lunedì 16 ottobre 2023

Recensioni capate: Sturgill Simpson, Sound & fury (2019)

Che a Sturgill Simpson stesse stretto il rigoroso taglio d'abito country lo si è capito presto, bastava prestare attenzione a Metamodern sounds in country music o A sailor's guide to earth, tuttavia è con il suo quarto album del 2019, Sound & fury, che il kentuckiano si è lasciato alle spalle ogni frammento residuo del genere con cui ha debuttato, immergendo l'ascoltatore in un progetto fatto di suoni stratificati, fortemente lisergico, con un ruolo centrale dei sintetizzatori che stravolgono ogni pattern, richiamando qui la disco, lì il rock psichedelico. In questo mulinello di suoni avvolgenti e stranianti, la bravura di Simpson sta nel non perdere mai di vista la melodia delle linee vocali che, se astratte dal resto lasciano chiaramente emergere matrici soul, funk, rock e pop. La partenza strumentale con Ronin mette subito in guardia qualunque incauto approccio classicista, e lo srotolarsi delle nove tracce che seguono scolpiscono nell'asfalto (vista la clamorosa copertina) il "tradimento" del musicista rispetto le proprie origini. 
Disco assolutamente rilevante, con picchi compositivi da ricordare, a partire da Remember to breathe, Make art not friends (un messaggio ai suoi detrattori?), e passando per Best clockmacker on Mars, All said and done per finire con Fastest horse in town

Il progetto Sound & Fury è inoltre multimediale, cioè associato ad un mediometraggio genere distopico che miscela diversi stili, dall'anime al live action. Un affascinante mega videoclip che riprende i brani del disco, anch'esso scritto e prodotto da Sturgill Simpson per la regia di Junpei Mizusaki, dello studio Kamikaze Douga (ancora disponibile su Netflix). 

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