Se, come me, da un disco dal vivo cercate l’immedesimazione totale più che la
perizia tecnica o la pulizia del suono e, in ogni momento dell’ascolto, non
solo all’inizio e alla fine dei brani, essere trasportati tra la folla
scatenata e sudata, Live and louder dei Dead Daisies è decisamente l’album che
fa per voi. Superfluo aggiungere che il merito va riconosciuto in larghissima
misura a John Corabi e alla sua urgenza comunicativa che lo porta a interagire col
pubblico, incitandolo, provocandolo e sollecitandolo continuamente durante la
performance della band.
I Dead Deasies hanno tre album all’attivo, di cui solo
due con Corabi alla voce, ed è su questi lavori in particolare che si concentra
la tracklist, con i brani estratti dall’ultimo Make some noise a farla da padrone.
Ma il valore e (se vogliamo) l’umiltà della band emerge anche e soprattutto in tributi senza soluzione di continuità alle grandi formazioni del passato, da qui la presenza di ben quattro cover (Fortunate son dei Creedence, We’re an american band dei Grand Funk Railroad, Midnight Moses della Sensational Alex Harvey Band e sette minuti di Helter skelter dei Beatles dentro i quali trova posto anche il riff di Nobody's fault but mine dei Led Zeppelin) e un’esaltante modalità di presentazione dei singoli componenti della band (che si prende tutta la traccia 12) modellata su brevi incipit di brani leggendari (Highway to hell, Living after midnight, Voodoo chile, Walk this way) in cui è onnipresente il singalong dell’audience.
Ma il valore e (se vogliamo) l’umiltà della band emerge anche e soprattutto in tributi senza soluzione di continuità alle grandi formazioni del passato, da qui la presenza di ben quattro cover (Fortunate son dei Creedence, We’re an american band dei Grand Funk Railroad, Midnight Moses della Sensational Alex Harvey Band e sette minuti di Helter skelter dei Beatles dentro i quali trova posto anche il riff di Nobody's fault but mine dei Led Zeppelin) e un’esaltante modalità di presentazione dei singoli componenti della band (che si prende tutta la traccia 12) modellata su brevi incipit di brani leggendari (Highway to hell, Living after midnight, Voodoo chile, Walk this way) in cui è onnipresente il singalong dell’audience.
D’accordo, si tratta pur sempre di musica derivativa e
di grana grossa, ma oggi in giro ci sono poche band che possono offrire uno
sleaze così convincente e un frontman dalle capacità vocali e dalla tenuta del
palco pari a John Corabi.