della band, trionfale cumshot atteso dieci anni dai fans.
1. Black Sabbath, 13
Nella recensione gli ho dato 10/10. Ok, ho un pò esagerato. Ma dentro quella valutazione, per una volta, ci stava tutto: la smisurata passione per questa band; l'importanza del gruppo nella storia del rock; l'attesa e la delusione per i continui rinvii della reunion; i granitici riff di Iommi; Ozzy. Ma soprattutto il nuovo materiale, così tosto ed autorevole da superare ogni ottimistica previsione.
I migliori degli anni precedenti
2007
2008
2009 parte uno
2009 parte due
2010 parte uno
2010 parte due
2011
2012