mercoledì 31 agosto 2011
Super-Po
martedì 30 agosto 2011
MFT, agosto 2011
ASCOLTI
One Dimensional Man, A better man
Red Hot Chili Peppers, I'm with you
Hank III, Ghost to a ghost
Morbid Angel, Illud divinum insanus
AC/DC, Let there be rock
Beyoncè, 4
Gang, Una volta per sempre
Marshall Tucker Band, Searching for a raimbow
Tedeschi Trucks Band, Revelator
VISIONI
I Soprano, quarta stagione
Weeds, prima stagione
lunedì 29 agosto 2011
Two hearts
Capovilla ha due cuori. In principio (1997) a battere fu quello dei One Dimensional Man. Critica e pubblico tra le più attenti alle novità indie italiane drizzarono le antenne.Poi improvvisamente il progetto si arenò (2004) e a battere forte fu il secondo cuore, quello del side-project Teatro Degli Orrori (2007), che fece registrare un'impennata di stima tra media e fan, al punto che tutti si convinsero che la nuova creatura avesse ucciso la prima. Ma dopo due eccezionali album del TDO, inaspettatamente, l'Uomo Ad Una Dimensione torna a vivere.
Pierpaolo Capovilla è un altro che non ama stare fermo ed essere prevedibile. Dopo tutti gli onori e gli scappellamenti ricevuti per A sangue freddo, invece di dare un seguito a quell'opera, resuscita la sua prima band. Qualche scoria del Teatro comunque resta, se è vero che la doppietta iniziale di A better man ricorda nella dinamica l'ultimo lavoro dei TDO: la titletrack è infatti un pezzo notturno, rarefatto, nel quale PP canta "doppiato" da una voce femminile che dona ulteriore suggestione al brano, tessuto sopra un testo davvero bello e suggestivo che consente a Fly, la seconda traccia, di godere di maggiore enfasi e fragore di quello che già avrebbe per struttura. Un pò come succedeva ne A sangue freddo con Io ti aspetto e Due.
Ecco, saranno anche più adulti, ma non rinunciano al frastuono, i ODM. Lo dimostra il post-punk di pezzi come A measure of my breath o This crazy, ne dà sfoggio il quasi industrial di This angry beast o il rumorismo acustico alla Tom Waits per Face on a breast. Ever sad è invece una sorta di seconda parte/versione con liriche alternative della traccia di apertura che dà il titolo all'album.
Qua e la si colgono riferimenti anche Bowie, a Lou Reed, forse persino ai NIN. E' un attimo però, perchè proseguendo con l'ascolto, le proprie convinzioni vacillano a fronte del mood complessivo del lavoro, che pure alla lunga ha qualche calo, ma che comunque possiede una sua personalità.
Viene il mal di testa a cercare di capire quale sia il progetto parallelo e quale il principale tra le due realtà anime di Capovilla. C'è da sperare che le dichiarazioni che il singer ha fatto alla stampa in merito ad un presunto cattivo stato di salute del Teatro degli Orrori siano dettate unicamente alla promozione del nuovo One Dimensional Man, perchè mi sembra che comunque band come i TDO in Italia non ce ne siano molte. Detto questo, A better man è comunque un disco che merita attenzione, gonfio di urgenza comunicativa, carico di tensione, oscurità, ossessioni, elettricità. Un lavoro molto poco italiano. Ed è un complimento eh.
sabato 27 agosto 2011
Album o' the week / The very best of Hall and Oates (2001)
venerdì 26 agosto 2011
Back in black
"Questi qui" sono il partito nazionalista del popolo italiano, il più recente tentativo di far rinascere il partito fascista in barba alla costituzione e alla legge 645/52 (legge Scelba). Tentativo, badate bene, favorito dal clima generale del paese e dai numerosi atti preparatori, alla luce del sole o a fari spenti, orientati ad abolire le norme di cui sopra (ci sono siti, gruppi su facebook, colpi di mano in parlamento: l'ultimo in ordine di tempo è del senatore De Eccher, ad aprile) e magari la festività della Liberazione.
