domenica 30 novembre 2008
Vienna!
MFT, novembre 2008
The Mavericks, Live in Austin
Pain, Cynic paradise
Hank III, Damn righ rebel proud
AC/DC, Black ice
Kings of leon, Only by the night
Ray LaMontagne, Gossip in the grain
Gaslight anthem, The '59 sound
Ryan Adams & The Cardinals, Cardinology
The Boxmasters, omonimo
Frank Zappa, You can't do that on stage anymore
Vinicio Capossela, Da solo
The (international) Noise Conspiracy, The cross of my calling
Mavis Staples, Live - Hope at the Hideout
Jimmy Smith, Got my mojo workin'/Hoochie coochie man
IAM, L'ecole du micro d'argent
TRACKS
last man standing, Ryan Shupe
when it rains, Eli young band
bad blood, Supergrass
lazarus on down, Tom Morello & Serj Tankian
fuel, Metallica
follow me, Pain
irs, Guns n' roses
for today i'm a boy, Anthony and the johnson
never miss a beat, Kaiser Chiefs
hey world, Michael Franti
better than this, Keane
workin on a dream, Bruce Springsteen
well well well, Grace Jones
all hope is gone, Slipknot
because of your love, Kenny Chesney
workin' for a livin', Huey Lewis
vita rubina, Moltheni
venerdì 28 novembre 2008
La scuola della violenza
L' AMACA
di MICHELE SERRA
Ci sono cose che già si sanno, o perlomeno si intuiscono. Ma vederle nero su bianco, confermate e dimostrate, lascia ugualmente di stucco. Ieri questo giornale ha dato giustamente largo spazio a uno studio realizzato dall' istituto Demos in collaborazione con l' Osservatorio di Pavia. Lo studio dice questo: la paura del crimine, che tanta parte ha avuto nell' ultimo esito elettorale, non si fonda su dati reali. I crimini sono in calo. In aumento esponenziale, invece, è stata la quantità di cronaca nera diffusa dalla televisione: i telegiornali Mediaset al primo posto, il Tg3 il meno zelante in questo mercato dello spavento. L' overdose di notizie ansiogene riguarda l' intero 2007 e il primo semestre del 2008. Negli ultimi mesi (dopo le elezioni) la cronaca nera nei telegiornali è drasticamente scemata. Lo studio aggiunge, ed è quasi pleonastico, che paura e insicurezza sono sentimenti direttamente proporzionali al numero di ore che si trascorrono davanti alla televisione. Chi ne vede molta è spaventatissimo. Chi ne vede poca lo è assai meno, probabilmente anche perché esce più spesso di casa e ha dunque modo di farsi un' idea reale, empirica e personale, di quello che accade. Che la paura fosse un' arma politica già lo si sapeva. Che la sua diffusione fosse così sapientemente pilotata lo si poteva solo sospettare. Ora è una certezza.
Quiero volver
Volver Volver
Este amor apasionado, anda todo alborotado ,
por volver.
voy camino a la locura y aunque todo me tortura,
se querer.
Nos dejamos hace tiempo
pero me llego el momento
de perdertu
tenias mucha razon,
le hago caso al corazon y me muero
por volver'
Y volver volver, volver a tus brazos otra vez,
llegare hasta donde estes
yo se perder,yo se perder, quiero volver, volver, volver.
'Nos dejamso hace tiempo
pero me llego el momento
de perdertu
tenias mucha razon,
le hago caso al corazon
y me muero por volver.
'Y volver volver, volver a tus brazos otra vez,
llegare hasta donde estes yo se perder,
yo se perder, quiero volver,
volver, volver.
mercoledì 26 novembre 2008
Pain (and pleasure)
Un disco divertente, senza riempitivi, piuttosto originale, che funge da ponte tra due mondi finora distinti e separati.
L'ideale per la guida notturna in condizioni estreme, quando il caffè non basta a tenere gli occhi aperti sulla strada.
lunedì 24 novembre 2008
I giorni dell'ira
“Il Dies Irae”, così come lo chiama il suo autore, è un opera per certi versi monumentale. Un libro che ha richiesto a Genna una gestazione lunga una vita. Un faldone di appunti e correzioni in costante crescita, che a un certo punto avrebbe potuto anche non vedere mai la luce per eccesso di materiale.
