In un futuro imprecisato lo scienziato Robert Morgan sembrerebbe l'ultimo sopravvissuto ad un'epidemia mondiale che ha trasformato tutti gli uomini in morti viventi. Morgan di notte si barrica in casa assediato da questi vampiri zombie, e di giorno, quando gli esseri sono semi-incoscienti, li caccia per ucciderli. La sua solitudine è angosciata dal ricordo della moglie e della figlia, entrambe colpite mortalmente dall'epidemia.
Se, a quasi sessant'anni di distanza, L'ultimo uomo sulla terra è ancora universalmente considerato la migliore trasposizione dell'epocale romanzo di Matheson (conosciuto con due titoli: I vampiri oppure Io sono leggenda) un motivo ci sarà.
E non solo perchè questa produzione italo-americana, dal budget risicato (altro che il fallimentare blockbuster con Will Smith, per dire), girata a Roma nel quartiere EUR, si è avvalsa anche della sceneggiatura dello stesso Matheson (lo scrittore in un secondo momento, insoddisfatto per alcuni cambiamenti, chiederà di apparire nei crediti attraverso uno pseudonimo).
Piuttosto, la ragione principale della tenuta storica del film è da attribuire all'atmosfera della pellicola, ottenuta grazie al lavoro dietro la macchina da presa di Ubaldo Ragona, di location incredibilmente efficaci, di un crescendo angosciante ed, ultimo ma non ultimo, un'interpretazione del protagonista da parte di Vincent Price, tanto per cambiare, perfetta.
Davanti a film così emerge un misto di orgoglio e nostalgia nel riscoprire cosa eravamo in grado di fare nel periodo d'oro della nostra industria cinematografica.
Disponibile su Prime Video
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