Dal basso della mia prospettiva di lettore poco attento e di recente, purtroppo, anche abbastanza anoressico, del tutto privo quindi della statura intellettuale necessaria a dar forza alle mie affermazioni, considero Giuseppe Genna il migliore scrittore italiano. Un autore vero, che dà la folgorante impressione di scrivere con la stessa facilità con la quale respira. Che non sceglie un genere preciso, sperando così di trovare la vena d'oro che darà la svolta alla sua vita, e che scrive libri trasversali, profondamente diversi uno dall'altro, che possono essere imperfetti, difficili, perfino laceranti, ma che non risultano mai banali o superflui.
A questo proposito ho già avuto modo di dire come, per me, arrivare in fondo a Dies Irae è stata una specie di catarsi. La stessa che attraversano i protagonisti di quel libro affrontando demoni spaventosi annidati nei bui abissi della propria vita familiare o nella storia più nefanda di questo Paese.
Ecco, quando cominci una nuova opera di Genna non sai mai in quali terreni fangosi andrai ad impaludarti, e non mi riferisco solo ai plot dei libri ma anche alla struttura narrativa stessa, alla sovrapposizione dei temi, alle convinzioni che ti fai e che, puntualmente, al termine della lettura, crollano come castelli di carte.
Le Teste è stato pubblicato nel 2009 dalla collana Strade Blu di Mondadori, ma ha una genesi molto più antica, visto che l'autore, nell'epilogo del volume, rivela che il romanzo era stato ultimato ancor prima de Nel nome di Ishmael (2001) ma che andò perduto, per essere poi fortuitamente ritrovato diversi anni dopo e, quindi, dato alle stampe.
Protagonista del romanzo Guido Lopez, ispettore di polizia della questura di Milano, personaggio seriale creato dallo scrittore (in precedenza in: Catrame; Nel nome di Ishmael; Non toccare la pelle del drago, La grande madre rossa) che si trova ad investigare sul ritrovamento di una testa di donna mozzata e abbandonata dentro l'idroscalo, il tremendo lago artificiale di Milano a ridosso dell'aeroporto di Linate.
L'indagine ci conduce nei luoghi più oscuri e abietti della Capitale Morale, tra povertà, vecchiume, olezzo di rancido, derelitti, immigrati, reietti e tour nei quartieri più decadenti della città. Come sempre emergono le ossessioni di Genna per le trame invisibili delle strutture ancora più occulte dei servizi segreti ufficiali e per le tremende atrocità commesse in nome del Bene Supremo.
Attraverso gli sviluppi della trama, che si dipanano tra Milano e la romagna, tra Londra e il Pio Albergo Trivulzio, tra Linate e l'immenso Ortomercato di via Lombroso, Lopez subirà uno sfiancamento psicologico prima ancora che fisico, uno svuotamento da ogni residuo di idealismo e di convincimento rispetto a qualunque senso dell'agire delle istituzioni e delle forze dell'ordine: pulviscoli di sabbia che quasi mai riescono ad inceppare il Grande Disegno Complessivo. Unica concessione alle dinamiche popolari, seriali, commerciali, di comporre un romanzo è proprio l'epilogo della storia, con la sorte di Lopez, a mio avviso totalmente dissonante e poco coraggiosa rispetto all'architettura del racconto.
Da un punto di vista strutturale Genna alterna la narrazione vera e propria a digressioni storiche, accademiche, saggistiche, assecondando un punto di vista cangiante, che a tratti pare quello del deus ex machina, in altri quello del killer e in altri ancora quello della voce fuori campo dell'autore stesso. Queste parentesi,sovente verbose e poco fluide, indubbiamente rallentano il ritmo del romanzo, ma ne costituiscono l'originalità caratterizzando l'unicità di un'opera e di un autore oggettivamente fuori dal comune.
Volendo, inoltre, attraverso il sito dello scrittore è possibile consultare diverso materiale a corredo delle sue pubblicazioni. E' oltremodo interessante venire così a conoscenza dell'astio che l'autore nutre per la sua creatura più nota: proprio l'ispettore Guido Lopez; delle polemiche rispetto alla Mondadori per il prezzo imposto a questo libro e perfino del dissenso in merito all'immagine di copertina, effettivamente avulsa dal contenuto del romanzo.
Anche Le teste, come Nel nome di Ishmael va probabilmente considerato, per usare le parole di Genna, un falso thriller, una vicenda inventata dalla quale è doveroso entrare ed uscire estrapolandone tessere di verosimiglianza che, messe insieme, vanno a comporre una fotografia raccapricciante ma, appunto, verosimile, di questo tempo devastato e vile.