Pietro Vella è un professore di liceo benvoluto da tutti per la sua capacità di appassionare e coinvolgere gli alunni. Durante un ultimo anno è colpito in particolare da Teresa, una sua studentessa, forse non la più seducente, ma molto promettente, dotata di un'intelligenza vivace, e dalla forte personalità. Un anno dopo la maturità, Pietro viene a sapere che Teresa, contrariamente a quanto tutti si aspettavano, ha "mollato" e fa la cameriera in un ristorante. Egli la cerca e i due si mettono insieme. Qualche tempo dopo, allo scopo di cementare indissolubilmente la loro unione, Teresa gli propone di confidarsi vicendevolmente il segreto più inconfessabile e recondito che custodiscono. Pietro è perplesso, ma cede. Quella rivelazione cambierà per sempre le loro vite.
Al di là del gusto personale e della soggettività, elementi che di norma contribuiscono a plasmare il giudizio che esprimiamo su quasi ogni opera, ci sono delle forme d'arte (film, in questo caso) che più di altre agiscono sul nostro io più sommerso, stimolandoci e facendoci riflettere, condizionando la nostra opinione al punto da condurla oltre l'esclusivo merito "oggettivo".
La pellicola indaga nel profondo le nostre ipocrisie, le superfici dietro alle quali nascondiamo vanità e bisogno di approvazione, facendo emergere la nostra vera essenza, meschina, egoista, prevaricatrice e intimamente arrogante.
Quasi tutte le ipotesi si orientano verso crimini violenti legati alla sfera sessuale o, peggio, alla pedofilia (qualche tentativo, a mio avviso forzato, di rafforzare questa tesi ha cercato conferme scandagliando il rapporto tra Pietro e la figlia bambina), altre suggestioni avvalorano il sospetto di parricidio, a causa di una particolare interrogazione scolastica, che però avviene prima della rivelazione. Insomma tutti siamo caduti nella trappola narrativa degli autori o, per meglio dire, ci siamo concentrati sul dito rappresentato dell'aspetto tipicamente thriller del film e non sulla luna delle autenticità delle relazioni che viviamo quotidianamente, vero focus del film.
Difetti ne ha, pochi, e confinati al comparto tecnico, relativi al sonoro (l'audio basso dei dialoghi che a volte ne compromette la comprensione, problema che ho già riscontrato in altre recenti pellicole italiane), e al fastidioso trucco prostetico per l'invecchiamento, in particolare di Germano e Puccini: personalmente avrei usato degli attori diversi, dell'età necessaria ai salti temporali, come per Lacci, la precedente collaborazione Luchetti/Starnone, che riesce nell'impresa di farci credere che Alba Rohrwacher da anziana diventi Laura Morante.
Un ottimo film, dunque, che nel suo essere terapeutico trova la spinta ad elevarsi e diventare, per Bottle of smoke, uno dei migliori dell'anno.
Sky
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