Ma dicevo della volontà di ignorarli. Uno ci prova, eh. Ci prova davvero. Poi però compra il giornale e legge che a settembre questi qui vogliono fare una marcia su Genova con le camicie nere, apre le edizioni on line dei quotidiani e scopre che insultano e minacciano di morte un giornalista di Repubblica, ascolta il loro portavoce (alla trasmissione di radio24 La Zanzara) annunciare la candidatura alle elezioni con tanto di programma elettorale (perseguire gli omosessuali, "allontanare coattivamente" fuori dal territorio nazionale e confiscare i beni a tutti i "non italiani") e affermare che il partito è nato su diretta richiesta di Berlusconi (probabilmente una baggianata che però non è stata nè ripresa nè smentita da nessuno).
Capite bene che diventa impossibile non porsi delle domande (ma, esattamente, quand'è che interverranno magistratura e forze dell'ordine?) e, pur riconoscendo la demenzialità della cosa, scacciare uno strisciante senso di inquietudine...
giovedì 25 agosto 2011
Catalogami questo! / 17
Il power pop è il punto di incontro tra l'hard rock dei the Who e le melodie dei Beatles e Beach Boys, spesso con l'introduzioni di chitarre squillanti tipiche dei the Byrds. Il termine power pop venne utilizzato per la prima volta nel 1967 da Pete Townshend, chitarrista dei The Who, per definire la musica del proprio gruppo, che è spesso citato come un predecessore del genere insieme ad altri gruppi come The Beatles, The Byrds, The Beach Boys, The Hollies, The Zombies o The Easybeats.
Benché diverse band dei primi anni settanta - tra cui the Raspberries, Big Star, e Badfinger - avessero stabilito il sound tipico del power pop, il genere non si affermò definitivamente fino ai tardi anni del decennio. Gran parte di questi gruppi presero ispirazione dai the Raspberries (che furono l'unico gruppo power-pop della loro epoca a pubblicare delle hit), o basarono le proprie sonorità direttamente sui vecchi gruppi della corrente British Invasion. Ciò che accomunava tutte queste band era la loro ammirazione per i classici singoli pop da tre minuti. Le band power-pop iniziarono ad emergere in contemporanea con il periodo di esplosione del punk rock (seconda metà dei settanta), così vennero notati assieme ai gruppi new wave grazie ai loro brani brevi e orecchiabili che trovarono affinità con il successivo post-punk. Oltre alle band precedentemente citate, i Cheap Trick, the Knack, the Romantics, e Dwight Twilley ottennero il maggior successo con delle hit, ma the Shoes, the Records, the Nerves, e 20/20, assieme a molti altri, divennero tra i favoriti tra gli appassionati.
wikipedia
mercoledì 24 agosto 2011
Genitori imperfetti
martedì 23 agosto 2011
Of goats and men
lunedì 22 agosto 2011
Best thing
venerdì 19 agosto 2011
Album o' the week / Marshall Tucker Band, Searching for a raimbow (1975)
mercoledì 17 agosto 2011
A Cornaredo la lotta continua
Persino ad uno negato per l'orientamento stradale come il sottoscritto, dopo quaranta chilometri percorsi senza vedere la meta e a fronte di una distanza prevista da google maps di sedici, sovviene il dubbio di aver sbagliato rotta. Ma è proprio quando la voglia di telefonare e coprire di insulti il collega che ti ha spiegato con sicumera che Cornaredo è sulla Milano-Meda si fa pressante, quando sei senza navigatore e non hai carte stradali, alle 21 passate, con la fame che morde lo stomaco, quando tutto ti indurrebbe a mollare il colpo e tornare a casa, quando insomma il gioco si fa duro, ecco, è proprio lì che viene fuori il combattente che non t'aspetti, l'intuizione risolutrice che alfin ti conduce all'area dei Comunisti in Festa a Cornaredo dove suoneranno i Gang.
