Dopo diciannove film per il grande schermo e sei per il piccolo, qualche anno fa Dario Argento decide che è il momento di raccontare sè stesso.
Così, nel 2014 esce per Einaudi Paura, prima autobiografia del regista italiano, che arriva dopo un numero incalcolabile di libri sulla sua arte, scritti da altri, negli ultimi quarant'anni.
Dopo una doverosa premessa sulla sua infanzia (in cui cresce nello studio fotografico delle dive, gestito dalla madre) e la sua formazione artistica, personale e politica (il ruolo sempre più ampio nella testata di sinistra Paese Sera, la "fuga" a Parigi, il suo dichiararsi alla famiglia di fede comunista) finalmente Argento, anche grazie ad un padre inserito negli ambienti cinematografici, riesce a realizzarsi nella settima arte, arrivando a collaborare con un giovane Bernardo Bertolucci e lavorando con Sergio Leone (sceneggiatura di C'era una volta il west).
Dopo una decina di script, ha un'idea, basata molto sulla forma del racconto, sul suo aspetto visivo, più che sulla storia, che presto diventa una sceneggiatura. A differenza delle altre però, questo lavoro Dario non vuole "appaltarlo" a nessuno, ma girarlo da sè.
A seguito di tanti no ricevuti dai produttori gli viene incontro il padre, che riesce a fargli ottenere un contratto per girare il film, a patto di non sforare per nessun motivo tempi e budget di realizzazione.
Il giovane Argento riesce nell'obiettivo, ma il risultato finale è osteggiato dal produttore e anche dal padre, che pur sostenendolo pienamente, gli chiede di apportare delle modifiche.
Dario si impunta, non vuole toccare nulla di quel prodotto che sente come un figlio. E' stremato dalla lavorazione, l'esperienza l'ha talmente provato dal non voler più dirigere un film in vita sua, ma quella pellicola non si tocca, deve andare in sala così.
Alla fine il regista la spunta e ottiene un successo strepitoso.
Il film era L'uccello dalle piume di cristallo.
Da quel momento parte la carriera di regista di Dario Argento, che si dipanerà per oltre quattro decadi e titoli noti in tutto il globo (Profondo rosso, Suspiria, Inferno, Opera, Phenomena) con grandi riconoscimenti soprattutto all'estero e la costante amarezza del regista, che si sente perennemente profeta in patria, data la scarsa considerazione della critica italiana per il cinema di genere, l'horror su tutto. Parallelamente si snoda la vita privata di Dario, gli amori (due matrimoni), l'amore per le figlie Fiore e Asia, i problemi finanziari, una brevissima detenzione, le fobie, la liason con droghe leggere, l'intenso rapporto con il padre.
Paura non è una autobiografia che spicca dal punto di vista letterario, il libro è estremamente scorrevole ma non certo epocale, in alcuni passaggi le considerazioni del regista appaiono davvero schematiche, elementari.
Spesso però su queste pagine mi sono lamentato di altre biografie per il poco spazio che l'autore lasciava alla genesi dei suoi lavori, al racconto della loro realizzazione, alle difficoltà incontrate, alle intuizioni, insomma alle cose che rendono felice un fan adulto, ma dell'età mentale di un adolescente.
Ebbene, dentro Paura ho trovato davvero pane per i miei denti, ogni film del maestro è sezionato e raccontato dallo spunto iniziale all'esito del botteghino e questo, nonostante alcuni passaggi fossero già noti, è probabilmente l'aspetto del libro che ho maggiormente apprezzato.