Lunedì mi sono svegliato stanco e per niente ristorato, come del resto mi capita ogni mattina di quel giorno della settimana, e, onestamente, l'idea di uscire di casa per lavoro alle cinque e mezza e tornarci alla una per vedere il concerto dei Gaslight Anthem non mi metteva le ali ai piedi, per usare un eufemismo. Poi la giornata lavorativa è passata e mano a mano che ci si avvicinava all'ora di inizio dello spettacolo l'eccitazione del dinosauro rock ha cominciato a prevalere sulla sonnolente stanchezza strutturale che mi porto in giro da un pò.
Quindi eccomi all'Alcatraz giusto in tempo per vedere il secondo gruppo d'apertura (il primo erano i Bayside e l'ho perso): i Deer Tick. La supporter band arriva da Providence, Rhode Island ed è attiva da sette anni e cinque album, propone un improbabile look da impiegati di banca ma compensa con un sound intrigante, sospeso tra college rock, country, rockabilly e fumi psichedelici (il pezzo conclusivo). Li accogliamo con entusiasmo e i ragazzi sembrano apprezzare.
I Gaslight arrivano dopo una quarantina di minuti e attaccano con Stay vicious, pezzo slabbrato e acido che adoro visceralmente e che apre anche l'ultimo album Get Hurt. A seguire accendono la miccia con una versione dinamitarda di 59 sounds (nel corso del tour l'avevano proposta anche acustica) che fa letteralmente esplodere l'entusiasmo dei fan, esplicitato attraverso corposi singalong e spettacolari esibizioni di crowdsurfing (che continueranno per tutto il concerto). La scelta della band di picchiare duro ed accantonare la parte più introspettiva della propria identità appare evidente e bisogna arrivare a un terzo del concerto perchè i ritmi rallentino un pò, con l'attacco di Get hurt (altro pezzo monstre). Ma è una calma effimera, perchè i cinque riprendono subito a pestare con una Biloxi Parish dalla lunga coda strumentale che si fonde imprevedibilmente (e con mia massima goduria!) con War pigs dei Black Sabbath, proposta per le prime due strofe.
Prima del concerto avevo addocchiato qualche setlist del tour e, vedendo che si andava dai venticinque ai trenta pezzi per serata, mi ero figurato una gig che si sarebbe protratta per almeno tre ore. In realtà, dopo che la band ha infilato una mezza dozzina di brani nei primi quindici minuti ho realizzato che non ci sarebbe stata correlazione tra durata dello show e numero di canzoni suonate, anche per la singolare richiesta formulata da Fallon, e approvata dal pubblico, di saltare la liturgia degli encores (i bis) e suonare tutta la setlist in un'unica soluzione, dall'inizio alla fine.
Tornando alla cronaca del concerto, ho molto apprezzato la lunga ed avvolgente versione di Too much blood (su Handwritten) così come Selected poems e Sweet morphine, dall'ultimo (continuo a ripetere, ottimo) lavoro in studio. Il rammarico per l'orientamento punk-rock manifestato dalla band si concretizza tutto quando mi tuffo estasiato nella versione rallentata di Great expetactions, ovvero come tramutare una tirata rock in un gioiellino vagamente fifties. Poi l'esecuzione di 45 torna a sconquassare le fondamenta dell'Alcatraz e il trittico We're getting a divorce, you keep the diner; She loves you e The backstreets chiude la serata lasciandomi con diverse luci ma anche qualche ombra, che va oltre il rammarico per la mancata esecuzione di alcuni pezzi che amo in particolare (American slang, Ain't that a shame, Film noir, Wherefore art thou, Elvis; Blue jeans and white T-shirt).
I Gaslight Anthem (nonostante una certa staticità sul palco) hanno infatti scelto rumore e monoliticità in luogo delle altre sfumature musicali che sanno sicuramente esprimere. Capisco che sia un'opzione quasi fisiologica con una formazione a tre chitarre elettriche (che non vengono cambiate mai, nemmeno durante i lenti), ma, magari anche a causa della mia età, avrei preferito si fossero aperti ad un più ampio spettro sonoro, secondo me consono alle corde del gruppo e in particolare di Brian Fallon, come ampiamente dimostrato anche nel progetto parallelo degli Horrible Crowes. Ecco, a voler trovare un difetto alla serata mi limiterei a questo elemento, comunque non sufficiente a scalfire l'affetto per la band e il sano divertimento di vederla on stage.