Mollo l'auto parcheggiandola in piena modalità festival dell'Unità (non so perchè ma è l'unico contesto nel quale puoi lasciarla anche davanti casa del comandante dei vigili e passarla liscia) e dopo un rapido sopralluogo del posto, constatato che la zona concerti è ancora avvolta nel buio, tento la carta panino + birra, mi metto quindi pazientemente in coda,pago la mia consumazione ma alla fine desisto perchè 1) sono quasi le 22, ho il numero novanta e rotti e stanno servendo tipo il cinquantatre 2) ci sono solo due piastre che lavorano al ritmo di un panino ogni cinque minuti 3) le condizioni igieniche lì dentro ti fanno preferire di essere in una cucina da campo a Calcutta 4) i suddetti panini hanno un aspetto raccapricciante.
La birra cruda (prodotta in un'azienda locale) è invece è molto buona. Con la pancia che brontola e la bottiglia in mano mi appropinquo dunque allo spazio concerti giusto nel mentre partono le note inconfondibili di Socialdemocrazia.
Rieccomi dunque al cospetto dei Gang, un paio di anni dopo l'ultima volta e a ruota di un nuovo disco, che, nonostante non contenga materiale inedito, ho trovato comunque ispirato e opportuno. La band attacca La corte dei miracoli ed è sempre un bel sentire, con in canna il colpo del sing-along finale sui versi che il vento tristo/se la porti viaaaa.
Con i pezzi classici del repertorio cominciano anche le interazioni di Marino, che da comunicatore nato qual'è, non perde occasione di rivolgersi al pubblico. E' questo, nonostante i temi che si ripetono e i toni a volte un pò da sermone (laico, per carità), lo spettacolo nello spettacolo in un concerto dei Gang. Severini senior che parla a manetta, si appassiona, che cerca una scintilla negli occhi dei presenti, che sa di predicare ai convertiti e per questo non lesina le provocazioni. Una celebrazione delle canzoni della resistenza introduce La pianura dei sette fratelli (una canzone che dovrebbe essere patrimonio nazionale) e una favola (così la definisce lui) dei tempi lontani nei quali esisteva una classe operaia rispetto a quelli moderni nei quali c'è solo l'operaio, presta il fianco all'interpretazione di Sesto San Giovanni.
Resta un pò a bocca asciutta chi, come me, sperava di sentire qualche pezzo in più dall'ultimo album La rossa primavera, gli unici brani proposti sono Su in collina e Fischia il vento, non contando Dante Di Nanni che è nelle setilist della band da tempo immemore. Anche questo è il bello dei Gang, se ne fottono di promuovere i loro dischi appena usciti. Prendere o lasciare.Noi ovviamente prendiamo, perchè l'incanto di Bandito senza tempo, che non perde una briciola del suo fascino nemmeno dopo centinaia di ascolti o la suggestione di Prima della guerra o ancora la delicata potenza di Giorni, puntualmente ci disarmano. Lo show si chiude con la macchina Gang a tavoletta, Kowalski, Il bandito Trovarelli e Comandante viaggiano veloci, i bis con I fought the law dei Clash e La lotta continua, cantata a pieni polmoni dal pubblico che nel frattempo ha affollato l'area intorno al palco, infiammano gli spiriti, speriamo un pò tutti che la fiamma continui a bruciare per un pò.
