Come spesso mi accade con le opere (siano esse film, libri o dischi) che mi prendono visceralmente, la sola idea di elaborare una recensione mi spaventava. Ora, avendo nel frattempo visto anche la trasposizione cinematografica, provo a prendere il coraggio a due mani e a sintetizzare in un unico scritto le sensazioni che i due titoli mi hanno trasmesso.
La biografia romanzata di Carrere ci racconta di un personaggio che si stenta a credere essere reale: spigoloso, che trae la sua forza da un risentimento ad ampio spettro (contro elite, establishment, sistema sovietico, ma anche veicolato all'opposto, contro chi a questi poteri si oppone) con una sconfinata autostima, un'indubbia incoscienza e sprezzo delle conseguenze. Un personaggio che, da sovietico in terra sovietica si oppone al regime dell'URSS frequentando poeti e artisti dissidenti (che intimamente disprezza, a partire da Solzenycin) ma che, quando diventa un esule, si trasforma in un intransigente nazionalista a difesa del politburo.
Carrere ci racconta di un personaggio che antepone le esperienze dirette, anche le più sordide, e l'azione - la rivoluzione! - alle chiacchere da salotti liberal. Concetto questo portato fino alle estreme conseguenze, come la militanza nell'esercito serbo durante la guerra dei balcani nei primi novanta, con le famigerate milizie di Karadzic e la fondazione, assieme a quel Aleksandr Dugin che diventerà fidato consigliere di Putin, di un movimento "rossobruno" - tristemente in anticipo sui tempi attuali - : il Partito Nazional Bolscevico (nazbol) in cui riunisce soprattutto giovani emarginati che creano con lui un legame ombelicale, al punto di essere pronti a tutto per il loro leader, fino a morire o farsi la galera siberiana, dentro un furore epico che li ammanta e li acceca, ma, al tempo stesso gli offre una ragione di vita. Anche a causa di questa forza politica eversiva, Limonov sconta diversi anni di galera, accrescendo così (nell'ottica di cui sopra) il proprio mito. Esce in tempo per andare a combattere per Putin e la popolazione russofona in Ucraina, nel Donbass, nel 2014
Insomma Limonov è un romanzo a mio avviso imperdibile, nonostante (o forse soprattutto) sia in buona parte non condivisibile per la rilettura cinica e discutibile di parte dei fenomeni storici del novecento, ma che fa pensare, offrendo un punto di vista scomodo e per questo prezioso.
Sul film di Kirill Serebrennikov sarò molto più capato. Posta la difficoltà dieci dell'operazione, penso che il risultato sia sufficientemente apprezzabile, anche nelle sue parti pop. Ben Wishaw è in parte, ma senza gridare al miracolo, come ho letto in giro. A mio avviso vale maggiormente la messa in scena complessiva di Serebrennikov che l'interpretazione dell'attore inglese. La pellicola peraltro ha vissuto una gestazione complessa e articolata, iniziata in Russia e poi, a causa della guerra in Ucraina, la produzione si è interrotta per poi continuare diversi mesi dopo in Lettonia, dove sono stati incredibilmente riprodotti gli esterni di New York.
Come sarebbe potuto essere realizzato meglio, un film così difficile? A mio avviso, ma capisco sia un suggerimento anti commerciale, con almeno un'ora/un'ora e mezza in più di girato, magari dividendo il film in due parti, oppure attraverso una mini serie tv. Penso che vedere l'infanzia di Eduard e la parte come miliziano serbo sia determinante per una fotografia nitida del personaggio.
Anche così non mi lamento, sarebbe potuta andare molto peggio.