Sara, adolescente di una zona rurale della Spagna (Estremadura, al confine con il Portogallo) è costantemente bullizzata dalle coetanee per il suo aspetto fisico. Anche la sua amica d'infanzia, Claudia, pur non rendendosi direttamente responsabile degli atroci scherzi a cui è sottoposta Sara, non fa nulla per arginare le odiose iniziative di scherno delle amiche. Sara vive quindi una situazione di solitudine e angoscia e osserva i coetanei divertirsi dalla vetrata della macelleria di famiglia. Frequenta la piscina pubblica solo a pomeriggio inoltrato, quando gli altri se ne sono andati. Proprio in una di queste occasioni accadrà qualcosa che cambierà radicalmente la vita di Sara, delle sue aguzzine e dell'intera piccola comunità.
La regista Carlota Pereda estende un suo corto del 2018 trasportandoci nell'orrore più grande che possiamo conoscere. Non quello di un assassino violento e spietato, ma della discriminazione quotidiana, ottusa, inspiegabile e interminabile che si riversa su quanti non corrispondano ai canoni consumistico-sociali di bellezza. L'orrore insomma di una vita che si alimenta quotidianamente di derisione e risentimento, di un'autostima falcidiata e di una percezione di totale incomprensione a partire, purtroppo, dal nucleo familiare, lontano e assente, anche se fisicamente vicinissimo.
La protagonista, Laura Galàn, all'anagrafe trentottenne, è straordinaria nel dare corpo ad un'adolescente e, francamente, le critiche sull'età dell'attrice, magari espresse da chi, per anni, si è bevuto universitari americani interpretati da trentenni, fanno ridere. Della perfidia delle coetanee che riversano, quotidianamente e senza ragione, rabbia e odio nei confronti di Sara, con esiti che, da queste parti sono sovente il suicidio della vittima e negli States stragi scolastiche, sono piene le cronache. E la figura del serial killer che, probabilmente avendo subito lo stesso inferno della vittima, trova uno scopo non solo nella mattanza ma nella protezione di chi, ai suoi occhi, appare come un suo simile, è l'incarnazione di una sorta di giustizia poetica che tiene benissimo in piedi il film, al netto degli inciampi della parte di sceneggiatura prettamente thriller.
L'opera della Pereda spiega insomma molto bene come, a volte, nella società dell'individualismo, l'orrore sia perpetrato dai normali e la compassione, al contrario, sia appannaggio dei mostri.
P.S. Quanto ci sarebbe stato bene, ad accompagnare le immagini del terzo atto del film, il nichilismo di un brano come Piggy, dei Nine Inch Nails?
P.P.S. Allo stesso modo, quanto è fuori luogo il claim della locandina italiana?
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