Nella Roma occupata del 1943, poco dopo la sottoscrizione dell'armistizio firmato da Badoglio l'8 settembre, quattro esseri umani speciali: Fulvio, un uomo completamente ricoperto di pelo e dotato di una forza sovrumana, Mario, con il potere di attirare i metalli, Cencio, capace di comandare gli insetti e Matilde, una ragazzina che emana elettricità, assieme al loro impresario Israel, animano lo scalcagnato circo Mezzapiotta. A seguito di un bombardamento che distrugge la loro tenda, i cinque decidono di affidare tutti i loro risparmi a Israel, incaricato di comprare documenti falsi e biglietti per l'America. L'impresario però non torna dalla sua missione mentre i quattro freaks, a loro insaputa, diventeranno l'obiettivo del folle nazista Franz, che, grazie a trip lisergici, riesce a vedere il futuro e si convince che solo assoldandoli riuscirà a sovvertire il destino avverso cui il reich e Hitler stanno andando incontro.
Mi capita ormai raramente di vedere un film ed avvertire una voglia, una vera e propria urgenza di commentarlo. E' successo con Freaks out di Mainetti, al quale, lo dico subito anche se deontologicamente non si dovrebbe, troverete assegnato, nell'elenco di titoli che posto bimestralmente, il voto massimo: 5/5. Qui cercherò di spiegare le ragioni che mi portano a questa consapevole sopravvalutazione, anche in relazione ai giudizi, perlopiù tiepidi, della critica togata.
Potrei sbagliarmi, ma credo sia dai tempi (1997) di Nirvana di Salvatores (che ci riproverà, con budget più bassi, con i due Il ragazzo invisibile) che non si assisteva ad un tentativo così coraggioso e, secondo me, riuscito, di fare, anche dalle nostre parti, cinema spettacolare e mainstream, senza rinunciare all'italianità e all'intelligenza.
Il discorso non può dunque che andare sul regista/attore/sceneggiatore/produttore Gabriele Mainetti, che ha (fin qui), resistito alle sirene che gli chiedevano un seguito di "Jeeg Robot" per concentrarsi invece su quest'opera visionaria, colorata, emozionate ed avventurosa, nata da un soggetto dell'altro enfant terrible del cinema italiano, Nicola Guaglianone. Il lavoro di Gabriele, sia dietro la macchina da presa (guardare per credere la sequenza iniziale del bombardamento aereo) che come direzione attori, è ormai ai massimi livelli. Le prove di un Santamaria (Fulvio, l'uomo lupo) completamente ricoperto di pelo, che sposta tutta la sua performance su sguardo, voce e linguaggio non verbale è impeccabile, così come quella di Castellitto jr (Cencio, il ragazzo insetto), con look tra un cyberpunk e Kurt Cobain, e di Giorgio Tirabassi, nelle vesti dell'impresario ebreo, sono significative. Anche se è della giovane e semi-esordiente Aurora Giovinazzo, nei panni della ragazza elettrica, la prova indiscutibilmente più emozionante.
Così i papà che ho visto al cinema con bambini a seguito hanno assistito, credo con imbarazzo, ad una bella chiavata a pecorina tra l'uomo e la donna lupo e ad un protagonista, affetto da un ritardo mentale, l'uomo magnete, che si masturba compulsivamente e senza pudore alcuno. Da non trascurare, infine, la rievocazione reale, seppur in una pellicola di fantasia, di un periodo storico di violenza, deportazioni e rastrellamenti, ulteriore valore aggiunto del film, soprattutto in un periodo in cui chi non vuole vaccinarsi osa paragonare la sua situazione alla persecuzione nazista agli ebrei.
Preferisco tuttavia guardare il quadro generale creato da quest'opera, nella speranza (ahimè, più che nella convinzione) che Freaks out possa fare da booster ad una nuova, attesissima e diversa affermazione del cinema italiano.
Nessun commento:
Posta un commento