Nel 2016 esce Hillbilly elegy, autobiografia nella quale l'autore, J.D. Vance, racconta di sè, della sua famiglia, dalla diffusa povertà della gente che vive nella parte di Kentucky interessata dai monti Appalachi. Non ho letto il libro, ma secondo molti opinion leader, quel testo, che a quanto pare criticava il parassitismo dei locali, che vivevano di sostegno welfare, ha (involontariamente? inconsapevolmente?) contributo se non alla vittoria di Trump alle presidenziali, quantomeno a capire perchè in quelle zone del Paese (bible belt e rust belt) il repubblicano abbia fatto il pieno di voti.
Quindi, mi sono chiesto, nel trarre un film da un libro che è sì di formazione, ma che ha un forte afflato politico/sociologico, Ron Howard terrà in considerazione questi aspetti? Purtroppo no. Elegia americana è solo un melodrammone familiare con più di un'incongruenza nel suo sviluppo, la trasposizione della storia di J.D. è un banale, retorico e a tratti irritante spottone all'american dream, dove i valorosi ce la fanno "no matter what", mentre sono solo gli sfaticati a restare indietro. In un film francamente brutto non faccio tuttavia fatica a salvare le prestazioni attoriali, notevoli, anche se eccessivamente "costruite"(con vista sugli Oscar), di Glenn Close (la nonna di J.D.) e Amy Adams (la madre).
Insomma, per una volta il titolo italiano rappresenta l'opera più di quello originale perchè qui la fotografia di quella popolazione "white trash" è talmente fuori fuoco da far rimpiangere la ben più fedele rappresentazione di questi hillbillies fatta in un prodotto leggero come la serie tv Justified. Per questo Elegia americana è il titolo perfetto. Per chi crede che l'eccezione valga più della regola o che sia normale indebitarsi a vita per laurearsi (secondo indebitamento più diffuso negli States, dopo quello per l'acquisto della casa) gli USA sono ancora la terra delle opportunità. O almeno così vuol farci credere Ron Howard.
Elegia americana è disponibile su Netflix
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