E’ un libro doloroso, dopo le prime venti pagine sulla tragedia di Alfredino Rampi l’ho riposto e non l’ho più toccato per mesi, tanto mi aveva scosso la spietata ricostruzione di quella sofferenza di un’essere di pochi anni di vita. Il lavoro di Genna , per certi versi, non mantiene quello che promette, dal punto di vista del romanzo di denuncia storica, alla Ellroy o alla DeLillo (scusate, cito ancora loro in un post sull’autore italiano). Si ferma, non affonda, forse non può farlo. Semina dubbi a piene mani, non spiega, non completa la ricostruzione, alla fine forse non serve nemmeno, sappiamo fare uno più uno?
Il libro è diviso in quattro parti che si rincorrono. A fare da filo conduttore c’è Il Bambino, Alfredino Rampi, usato come strumento per depistare, come sliding door per cambiare strumentalmente la storia d’Italia. Dal suo ritrovamento in fondo al pozzo artesiano in poi, la politica, il malaffare, i primi articoli sulla P2 e Gelli, che cominciavano ad impregnare i media, sono state spazzate via, per molto tempo.
Non è un libro facile, e forse non è nemmeno un capolavoro, tutto sommato. Di certo leggendolo, ed entrando nella vita del suo autore, un po’ mi sono vergognato della mia recensione di Nel nome di Ismael, evidentemente troppo superficiale. Quel libro andrebbe riletto alla luce delle rivelazioni contenute in questo.
Qualcuno tra i lettori del blog ha questo tomo tra le mani, ma non trova il tempo o la predisposizione d’animo (serve anche quella, ve l’assicuro) per leggerlo. Peccato perché Il Dies Irae è uno di quelle forme d’arte verso la quale mi piacerebbe confrontarmi a lungo con compagni di lettura.
sabato 22 novembre 2008
Once upon a time, atri commenti
Il fatto che i figli vengano abbandonati è il rito di passaggio dall'infanzia all'età adulta...
E' ovvio che gli archetipi prendono spunto dalla realtà. Ma guarda che oramai è vox populi che le fiabe non sono ciò che sembrano...Cappuccetto rosso è la più banale, il lupo è un molestatore e cappuccetto la bambina.
E poi, per esempio, Pollicino coi sei fratellini non ti ricorda il Giuseppe della Bibbia? Era anche lui il settimo figlio....
La psicanalisi s'è impadronita delle favole da un pezzo, e che dire delle fiabe russe? Cazzarola ce n'è una proprio precisa che avevo trovato tutta bella sezionata...Ma non mi ricordo come si chiama.
Hai fatto tutto sommato delle osservazioni pertinenti sulla violenza delle fiabe tradizionali e il perbenismoo dei genitori, ma il problema sta nella banalizzazione delle fiabe, che non sono storielle...
Continua?
giovedì 20 novembre 2008
Once upon a time
In Pinocchio il gatto e la volpe, che per la verità dopo il film tv di Comencini avevano preso a farmi paura, impiccano ad un albero,senza troppe storie, il burattino che non vuole dargli le monete d'oro.
So che alcune di queste storie hanno radici antiche e purtroppo reali, ad esempio le famiglie poverissime del nord europa (anche in Italia), abbandonavano i figli che non riuscivano a sfamare, o li vendevano per farli lavorare come spazzacamino (date le loro dimensioni passavano là dove gli adulti non potevano), destinandoli in ogni caso ad una morte agghiacciante.
