Ho nel cassetto un articolo della serie "i migliori della vita" che non sono mai riuscito a completare,principalmente a causa di un approccio eccessivamente dispersivo e aneddotistico che proprio non riesco ad arginare. Soggetto del post, l'album di debutto dei Doors. Motivo di tanta dispersività l'onda d'urto di ricordi che mi travolge quando parlo di questa band. Il gruppo californiano infatti, andando anche ben oltre i propri meriti effettivi, è quello, tra le bands e gli artisti storici dei settanta, che più ha segnato, almeno nella mia realtà di paese, un certo modo di ascoltare musica fuori dagli schemi. Oggi sembra incredibile, ma quando avevo dieci, undici anni (nonostante fosse passato già del tempo dalla morte di Morrison) ascoltare questa band rappresentava per molti una forma di ribellione, di appartenenza ad un mondo chiuso a genitori ed adulti, una realtà alternativa a quella reale.
Personalmente, ancora sospeso tra l'infanzia e l'adolescenza, percepivo i Doors come un gruppo indecifrabile e pericoloso. Era il gruppo che ascoltavano i più grandi, quelli che a scuola facevano i bulli, quelli con le toppe sui giubbetti di jeans, quelli che al parchetto invece di giocare a calcio si facevano le canne e magari anche qualcosa d'altro. I Doors mi attraevano (la curiosità del proibito, suppongo) e mi respingevano (non avevo assolutamente nulla a che spartire con quelli che li ascoltavano) allo stesso tempo, per questo il mio ingresso nel loro sciamanico universo non fu immediato.
Sono un po' queste le prime cose alle quali ho pensato stamattina, quando il radiogiornale ha riportato la notizia della morte (a 73 anni) a Ray Manzarek, il tastierista dei Doors, nerd del gruppo, anima dell'aspetto prettamente musicale della band ed autore del caratteristico sound nel quale Morrison dispiegava le liriche delle sue allucinate ispirazioni.
Mi fermo qui con ricordi e celebrazioni dell'artista, perché dalla morte del Re Lucertola in avanti per Ray (fatta salva la partecipazione al primo disco degli epici X) sono stati solo passi che andavano dal falso (i dischi con la vecchia ragione sociale, senza Jim) all'imbarazzante (la "reunion" con alla voce prima Ian Astbury dei Cult e poi un cantante proveniente da una cover band americana dei Doors)
Non sono bravo coi coccodrilli, ma insomma, ho un forte legame con il suono che Manzarek ha saputo creare (soprattutto nei primi due dischi dei Doors) e che ha caratterizzato una parte importante degli inizi della mia perlustrazione dell'universo musicale.
Per questo motivo, anche se Ray aveva smesso da decenni di essere artisticamente rilevante , la sua morte non mi lascia indifferente.
2 commenti:
E' vero : da tempo ormai Manzarek viveva solo del suo passato.Tuttavia, questa perdita, colpisce soprattutto, almeno per quanto mi riguarda,per quelle fortissime suggestioni che la musica dei Doors e l'organo di Ray hanno dato alla mia formazione musicale(e non).Perchè è indubbio che certo rock, ascoltato a 14 anni, un segno,indelebile, lo lascia. Mi è spiaciuto tanto, un altro pezzo della mia (nostra) storia che se va per sempre.
Condivido. Soprattutto quando ti
riferisci all'imprinting che lascia
il rock nella testa e nel cuore
di un adolescente.
:D
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