In un'Italia devastata da guerre e successivi intossicamenti di acque e terreni, un ragazzo e suo padre vivono in una sorta di casa/palafitta in una laguna inaccessibile, attraverso un sistema di chiuse, al mondo esterno. Unici "vicini", raggiungibili via barca, Aringo, un vecchio rancoroso, aggressivo e violento e Strega, una donna cieca che ha buoni rapporti con padre e figlio. Il figlio, che vive senza sapere nulla della precedente era "civilizzata", a seguito di un avvenimento dovrà abbandonare quel mondo povero e ingeneroso, ma protetto, per avventurarsi nell'ostile territorio oltre le chiuse della laguna.
Forse, ma aspettiamo le necessarie conferme, dopo tante preghiere non esaudite, il cuore del cinema italiano di genere sta ricominciando a battere. Il 2021 in questo senso è stato un anno particolarmente pregno di segnali. Oltre al tentativo di blockbuster Freaks out, sono usciti un altro eccellente post apocalittico, Mondocane, un noir indipendente di sorprendente fattura, Cattivo sangue (mi piacerebbe recensire entrambi, ma, insomma, si vedrà, intanto segnateveli e magari recuperateli), un ottimo Diabolik, ed ad altri progetti magari meno riusciti (Calibro 9, Bastardi a mano armata, Il mostro della cripta, etc.) ma estremamente lodevoli negli intenti.
Tratto dall'omonima graphic novel di Gipi, La terra dei figli si avvale di una regia (Claudio Cupellini) dosata ed estremamente coerente con il mood distopico della storia che, a sua volta, si intreccia con location rugginose, meravigliosamente desolate (il film è stato girato tra il delta del Po, nel ferrarese, nel Polesine e nella laguna di Chioggia) nel quale lo specchio d'acqua riflette l'immobilismo di un mondo distrutto (si intuisce) dalla bestialità umana che, non ancora paga, invece di capire dai propri errori, amplifica ancora di più la propria crudeltà, stavolta giustificata da un disperato spirito di sopravvivenza.
Detto di regia, esterni e fotografia, l'altra arma vincente del film è la prova di tutti gli attori. Laddove infatti, il grosso scoglio di produzioni italiane coraggiose è troppo spesso l'amatorialità delle interpretazioni, qui tutti i protagonisti sono resi in modo credibile e convincente, a partire dal figlio, interpretato mostruosamente bene dall'esordiente classe 2001 Leon de la Valèe (già rapper con il nome di Leon Faun) passando al padre (Paolo Pierobon), Aringo (Fabrizio Ferracane, visto di recente in Ariaferma e Il traditore), Maria (Maria Roveran), il capo (Alessandro Tedeschi), per finire con una delle migliori recenti prove attoriali, non a caso fuori dalle sue normali comfort zone, di Valerio Mastandrea (il boia). Nel cast anche Valeria Golino (la strega). Il più grande rimpianto è non averlo visto al cinema.
Anche se deontologicamente sbagliato, lo inserisco "postumo" nella lista dei miei migliori film del 2021.
Disponibile su Sky e Prime video.
2 commenti:
Grazie di avermelo ricordato, ai tempi dell'uscita l'ho cercato ma non trovandolo l'avevo dimenticato. Si, molto buono.
Barbùn!
:D
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