Certo che se penso alla brutta reputazione che avevano, quando ero bambino, i fumetti di supereroi o i cartoni di robot giapponesi, e come invece piacevano agli adulti le favole classiche (“ma perché guardi questi cosi violente? Leggiti un bel libro di fiabe classiche, che sono così beellee..”) mi viene da sorridere, la visione di Mazinga o la lettura dei Fantastici Quattro non ha mai turbato i miei sonni, Franco e Ciccio nel Gatto e la Volpe invece…
Certo, probabilmente ai bambini piace essere terrorizzati, ascoltano attenti, con la bocca aperta anche la centesima lettura di Hansel & Gretel, per assicurarsi che quella stronza della strega faccia la fine che merita, dopotutto cosa c’è di meglio che un lieto fine riparatore?
Però viene da chiedermi: qual è la morale che deve imparare un bambino in una storia in cui il protagonista infante viene abbandonato dai genitori e successivamente rapito da balordi che lo vogliono cucinare, ma che alla fine riesce a sottomettere il cattivo, arraffargli tutti i tesori e tornare a casa bello pimpante?
b) l’omicidio paga
c) il valore dell’assistenza sociale alle famiglie in difficoltà
martedì 18 novembre 2008
I migliori della vita, 4
Qualche giorno prima compravo, primo della compagnia (allargata) dell’oratorio, The Joushua tree. Giusto il tempo che la voce si spargesse, e gente che quasi nemmeno conoscevo mi si presentava con in mano una cassettina (non sempre) vergine da 60 e mi faceva la richiesta: “mi hanno detto che hai l’ultimo degli U2…” Contribuendo così, in breve, a proiettare il disco dritto verso il record, tutt’ora imbattuto, di album più registrato della mia vita.
Se la cosa può sembrarvi tutto sommato normale, sappiate che la comitiva dell’oratorio, a parte qualche illustre eccezione, ascoltava, di norma, gente come Vasco Rossi o Luca Carboni, e si dilettava più che altro con pop da discoteca, ecco perchè l’impatto di questa opera degli U2, fu letteralmente devastante. Per mesi dalle auto della combriccola non usciva altro che la musica del Joushua Tree.
Per mio conto, l’incipit dell’album mi aveva schiantato. Where the streets have no name resta ancora oggi una delle mie canzoni preferite, non solo degli U2, ma in senso assoluto. Un pezzo suggestivo, costruito sullo stile chitarristico di The Edge, che porta a pieno compimento il suo personale sound, certificandolo e collocandolo nella storia. Il testo è ispirato e perfettamente calato nel mood della melodia: " I wanna run I want to hide I wanna tear down the walls That hold me inside I wanna reach out And touch the flame Where the streets have no name". Mi ha sempre trasmesso immagini di desolazione, rabbia, solitudine, speranza. Uno di quei brani che mi è impossibile non cantare fino all’esplosione delle vene del collo, e che per certi versi mi rimanda a Badlands di Springsteen.
Poi arriva il primo tributo che Bono e soci pagano alla tradizione musicale americana. I still haven’t found what i’m looking for è un moderno gospel (elemento questo valorizzato nella sua versione live all’interno del successivo Ratte and hum) , sia nella sua parte strumentale, che in quella delle liriche, ricche di citazioni bibliche.
With or without you, il primo singolo di cui alla premessa, non mi dice molto, anche se oggi immagino che gli U2 darebbero un braccio per riuscire a scrivere un pezzo così.
Bullet the blue sky e Running to stand still sono le vere rocce del disco, a mio parere. Tra gli apici della scrittura di Bono, rappresentano nella loro sfolgorante bellezza, lo stato di grazia della band in quel periodo. La prima si sofferma su quello che una volta si chiamava imperialismo americano, la seconda è una dolente dedica ad un’amica (non so se reale o immaginaria) tossica.
Il lato B del disco (per chi ragiona in termini di cd, da Red Hill mining town in avanti) sulle prime mi era sembrato qualitativamente inferiore, ma col tempo ho adorato In God’s country (ripresa nel discreto film The Three Kings), il folk blues di Trip through wires e la particolarità di Exit.