Non si risparmia e non tradisce le attese la Severini's band, grazie ad una passione che, nonostante tutto, appare immutata nel tempo. Un pò di malinconia mi prende semmai per i contesti nei quali si esibisce. I Gang non sono, a mio avviso, un gruppo che vive solo grazie ad una appartenenza politica, ad un apparentamento di partito. Per altri basta mettere su una base ska o irish e sparare qualche slogan per avere visibilità assicurata e immancabile presenza al concertone del primo maggio. La componente idealista dei Gang è senza dubbio il cemento della loro casa ma loro, a differenza di altri, hanno hanno un patrimonio di dischi e canzoni di valore, con pochi pari in Italia. E loro, a differenza degli altri la propria diversità l'hanno davvero pagata, con l'ostracismo dell'establishment tutto, major e media in testa (dopo il concertone del primo maggio del 1991 nel quale in diretta nazionale invitarono allo sciopero generale contro il governo Craxi, furono banditi dalla RAI) che evidentemente non gradiscono, a prescindere dal colore politico, l'ostinata indipendenza. Non si merita, una band così, ubriachi molesti che da sotto il palco gli chiedono di suonare Albachiara, storditi che salgono sul palco a ballare, debosciati che gli versano il vino sui fili degli ampli provocando inevitabili black-out.
E' per il rispetto che si meritano che esprimo questi pensieri, non certo per una presunta seriosità dei loro act, visto che in realtà le loro esibizioni sono delle vere e proprie feste collettive, nelle quali i fans che arrivano da più lontano sono spesso invitati dividere palco e microfono (a Cornaredo è successo su Sesto San Giovanni e Comandante) e ai quali Marino si concede puntualmente per una chiaccherata a fine concerto.
Per quanto concerne l'aspetto discografico, anche a causa del durissimo scontro con la WEA a seguito della pubblicazione di Controverso (a seguito del quale alla band sono state chiuse le porta dell'industria discografica nazionale con una dinamica che è difficile non definire mafiosa), è dal 2000 che i Gang non pubblicano un disco di inediti. Possibile che un artista (anche della comunicazione) come Marino abbia finito le parole?
P.S. le foto del concerto non sono granchè, ma con il telefonino di meglio non mi riescesabato 13 agosto 2011
Album o' the week / Grown ups, OST (2010)
venerdì 12 agosto 2011
Catalogami questo! / 16
mercoledì 10 agosto 2011
The Captain
La premessa mi sembrava importante per arrivare al film di Joe Johnston nel quale,una volta tanto, la collocazione temporale della trasposizione è fedele a quella originale (cosa che non è accaduta per tutti gli altri eroi, nati agli inizi dei sessanta e trasportati sul grande schermo ai giorni nostri), siamo infatti nel 1941 quando Steve Rogers, gracile ed emanciato, nonostante il suo grande spirito patriottico viene respinto a tutte le visite di leva alle quali partecipa, fino a quando viene notato dal professor Erskine (interpretato dal sempre ottimo Stanley Tucci) che gli propone di sottoporsi ad un esperimento...
Quello che fa di Captain America, Il primo Vendicatore, un prodotto credibile è che si prende tutto il tempo che serve (circa metà film) per descrivere bene quanto serve il contesto storico e approfondire i personaggi. Nell'ambito della propaganda, è efficace anche l'intuizione di usare Cap come ragazzo immagine nei musical dell'epoca, nei quali sponsorizza l'acquisto dei titoli di stato e di mostrare il successo dei fumetti a lui dedicati. Solo al culmine di questi eventi, quando, da star qual'è, viene mandato a sollevare il morale delle truppe dislocate all'estero (nel caso, in Italia), di fronte agli effetti reali della guerra, acquisisce consapevolezza del suo vero ruolo nel conflitto.
Naturalmente c'è spazio per le scene d'azione, ma anche per l'ironia e il cameratismo, grazie al ruolo di Bucky (che nei fumetti era l'analogo di Robin con Batman mentre qui è un semplice soldato amico di Steve) e della squadra formata da Dum Dum Dugan e soci (identici alle stripes). Congrua anche l'interpretazione del Teschio Rosso da parte di Hugo Weaving, mentre Tommy Lee Jones è talmente abituato ad interpretare militari che secondo me si porta l'uniforme anche a casa. La minaccia della storia è costituita da un antico manufatto, il cubo cosmico, protagonista nei comics di una delle più belle saghe di Jack Kirby, e qui ridotto a generatore di una potentissima energia.
