Concepito come un vero e proprio saggio che si pone l'obiettivo di scandagliare e tradurre ai curiosi che ignorano il mondo metal, ma anche come testo di riferimento per adepti, L'estetica del metallaro di Luca Signorelli (omonimo del pittore ed ex redattore dell'edizione italiana di Metal Hammer) non colpisce il centro del bersaglio, ma risulta comunque una lettura originale e fitta di citazioni che coniugano felicemente cultura alta e bassa.
Il libro è strutturato per argomenti/sezioni che affrontano diversi aspetti della musica metal. Il difetto principale del volumetto (149 pagine) è senza'altro quello di risentire molto dell'orizzonte temporale trascorso tra la sua pubblicazione (1996) e il panorama attuale, e di come questo inevitabilmente influisca sulle valutazioni storiche in seno agli esperti del genere. Chiaramente questo elemento non si può imputare al suo autore, ma, per fare un esempio, dovessimo oggi parlare dei 25 album metal più rilevanti degli ottanta e dei novanta, difficilmente parleremmo degli GWAR, degli Accept o dei Raven come invece Signorelli fa nella lista in coda al libro. Lo dico da un punto di vista oggettivo, al netto dei gusti personali che ovviamente sono sacri. Un altro aspetto che è presente ma che avrebbe potuto essere ampliato è quello delle missive che i lettori inviavano a Metal Hammer. Chi ha letto per un pò le riviste metal sa che spesso le mail erano la parte migliore di quel tipo di stampa e dare maggiore spazio all'idea di utilizzarle avrebbe forse giovato alla scorrevolezza della lettura.
Poi c'è il fatto che in qualche occasione l'autore (non so quanto provocatoriamente e quanto invece per convincimento) si spinga in giudizi netti quantomeno discutibili, come quello sui Clash, definiti sostanzialmente un gruppo di merda o sulla deriva dei Metallica il cui black album viene liquidato come un'opera che qualunque garage band avrebbe potuto incidere. In compenso, e in questo rilevo un certo snobismo, si pontifica sulla musica degli Anal Cunt o sull'impatto pop-culturale di band come i GWAR. Fa un pò parte del kit del critico massacrare fenomeni di massa e celebrare band inascoltabili, ma insomma alla lunga il gioco risulta stucchevole.
Per cui alcuni capitoli del libro provocano noia per eccesso di nozionismo cerebrale (la parte sui cartoni animati giapponesi o "We are the roadcrew") o irritazione per palese contrasto con le opinioni espresse (ad esempio il capitolo sui Metallica o i giudizi reiterati sui Clash), ma in altri la lettura è realmente appassionante e "istruttiva" ( segnalo "40 motivi per odiare il metallo"; "Le mutande di peluche" o "Death Metal parte 2").
Al netto delle critiche che ho qui sommariamente elencato, L'estetica del metallaro è comunque una lettura consigliata a quanti vogliano approfondire i temi correlati alle moderne musiche popolari, anche attraverso un testo tranciante, provocatorio e un pò verboso. Sarebbe interessante, questo sì, un suo seguito aggiornato all'era internettiana.