Nel totale disinteresse degli editori italiani verso la biblografia sui Pogues (sono sempre speranzoso che qualcuno si decida a tradurre e pubblicare almeno Here comes everybody, la storia della band scritta dal membro James Fearnley) spicca, anche per una discreta esposizione mediatica, la recente pubblicazione in Italia de Una pinta con Shane MacGowan, che sarebbe anche uscito in prima edizione oltre vent'anni fa, ma, vista la totale lacuna editoriale sui Pogues, non è proprio il caso di cercare il pelo nell'uovo. Come spiega nell'introduzione Victoria Mary Clark, la curatrice del volume nonchè compagna di vita di Shane, il progetto nasce come una canonica biografia, fatto salvo che, una volta sbobinate le centinaia di ore di interviste e dato forma al testo, VMC si è trovata davanti ad un risultato troppo pulitino che strideva rispetto al mood di "spontaneità macgowaiana" delle interviste. Per questa ragione ha cambiato impostazione, ed ha trascritto integralmente il contenuto delle interviste con il marito. Il risultato è sicuramente interessante e, dato il cattivo rapporto di Shane con stampa e critici, ci permette di entrare sostanzialmente per la prima volta nella sua complicatissima testa.
I primi anni di vita del giovane MacGowan sono rielaborati con nostalgia ed affetto, nonostante un'educazione sui generis, nella quale gli veniva concesso qualunque vizio, incluso quello di bere alcolici e superalcolici in età prescolastica (e insomma, qualche attenuante per le sue tante dipendenze future, forse ce l'ha), ma vissuta felicemente per lo stile di vita da fattoria, i tanti parenti attorno, gli animali, la libertà della campagna.
La parte che ho trovato più interessante della biografia è quella del periodo punk di Shane, che era al posto giusto (Londra) al momento giusto (1976/77) e che ritiene, non è l'unico, che il movimento punk, quello vero, quello pericoloso per le band e per chi si atteneva ai quei codici di outfit, sia durato giusto una manciata di mesi. E' questo un periodo in cui le risse e le imboscate sono all'ordine del giorno, e Shane impara (e ci spiega) come comportarsi una rissa, come darle e come incassare.
Il racconto sul periodo Pogues è purtroppo carico di tensioni e di rancore. Verso Elvis Costello, verso gran parte del resto del gruppo, in qualche caso ritenuto anche tecnicamente inadeguato (Jem) e verso la produzione discografica a lui imposta che, dopo If I should fall from grace with god (terzo della discografia), è andata in una direzione contraria a quella desiderata da Shane, che arriva esausto e disinteressato agli ultimi tour. Costanti del racconto dell'irlandese sono digressioni culturali e letterarie, magari non sempre a fuoco, ma che dimostrano il suo cospicuo bagaglio culturale. E' raro trovare memorie di rockstar infarcite di comparazioni tra Joyce, Beckett o Behan. Meno anomalo, ma comunque non così diffuso, è anche l'amore di Shane per ogni tipo di genere musicale, in un range che, oltre a quelli ovvi (punk, traditional, folk) si sposta imprevedibilmente dal soul, al reggae al cajun, giusto per limitarsi a qualche esempio.
Ovvio che, trattandosi dell'unico volume tradotto in italiano su Shane (e, indirettamente, sui Pogues), non sono queste facezie ad impedirmi di consigliarne caldamente la lettura.
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