Immarcescibili. Inossidabili. Imperituri. Per i Saxon si può tranquillamente utilizzare qualunque aggettivo che stia ad indicarne la longevità, a dispetto dei tempi e delle mode. Certo, ormai le band heavy metal che hanno debuttato nei settanta e che sono ancora in giro non si contano più, ma il combo dell'aristocratico frontman Byff Byford, pur non raggiungendo mai il successo planetario di colleghi come gli Iron Maiden e, in misura minore, dei Judas Priest (in uscita anche loro con una nuova release), hanno dalla loro, con ogni probabilità, la migliore reputazione possibile. Incarnano infatti il ruolo di autentici, granitici defenders of the faith, tra i pochissimi a non aver quasi mai derogato al credo metallico (al massimo qualche incursione nel glam/AOR, ma nella seconda metà degli ottanta era quasi impossibile non scivolarci sopra). I Sassoni sono soprattutto tra i pochissimi a non essere mai incappati in iato artistiche, macinando album su album, incuranti degli scenari musicali e delle stagioni che passavano, con una periodicità cronometrica, riuscendo a non fare mai passare più di tre anni tra un full-lenght di inediti e il successivo. Così facendo, dal 1979, anno di uscita del debutto eponimo, a questo Thunderbolt, hanno messo in fila ben ventidue titoli.
Potrebbe bastare questa premessa per fare intuire il contenuto dell'ultimo lavoro del gruppo, e invece voglio evidenziare come, pur restando entro un perimetro stilistico limitato (heavy metal con qualche incursione nel power e nell'epic), il lavoro di songwriting e di composizione messo insieme in cooperazione da tutti i membri del combo riesce ancora una volta ad essere convincente e graffiante, con un crescendo che raggiunge a mio dire il suo acme a metà tracklist, con il mid-tempo a tinte gotiche Nosferatu (The vampire waltz), il doveroso saluto al sincero amico di una vita Lemmy e ai suoi Motorhead, They play rock and roll e Predator, un'inedita collaborazione con Johan Hegg, singer degli Amon Amarth, che con il suo growling introduce un elemento di novità, ben amalgamandosi con il cantato classico di Byff. Da segnalare anche un pezzo dedicato a quei soggetti, anche loro in parte mitologici, che accompagnano le band nei loro interminabili tour: Roadie's song.
Come sempre, hats off for the Saxon!
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