Accantonata la sorpresa di vedere nei panni di Steve Rogers Chris Evans, lo stesso attore che ha interpretato la Torcia Umana dei Fantastici Quattro (credo che questo escluda altri episodi della saga dei quattro o quantomeno un ipotetico team-up tra loro e il Capitano), forse anche per la peculiarità del soggetto, Captain America è alla fine uno dei film tratto da un fumetto Marvel più riuscito, sia sotto l'aspetto della fedeltà con il personaggio, che per quanto concerne la tenuta complessiva della storia.
Doveste vederlo al cinema, restate in sala fino al termine dei titoli di coda, come ormai sempre più spesso accade, un breve epilogo è piazzato proprio lì. Seppur a piccole dosi rispetto ai comics, anche nei suoi film la Marvel sta inserendo il principio della continuità. In questo caso il collegamento è con le pellicole di Iron Man e Thor.
P.S. Nonostante abbia dovuto precedere la visione del film da una breve spiegazione su cosa era vero (la guerra, i nazisti, il ruolo degli USA) e cosa inventato (tutto il resto)Stefano è comunque riuscito a divertirsi, soprattutto con la seconda parte del film e con l'epilogo di cui sopra, tanto che uscendo ha voluto sapere se per caso nelle strade si trovassero ancora bidoni della spazzatura con i coperchi che si potevano impugnare a mò di scudo, come faceva Steve all'inizio del film.
lunedì 8 agosto 2011
Two as one
sabato 6 agosto 2011
Album o' the week / ZZ TOP, Fandango (1975)
venerdì 5 agosto 2011
Catalogami questo! / 15
Due caratteristiche sono da sottolineare nell'Oi!, l'abitudine del cosiddetto coro da bettola, ovvero spazi in cui si canta tutti assieme possibilmente pogando e bevendo alcol. La seconda è la caratteristica dei testi volutamente retorici e diretti, legati spesso all'oppressione, alla vita di strada, ed in certi casi comprende testi politici schierati da entrambe le fazioni.
Sebbene la buona parte delle band Oi! della prima ondata fossero apolitiche o di sinistra, molte di loro vennero attratte dal movimento degli skinhead neonazisti. Questi skinhead razzisti facevano irruzione ai concerti di band Oi! cantando slogan fascisti, ed attaccando risse. Alcune band Oi! erano riluttanti a fare loro gli ideali fascisti, tra questi gli Sham 69. Ciononostante, nell'immaginario collettivo il movimento venne associato con l'estrema destra, soprattutto a causa dell'influenza mediatica.
martedì 2 agosto 2011
Sempre rinnegato
Lo hanno intuito quelli di MTV, che gli hanno dedicato una puntata di Storytellers, lo show nel quale gli artisti ripercorrono la loro carriera e suonano dal vivo una selezione dei loro brani. Non ho visto il dvd, ma ho ascoltato l'ottimo cd che da quelle registrazioni è tratto e che ci regala un Bennato in forma smagliante già dall'iniziale Cantautore. Molto intense anche Venderò e Non farti cadere le braccia, tra le mie preferite di sempre, mentre Rinnegato è suonata in una versione rock-blues torrenziale e treascinante, al punto che la sorpresa è tanta quando scopri che a coadiuvare Edo ci sono i (sigh) Finley.
Giuliano Palma & The Bluebeaters sono invece ospiti per E' stata tua la colpa, che prende ovviamente una piega ska e Roy Paci incornicia con la sua tromba una suadente versione di Un giornoi credi. C'è spazio anche per la produzione più recente, con il pezzo Wannamarkilibera, che nonostante l'allegro piglio rock&soul paga pesantemente pegno rispetto alla produzione storica. Ultima ospitata, quella di prezzemolino Morgan, che strimpella il piano sulle conclusive Perchè e Lo show finisce qua.
A me pare che l'album Storytellers sia un ottimo tributo ad un artista che tanto ha fatto per rinnovare la tradizione popolare italiana nonchè un live molto coinvolgente. In questi casi però non so in che misura la componente nostalgica incida sul mio giudizio.