Tupac Shakur è una delle figure più note, ambigue e controverse della scena musicale tutta. Prima di morire, nel 1996 a soli 26 anni, aveva fatto in tempo a diventare l'artista rap con più dischi venduti, raggiungendo il primo posto delle classifiche americane con tre dischi consecutivi (Me against the world, All eyez on me e The Don Killuminati: the 7 days theory, registrato in vita e uscito postumo) nonchè il primo a pubblicare un doppio album di questo genere, ma, al tempo stesso, è stato anche l'artista che più ha diviso pubblico e media a causa delle contraddizioni dei suoi testi, che andavano da tematiche politiche e sociali (i genitori erano attivisti radicali per i diritti dei neri) ad argomenti misogini e gangsta.
Difficile dunque il compito che spettava al regista Benny Boom (scelto probabilmente per la sua vicinanza al mondo hip hop dovuta ai diversi video girati, più che per la sua esperienza cinematografica), che ha cercato di mettere in scena la breve vita del rapper newyorkese.
Nato da genitori attivisti delle Pantere Nere (la madre Alice Faye Williams, a cui 2pac era legatissimo, il padre naturale, ma, soprattutto il patrigno, quel Mutulu Shakur, che per anni figurava tra i primi dieci ricercati dell'FBI) e dopo un'infanzia continuamente in fuga da un lato all'altro degli States (New York, Baltimora, Los Angeles), grazie soprattutto alla permanenza al corrispettivo del nostro liceo artistico a Baltimora (dove conosce e cementa l'amicizia con Jada Pinkett, futura attrice e moglie di Will Smith), Tupac sviluppa il suo talento per lo stile musicale del rap, che lo porterà ad esordire a nemmeno vent'anni con l'album 2pacalypse now.
Da qui un crescendo continuo, condito da conflitti con l'autorità di polizia, fino ad una condanna per molestie sessuali (da lui sempre negate, e il film sposa questa tesi) per le quali sconta nove mesi in un carcere di massima sicurezza, da dove uscirà solo pagando una cauzione da un milione e mezzo di dollari, anticipata da Suge Knight, boss della Death Row Records, altra figura mitologica della scena di quei tempi ("compare" anche nel film Straight outta Compton), noto per i suoi metodi spicci e la sua condotta violenta.
Proprio la firma con la Death Row sarà, indirettamente, l'origine dei problemi che causerà l'epilogo della storia di 2pac, dentro la nota faida tra rapper della east e della west coast, alla quale lui stesso contribuì, principalmente a causa dei dissidi con l'ex amico Notorius BIG, sospettato di aver organizzato un agguato a colpi di pistola contro lo stesso Shakur.
All eyez on me non è a mio avviso un film riuscitissimo. Lo è sicuramente meno, per fare un parallelo che resta nel genere, di Straight outta Compton.
A tratti si avverte qualche indecisione nel tratteggiare i momenti più controversi della vita di Shakur, mentre si indugia in altri francamente evitabili. La regia, più adatta ad un tv movie, non aggiunge nulla all'illustrazione della storia, al pari degli altri elementi tecnici (fotografia, montaggio), abbastanza scolastici. Persino la musica non è valorizzata quanto avrebbe potuto e dovuto essere, e questo, in un film così, è probabilmente il difetto maggiore.
Si salva la prova attoriale del quasi debuttante Demetrius Shipp Jr nella parte di Tupac, che ha dalla sua una formidabile somiglianza con l'artista interpretato.
Per il resto, da vedere giusto per chi ignori la storia e voglia farsi un'idea di massima sul personaggio.
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