Gomorra di Roberto Saviano si conclude illustrando uno dei grandi business della camorra, lo smaltimento dei rifiuti. Il TG5 di Rossella lo definirebbe “un argomento di drammatica attualità”, mostrando le immagini della spazzatura ammontonata in questi giorni per le strade di Frattamaggiore e degli altri comuni di quella zona e magari mandando folkloristiche interviste agli abitanti della zona esasperati. Saviano chiude la sua opera prima descrivendo minuziosamente come, dove e per conto di chi, i clan smaltiscono rifiuti di ogni tipo. Occultandoli nelle viscere della terra, nelle cave naturali, nel mare. Stuprando con ferocia e senza sosta il loro stesso territorio, provocando danni ecologici incalcolabili e facendo alzare in modo esponenziale, in alcune zone depositarie di rifiuti tossici, la percentuale di malati di tumore. Smaltiscono i veleni di tutta Italia, nord e nord-est in primis, permettendo alle grandi fabbriche di risparmiare l’80, il 90% di quanto avrebbero dovuto pagare rispettando le regole relative allo smaltimento.Paradossalmente, nonostante il pauroso volume d’affari di questo business, i rifiuti locali, quelli cioè ordinari prodotti dalla popolazione, vengono lasciati a marcire, a putrefarsi, a infestare l’aria, a bruciare nei cassonetti.
Non ho mai letto prima d’ora un libro inchiesta sulle mafie. Sono certo però che ne sono stati scritti a decine da giornalisti, giudici, ex magistrati, politici. Non so spiegarmi perché questo di Roberto Saviano sia diventato un caso editoriale, al pari delle pubblicazioni per adolescenti di Moccia. Certo, un po’ il linguaggio usato, un pò il modo in cui Saviano ha scelto di parlare di un argomento drammatico e secondo me sconosciuto ai più nelle sue dimensioni, possono aver contribuito a rendere questa opera vincente.
Considerata la ferocia delle famiglie di questo cartello criminale, dei suoi adepti, e di chi brama di farne parte, è innegabile che Saviano,un giornalista meno che trentenne, abbia avuto coraggio a scrivere questo libro, a tirare in ballo grandi aziende, i politici, a mettere alla berlina potentissimi boss del passato e del presente. E a continuare ad avere un atteggiamento determinato ed aggressivo nei confronti delle famiglie, come quando, durante una serata promozionale, si è scagliato duramente contro un appartenente ad un clan camorristico, notato tra il pubblico, verosimilmente per spaventarlo con la sua presenza.
Non riesco a trovare difetti a questo lavoro, l’autore ha fatto un lavoro di ricerca sul campo, nel porto di Napoli, a Secondigliano, Casal di Principe, nelle ville confiscate ai boss, in strada con i ragazzini non ancora adolescenti che sognano di morire da boss, ha ascoltato le playlist negli i-pod dei killer di camorra solo per scoprire che si caricano per gli omicidi ascoltando i nuovi melodici napoletani; sciorina dati raccapriccianti sui soldi: a milioni, che servirebbero i numeri ad iperbole di zio paperone per contarli; sui morti:a migliaia, per strategie economiche, per le guerre dei clan, per uno screzio, perché passavano di lì, perché hanno detto no.
Dipinge un quadro senza speranze e senza prospettive di quelle zone della Campania; entrare nel Sistema (oltre naturalmente a emigrare) è in molti casi l’unica via d’uscita dalla miseria e dalla strada. Non valutate questa frase come una frase fatta,un’ alibi già sentito in lungo e in largo;c’è un dato concreto che la supporta: un soldato della camorra porta a casa uno stipendio, e se muore o viene arrestato garantisce alla sua famiglia un sostentamento, una sorte di pensione di reversibilità, concessa dal clan per il quale lavora, finchè ovviamente non viene deposto e sostituito da un'altro cartello criminale.