Considero The Joushua tree, insieme a pochi altri album, un po’ di più che un buon disco, è una di quelle opere che risvegliano sensazioni sopite, basta metterlo su e sei risucchiato all'indietro dai ricordi, quasi come in un posto dell'anima.
sabato 15 novembre 2008
MFT, expanded version
Hank III, Damn right, rebel proud. Non una recensione vera e propria, quella la rimando a quando avrò a disposizione i testi (a tal proposito lancio un appello a voi lettori: in rete sembrano introvabili!). Il disco è goddam good, meno selvaggio del precedente, ma sempre corrosivo e bastardo al punto giusto. The grand ole opry, me and my friends, Wild and free, P.F.F., Six packs of beer, Candidate for suicide sono già degli anthem.
John Mellencamp, Life, death love and freedom. Come per il precedente Freedom road, ma per ragioni diverse (quello a primo impatto era troppo easy, questo troppo oscuro) il Coguaro ci mette il suo tempo, ma poi ti entra subdolo sotto pelle. Questo disco potrebbe essere la sua personale "Nebraska". Produce T.Bone Burnette, e alla lunga si sente.
Kings of leon, Only by the night. Una bella sorpresa. Non mi avevano mai coinvolto prima, nonostante l'iniziale assonanza con i miei generi musicali favoriti. Questo qui invece, che qualcuno definisce la definitiva evoluzione del grunge, ha suono e personalità ben definiti. E' uno di quei dischi da ascoltare in blocco (solo dieci i pezzi), piuttosto che segnalare qua e la qualche traccia.
Mavis Staples, Live - Hope at the Hideout. Si può definire un live d'altri tempi. Quelli della Franklin (l'incantevole Live in Paris) per la precisione. C'è tutta la passione politica, l'orgoglio nero e la liturgia classica del cantante predicatore qui dentro. Oltre ai classici della Staples, della sua famiglia e alcuni standards adatti allo scopo (For what's it's worth dei Buffalo Springfield, Down in Mississippi di Ry Cooder, Will the circle be unbroken della Nitty Gritty Dirt Band). Classicone.
Ray La Montagne, Gossip in the Grain. Dopo tanti consigli inascoltati (anche del Maurino), ci sono approdato. Grande la soddisfazione per un album che parte come un disco di Otis Redding, con la strepitosa You are the best thing, e poi continua su binari più introspettivi, cantautoriali, con Let it be me e I still care for you (dalle parti dei Buckley). La traccia 6 s'intitola Meg White,ed è un'inaspettata dedica alla parte femminile dei White Stripes, eseguita su uno stile che mi viene da definire stop and go, ma non so se rendo l'idea. Hey me hey mama potrebbe rimandare a Anders Osborne, mentre Henry nearly killed me è un bluesaccio diabolico. Chiude la ballata folk che dà il titolo all'album. Autunnale.
Gaslight Anthem, The '59 sounds. Arrivano da qualche parte del New Jersey, grandi ammiratori di Springsteen e del punk inglese. L'open track Great expetactions chiarisce subito tutto il background, in Meet me by the river titolo e ritornello ("No surrender, my Bobby Jean")pagano il tributo alle canzoni storiche del Bruce locale. Devo aggiungere altro? Naaa. Niente di nuovo, ma cazzo, con attitudine.
Ryan Adams & The Cardinals, Cardinology. Il precedente Easy tiger sembrava un ottimo punto d'arrivo per questo geniaccio sregolato from Jacksonville, North Carolina, e invece, quasi inaspettatamente Adams e la sua cricca cacciano un altro masterpiece, se possibile superiore al suo predecessore. Una grande attenzione alla melodia e alle magniloquenti aperture dei ritornelli (Go easy; Fix it) ma anche qualche durezza da rock duro (Magick) e tanta ispirazione. Gli faceva difetto la continuità, direi che, se due indizi fanno quasi una prova, adesso ha anche quella.
The Boxmasters, omonimo. Quel simpaticone di Billy Bob Thornthon non molla la sua passione per la musica, d'altro canto da ragazzo, prima di essere un attore è stato batterista. Dopo i suoi esordi a proprio nome, con due dischi in cui ha messo in luce una buona voce da crooner, su melodie country rock, ecco il debutto della sua band, un power trio che si ispira, sia musicalmente che come look, ai primi sessanta. Il cd è doppio, un disco di cover e uno di brani inediti. Si passa dal rock and roll al country al pop sixties appunto. Un lavoro "spensierato", ma ben realizzato.
