Aldo Giovanni e Giacomo sono un po' di famiglia, a casa nostra. Alla fidelizzazione verso il trio che già da tempo coltivavo insieme alla sweet half, si è aggiunta la curiosità di Stefano, che, nel tempo, ha cominciato ad apprezzarli. Del resto non ci sono molti comici italiani che puoi fare vedere ad un bambino di nove anni. AG&G qualche parolaccia se la faranno anche scappare, ma di norma sono privi di quella volgarità di fondo e di quei doppi sensi stantii che sembrano essere l'unico volano sul quale agiscono quasi tutti gli altri. Oltre a questo, personalmente, riconosco ai tre di aver già lasciato ai posteri degli ottimi lavori, come lo spettacolo teatrale I corti e il primo trittico di film: tutte produzioni che resistono bene all'usura del tempo.
Poi (inevitabilmente?) la qualità della loro offerta ha cominciata a scendere, lenta ma inesorabile, contestualmente alla fuoriuscita dal gruppo di Marina Massironi, fino a toccare il punto di non ritorno di Anplagghed, spettacolo teatrale assolutamente terrificante, che ebbi la sfortuna di vedere anche a teatro.
Per tutte queste ragioni non nutrivo molte aspettative in questo nuovo tour teatrale che ha affollato le sale nella stagione scorsa e che è stato riproposto quest'anno nei cinema, in un'unica serata (il 16 ottobre).
Fortunatamente mi sbagliavo. Il trio infatti è riuscito a dare un colpo di reni alla staticità dello spettacolo precedente, riuscendo a realizzare uno show in cui si ride spesso e in cui i classici character che gli attori si sono assegnati, consolidandoli nel tempo, vengono riproposti senza risultare però stucchevoli. Lo schema è sempre quello dei quattro-cinque sketch corti, coordinati scenograficamente dalla regia, visionaria con moderazione, di Arturo Brachetti. Nonostante la grande simpatia, l'unica nota stonata è purtroppo rappresentata dalla Fallisi, moglie di Aldo e prezzemolino delle rappresentazioni, la cui presenza troppo spesso appare forzata e/o superflua.
Proprio a lei tocca la caratterizzazione caricaturale di una cinese che mi ha fatto tornare ai tempi in cui i neri africani venivano mostrati al pubblico in versione "zi buana", una modalità che, fortunatamente è oggi considerata offensiva. Chissà perché invece possiamo continuare a perculare i cinesi raffigurandoli come stupidotti che ridono sempre e mettono le L al posto delle R. Evidentemente, per la Cina, il politicamente corretto non è ancora vicino.
A parte questo dettaglio, i tre la portano a casa con classe e simpatia.
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