Leggendo Gomorra ci si trova davanti a centinaia di nomi, boss, killer,sottoposti,ragazzi comuni,politici,conniventi a vario titolo. In qualche caso tornano alla mente nomi sentiti distrattamente al telegiornale, in altri capi clan che hanno mosso montagne di miliardi hanno un nome insignificante, mai sentito prima, eppure per un periodo sono stati tra le persone più potenti d’Italia. Emergono anche, distillati come gocce di un’antidoto raro e per questo prezioso, atti di coraggio improvvisi, da parte di semplici cittadini, politici o preti che hanno pagato le loro azioni quasi sempre con la morte e qualche volta con lo sradicamento dalla loro realtà, dagli affetti e dal lavoro per entrare nel programma di protezione dello Stato.
Non ho mai letto prima d’ora un libro inchiesta sulle mafie. Sono certo però che ne sono stati scritti a decine da giornalisti, giudici, ex magistrati, politici. Non so spiegarmi perché questo di Roberto Saviano sia diventato un caso editoriale, al pari delle pubblicazioni per adolescenti di Moccia. Certo, un po’ il linguaggio usato, un pò il modo in cui Saviano ha scelto di parlare di un argomento drammatico e secondo me sconosciuto ai più nelle sue dimensioni, possono aver contribuito a rendere questa opera vincente.
Considerata la ferocia delle famiglie di questo cartello criminale, dei suoi adepti, e di chi brama di farne parte, è innegabile che Saviano,un giornalista meno che trentenne, abbia avuto coraggio a scrivere questo libro, a tirare in ballo grandi aziende, i politici, a mettere alla berlina potentissimi boss del passato e del presente. E a continuare ad avere un atteggiamento determinato ed aggressivo nei confronti delle famiglie, come quando, durante una serata promozionale, si è scagliato duramente contro un appartenente ad un clan camorristico, notato tra il pubblico, verosimilmente per spaventarlo con la sua presenza.
Non riesco a trovare difetti a questo lavoro, l’autore ha fatto un lavoro di ricerca sul campo, nel porto di Napoli, a Secondigliano, Casal di Principe, nelle ville confiscate ai boss, in strada con i ragazzini non ancora adolescenti che sognano di morire da boss, ha ascoltato le playlist negli i-pod dei killer di camorra solo per scoprire che si caricano per gli omicidi ascoltando i nuovi melodici napoletani; sciorina dati raccapriccianti sui soldi: a milioni, che servirebbero i numeri ad iperbole di zio paperone per contarli; sui morti:a migliaia, per strategie economiche, per le guerre dei clan, per uno screzio, perché passavano di lì, perché hanno detto no.
Dipinge un quadro senza speranze e senza prospettive di quelle zone della Campania; entrare nel Sistema (oltre naturalmente a emigrare) è in molti casi l’unica via d’uscita dalla miseria e dalla strada. Non valutate questa frase come una frase fatta,un’ alibi già sentito in lungo e in largo;c’è un dato concreto che la supporta: un soldato della camorra porta a casa uno stipendio, e se muore o viene arrestato garantisce alla sua famiglia un sostentamento, una sorte di pensione di reversibilità, concessa dal clan per il quale lavora, finchè ovviamente non viene deposto e sostituito da un'altro cartello criminale.
Leggendo Gomorra ci si trova davanti a centinaia di nomi, boss, killer,sottoposti,ragazzi comuni,politici,conniventi a vario titolo. In qualche caso tornano alla mente nomi sentiti distrattamente al telegiornale, in altri capi clan che hanno mosso montagne di miliardi hanno un nome insignificante, mai sentito prima, eppure per un periodo sono stati tra le persone più potenti d’Italia. Emergono anche, distillati come gocce di un’antidoto raro e per questo prezioso, atti di coraggio improvvisi, da parte di semplici cittadini, politici o preti che hanno pagato le loro azioni quasi sempre con la morte e qualche volta con lo sradicamento dalla loro realtà, dagli affetti e dal lavoro per entrare nel programma di protezione dello Stato.
Il titolo che ho scelto per questo post non è dunque sarcastico o irrispettoso, le famose guide “for dummies” spiegano ai neofiti, in maniera elementare e passo dopo passo, il funzionamento di cose complicate. Lo stesso fa Saviano con il Sistema: spiega a cittadini disattenti, disinteressati, nati nelle latitudine giuste come la camorra, attraverso attente strategie economiche e con tatticismi militari spietati ha ottenuto il controllo di buona parte del territorio e dell’economia italiana.