Frank Zappa, You can't do that on stage anymore. Il mio ennesimo tentativo di capire questo musicista. Spero sia la volta buona...
venerdì 14 novembre 2008
Si è fatto buio
Gli annunci di invio della Polizia nelle scuole occupate, le picconate di Kossiga, l’infiltrazione di picchiatori nel corteo degli studenti, l’attacco sistematico, scientifico alla CGIL, l’occupazione della sede CGIL di Roma da parte dei giovani di AN, l'atteggiamento complessivo del governo che vuole ridurre il potere sindacale, relegandolo ad un ruolo quasi notarile, di presa visione delle decisioni assunte, la Confindustria e i contratti individuali. E pensare che siamo solo al primo anno di governo della destra...
C’è stato un periodo anni fa, in cui, non so se per paranoia o in prospettiva di un pericolo reale, moltissimi dirigenti comunisti, del sindacato e della politica, dormivano lontano da casa, a volte anche in auto, per timore di retate improvvise dei vari servizi segreti o della polizia. Si sta tendendo a questo?
Non lo so, forse esagero, ma credo che, chi fa politica o sindacato,e in genere tra chi prende posizione in mezzo alla gente, schierandosi con i valori storici della sinistra, cominci a sentirsi un pò accerchiato.
mercoledì 12 novembre 2008
Don't stand so close to me
Gente come Drupi invece sfida quotidianamente la legge fisica sull'impenetrabilità dei corpi.
martedì 11 novembre 2008
Silly news 2
Silly news
lunedì 10 novembre 2008
Attaccami la spina
Nella sua edizione ordinaria l'opera è composta da due dvd (quella da collezionisti ne ha uno in più) equamente divisi tra i Bon Scott Years (74/80) e il successivo periodo di Brian Johnson, con materiale che arriva fino al 2003.La confezione è semplice ma elegante, un buon lavoro di packaging.
Il primo dvd è ovviamente quello più interessante, con i primi video semi amatoriali e le prime apparizioni televisive della band, che irrompe in una specie di discoring australiano (classica situazione ggiovanile dei 70, con le ragazze intorno al palchetto), con la forza di un milione di trichhetracche, suonando High voltage. Scott è vestito in modo improbabile, metà Plant, metà Mercury, ma quando resta praticamente a torso nudo, con i pantaloni che gli strizzano il pacco, e lo sguardo luciferino dritto in telecamera, è chiaro a tutti che gli AC/DC sono fuori target per quella trasmissione. Angus è in completo da scolaretto color carta da zucchero, capelli lunghi, scandalosamente giovane.
venerdì 7 novembre 2008
Australiana?
mercoledì 5 novembre 2008
Yes, we made it
martedì 4 novembre 2008
Lansdale, finalmente!
Chiudono la raccolta due "saggi" di Lansdale sulle sue più grandi passioni: il drive-in (suo soggetto preferito al quale ha dedicato diversi racconti e più di un romanzo) e l'horror.
Una lettura consigliata a tutti (se potessi la suggerirei come spunto per due o tre sceneggiature anche a Tarantino), nel caso non si fosse capito.
lunedì 3 novembre 2008
TV on demand
La leva musicale del 97, part III
LINKIN' PARK
in the end
numb
faint
forgotten
what i've done
EMINEM
stan
without me
lose yourself
cleaning out my closet
CAPAREZZA
abiura di me
cacca nello spazio
fuori dal tunnel
vengo dalla luna
AMY WINEHOUSE
back to black
rehab
MADONNA
give it to me
sorry
4 minutes
FABRI FIBRA - in italia
50 CENTS - in da club
MARRACASH - badabum cha cha
MAROON FIVE - makes me wonder
DANIELE SILVESTRI - salirò
RASMUS - in the shadows
Dopotutto c'è ancora speranza in questo effimero mondo degli adolescenti.