venerdì 28 febbraio 2014

Steve Turner, Johnny Cash: La vita l'amore e la fede di una leggenda americana


Considerata tutta la letteratura prodotta da terzi,nonchè dallo stesso Johnny Cash, c'era davvero bisogno di un'altra biografia su questo artista?
Proverò a rispondere a questa domanda con alcune considerazioni sul libro di Steve Turner, giornalista, scrittore e poeta inglese già autore di volumi su Beatles, Van Morrison, Cliff Richards e Jac Kerouak.
Innanzitutto l'approccio con il quale Turner si misura con l'epopea di Cash cerca di essere il più accademico possibile, si intuisce lo sforzo di tenersi alla larga da qualunque tipo di resoconto agiografico, trappolona nella quale in molti sono caduti con il countryman ancora in vita e che è ha assunto proporzioni imbarazzanti dopo la sua morte.
Altro elemento distintivo di Johnny Cash, La vita, l'amore e la fede di una leggenda americana è che il libro nasce come collaborazione tra l'artista americano e lo scrittore inglese, scelto dallo stesso Cash per raccogliere le proprie memorie prima che le sue precarie condizioni di salute si aggravassero ulteriormente, portandolo alla tomba. Questo embrionale rapporto di fiducia, pur non potendo essere sviluppato, ha comunque permesso a Turner di avere libero accesso ad un'enorme mole di informazioni da parte di famiglia, entourage, amici e conoscenti del cantante.

Il risultato è un'opera che fa da consuntivo a quelle che l'hanno preceduta, puntualizzando o rivedendo alcuni episodi della vita di Cash altrove narrati e mettendo in contraddizione le versioni di alcuni aneddoti acquisiti dalle precedenti bio e autobio. Il punto di debolezza dell'opera, ma solo per quelli che, come me, vorrebbero conoscere nel dettaglio la genesi di ogni canzone, è il poco spazio lasciato all'aspetto di concepimento e creazione dell'arte di Johnny Cash. Solo per alcune canzoni e pochi album infatti l'autore indugia in spiegazioni e retroscena sul processo creativo.
In compenso l'uomo Johnny Cash viene ben sviscerato nei suoi slanci, nelle sue debolezze, nella sua fede e nelle sue tante contraddizioni. Si parte dall'infanzia, segnata dallo scarso affetto paterno, alla tragica perdita del fratello, alle prime canzoni, i tour con Perkins, Lewis e Presley e via via tutti i picchi artistici e le rovinose cadute umane che Cash ha attraversato.
Sì perché per un johnnycash devoto che arriva a scrivere un saggio sull'apostolo Paolo e a produrre film religiosi, ce n'è un altro che assume anfetamine in quantità industriale e che trascura per anni  prima moglie e relativa prole, per un johnycash artisticamente integralista che vuole immedesimarsi nelle sue opere (Sings the ballad of the true west e Bitter tears, dedicate ai pionieri del west e ai nativi americani) al punto di passare diversi giorni e diverse notti in solitudine e all'addiaccio nel deserto nutrendosi di ciò che la natura offre, ce n'è un altro, distratto da show televisivi a proprio nome e una marginale carriera cinematografica, che pubblica tutta una serie dischi indecorosi nei quali non crede minimamente.

Questo travaglio, ben riportato da Turner, non è solo spirituale ma anche e soprattutto fisico, in considerazione degli ultimi anni di vita di Cash, costretto a convivere con il dolore provocato da numerosi traumi e malattie invalidanti, che proiettano sulla sua cover di Hurt dei Nine Inch Nails ("I focus on the pain / The only thing that's real") una luce completamente diversa da quella (tossica) postulata da Raznor, autore del pezzo.

Per rispondere alla domanda in premessa: personalmente non sono in grado di fare paragoni con le altre biografie pubblicate su questo enorme personaggio della musica americana, ma credo di poter comunque affermare che Johnny Cash, La vita, l'amore e la fede di una leggenda americana rappresenti una componente essenziale alla comprensione dell'arte di questo tormentato cantore vestito di nero.


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