I The Murder Capital sono una band irlandese di Dublino, di poco più "giovane" dei conterranei Fontaines D.C. . Come loro si muovono principalmente sui territori della seconda (dopo quella della metà degli anni zero) new wave of post punk. A differenza di loro l'hype intorno alla musica che creano non è ancora partito. Avendone ascoltato il secondo lavoro del 2023 (Gigi's recovery) posso anche capire perchè. Il suono della band due anni fa era forse ancora alla ricerca di una cifra precisa, mi sembra che faticasse a centrare il bersaglio dal punto di vista emotivo.
Blindness, da questo punto vista, è un'altra storia. I ragazzi hanno imparato ad essere più accessibili, se vogliamo anche più scaltri, ruffiani, centrati, riuscendo a bilanciare pronti-via le parti sferraglianti (Moonshot) con quelle propriamente melodiche, darkeggianti, radio friendly ( Words lost meanings) che sì, di qualcosa agli amici Fontaines D.C. è debitore e non è nemmeno l'unico caso (Can't pretend to know), ma d'altro canto la fonte cui si abbeverano entrambe le formazioni è la medesima.
La voce del frontman James MacGovern riesce ad essere, alla bisogna, atonale o estremamente espressiva, comunque sempre in grado di veicolare sentimenti forti, emozionali. Come nel caso della tesa Born into the fight o la struggente Love of Country. Discorso a parte merita Death of a giant, forse, a differenza delle sopracitate, non fra le highlights dell'album, ma letta da molti come un tributo a Shane MacGowan, la cui morte aveva commosso la nuova scena di Dublino, portando ad esempio i TMC a realizzare una cover di I'm a man you don't meet everyday semplicemente incantevole, a dimostrazione di un senso di appartenenza intergenerazionale e di una sensibilità non comuni.
Sensibilità che riverbera in un songwriting con l'orecchio sempre attaccato a terra a cogliere rumori di una società allo sbando, crisi esistenziali, famiglie alla deriva, a cercare una speranza sempre più nascosta tra rabbia, solitudine e disperazione. Un disco che non teme di mostrare le cicatrici, affascinanti e respingenti, dei nostri tempi. Una band che urla e sussurra noi ci siamo, non abbiamo ambizioni di leadership ma un'urgenza comunicativa deflagrante. C'è ancora qualcuno vivo là fuori?

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