La mia passione per i fumetti è quasi esclusivamente legata al mondo supereroistico della Marvel Comics. Tolta qualche significativa eccezione infatti, la lettura di questa forma d'arte segue abbastanza fedelmente l'evoluzione della cosiddetta Casa delle Idee. Sono poi molto legato ad alcuni artisti in particolare, siano essi scrittori, disegnatori o abbiano ricoperto entrambi i ruoli. Gente che, nel proprio tempo, ha contribuito a portare il genere a livelli di credibilità che hanno alzato l'asticella per tutti quelli che sono venuti dopo di loro. Parlo di personaggi come John Romita, Jack Kirby, John Byrne, Frank Miller, Todd McFarlane, Bob Claremont, Alan Moore, DeMatteis e tanti altri. Solo una parte di loro rientrano in questa prima sezione di favoriti. Spero di avere modo di celebrare in futuro quelli che mancano.
L'apertura è doverosamente riservata ad un albo che mi ha spalancato le porte della meraviglia. Il primo fumetto di super - eroi che abbia mai letto: L'Uomo Ragno Gigante numero 15, Il vero volto di Goblin. Me lo regalò mia sorella maggiore, su mia precisa richiesta, nel 1977, mentre eravamo in vacanza nel paese d'origine dei nostri genitori. Avevo nove anni ma il ricordo delll'emozione e del pathos di quell'avventura incredibilmente coinvolgente, con un Parker smascherato e alla mercè della sua nemesi, resta tuttora indelebile. Anche grazie ad un John Romita all'apice della sua forma.
Ancora l'Uomo Ragno, ma stavolta siamo alla fine degli anni ottanta (1987 nell'edizione americana, qualche anno dopo in Italia) ed è tutto un altro scenario. Il fumetto è diventato adulto, si cominciano ad usare linguaggi e dinamiche narrative più ambiziose e realistiche, sull'esempio dei comics independenti. In questa saga si ribaltano molti dei luoghi comuni dei fumetti e molti temi considerati pericolosi per il pubblico di adolescenti, range di rilievo di queste pubblicazioni. Ne L'ultima caccia di Kraven, Kraven, pittoresco e storico nemico del Ragno, stufo delle solite liturgie tra criminale ed eroe, stavolta spara a prima vista, ferendo un sorpreso Uomo Ragno per poi seppellirlo vivo. Il bene trionferà, ma l'accenno all'omosessualità latente di Kraven e il suo suicidio restano una pietra miliare nell'evoluzione dei temi della Casa delle Idee.
La mia personale trilogia di Frank Miller:
Frank Miller è senza dubbio uno degli artisti che più ha contribuito a traghettare nel futuro l'arte dei fumetti. Autore e disegnatore, ha rilanciato big ones come Batman (ne parlo a seguire) e creato capolavori adottati anche dal cinema del calibro di Sin City e 300. Io lo scoprii con il suo primo ciclo(1979/1983 in USA) di storie di Devil, personaggio che fino a quel momento non rientrava tra i miei favoriti, ma che in mano a Miller rinasceva letteralmente, attraverso il realismo spietato delle sue storie urbane, violente, noir, che culminano con lo scontro tra Bullseye ed Elektra.
Si diceva della poca affinità con il mondo DC. E' chiaro che quando l'universo dei comics impazzisce per un'opera, non si può star lì troppo a fare l'ultrà per una o l'altra casa editrice e bisogna invece accaparrarsela. E' quello che ho fatto con Il ritorno del Cavaliere Oscuro, uscito negli USA nel 1986 e da me comprato in un'edizione della storica fiera di Lucca ai primi dei novanta.Lo spunto di Miller, che ci mostra l'eterno duello tra Batman e Joker, proiettato in un futuro ipotetico con i due personaggi ormai sessantenni e con Bruce Wayne cinico ed esausto è geniale e insuperato. Un must assoluto.
Il terzo lato della trilogia non può che essere l'imperdibile Sin City, serie di albi usciti per la Dark Horse nel quale Miller ricrea le classiche atmosfere hard boiled alla Hammett; Chandler e Spillane trasportate in una distopica America anni cinquanta dove a regnare sono violenza e corruzione. In un esplosivo bianco e nero passano tra le pagine alcuni personaggi maledetti, condannati e straordinari, come Marv, Nancy e Hartigan. Frank Miller ha coadiuvato Robert Rodríguez e Tarantino alla regia, nell'adattamento cinematografico del 2005.