Gente, io adoro i Mavericks. E lo faccio da un pezzo, precisamente dal 1994, anno in cui scoprii il pirotecnico country contenuto dentro il loro What a crying shame. Mi ci volle comunque poco per capire che gli steccati di un singolo genere stavano stretti a questi straordinari musicisti. Solo l'anno successivo infatti pubblicavano Music for all occasions che, pur senza rinnegare le loro radici ( il tex-mex al fulmicotone All you ever do is bring me down è ancora oggi un must dal vivo), cominciava a muovere i primi, decisi, passi verso il croonering e lo stile confidenziale anni cinquanta, certificato da pezzi quali Foolish heart, Missing you, My secret flame e le cover di Blue Moon e Something stupid.
Ma è nel 1998 che il gruppo calerà l'asso. Trampoline allarga ulteriormente il raggio d'azione di Raul Malo e soci, andando a comprendere, oltre agli elementi musicali noti, anche i ritmi tropicali che scorrono nelle vene di alcuni componenti del gruppo, americani di origine cubana. Dopo quell'album si apre purtroppo un lungo periodo di inattività, nel quale Malo muovi i passi di una carriera solista soddisfacente (ad oggi sei dischi), che vede nel debutto di Today (2001) il suo picco. Nel 2003 esce un altro buon disco (self titled) con la vecchia ragione sociale e poi il nulla.
I Mavericks sembrano definitivamente andati. Così per fortuna non è, visto che a metà 2012 cominciano a circolare voci (concretizzate dalla release di un EP di cinque pezzi) di un comeback, e finalmente, a gennaio di quest'anno, esce In time, degnissimo e sospirato erede di Trampoline.
Proprio da quell'album del novantotto prende infatti le misure il nuovo disco, con quella magnifica contaminazione tra latin-soul, fisarmonica messicana, musica confidenziale, rock and roll, echi di Roy Orbison, elegantezze pop d'annata. In sintesi, grande mood e grandi canzoni. Il lavoro si apre con una trascinante tetralogia, Back in your arms again, Lies, Born to be blue e Come unto me (presente in coda anche in versione spanish con il titolo Ven hacia me). Basterebbe questo inizio folgorante a spazzare via qualunque dubbio sull'integrità della band: mambo, salsa e tex-mex al loro massimo splendore, il singer Malo che gigioneggia e i vari Paul Deakin, Robert Reynolds, Eddie Perez e Jerry Dale McFadden che gli vanno dietro ad occhi chiusi. Ci sarebbe poi da scrivere un post solo per le atmosfere che il combo sa creare con i pezzi lenti, da In others arms alla jazzata Forgive me passando per Amsterdam moon (la mia favorita), fino alla conclusiva gospeleggiante Call me when you get to heaven, i Mavericks non sbagliano una suggestione.
C'è tanta di quella roba dentro In time che non puoi permetterti distrazioni. Quando sembra che il disco abbia dato tutto ciò che doveva, dopo cioè averti fatto divertire, saltare, commuovere ed emozionare con i pezzi descritti (e senza dimenticare All over again) ecco che, in coda, la tracklist si incendia di nuovo con il Presley style di As long there's loving tonight e lo scatenato mambo di Dance in the moonlight.
Madonna santa quanto mi siete mancati. Mamma mia che disco!
9/10
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