venerdì 11 febbraio 2011

Drifting from the rural route


I Legendary Shack Shakers sono un gruppo americano (from Paducah, Kentucky) dedito ad una malsana contaminazione tra i peggiori (affettuosamente inteso) generi del sud degli states. Nati come formazione rockabilly hanno in seguito abbracciato un po’ tutti i generi tipicamente rurali: dal country, al blues, all’hillbilly,al blugrass. Ognuno di essi regolarmente violentato da una costante ferocia esecutiva. Per quelli a cui piacciono le etichette, la loro è chiamata cowpunk.
Noti per gli show adrenalinici, annoverano tra i loro fans gente come Robert Plant e Jello Biafra (Dead Kennedys, per chi provenisse da marte).

Con AgriDustrial arrivano,inossidabili, al sesto album aumentando, se possibile, i numeri di giri della loro incredibile centrifuga.
Dopo un breve prologo(Melungeon Melody) si parte con una veloce armonica blues che sta dietro ad un ritmo rockabilly, è Sin Eater.

La successiva Sugar Baby si avventura sul terreno del blugrass, mentre il combat folk anima la anthemica Dixie Iron Fist, e Two Tickets To Hell è la ballata spettrale in odore di Shane Mac Gowan. Si affaccia qua e la anche lo yodel, o in qualche caso (Greasy Creek) sarebbe più opportuno coniare il termine di heavy-yodel.

Le ritmiche sono ossessive, l’approccio quello di un Johnny Rotten ventenne e sfrontato. Non esistono perimetri o steccati per la musica dei Legendary. Capita perciò che Hammer and Tongs possa sembrare un pezzo dei Primus con alla voce Nick Cave mentre i semi rumoristi di Tom Waits siano piantati un po’ per tutto l’orto del combo (Hog-Hayed Man; The Hills of Hell; la conclusiva Killswitch).

Laddove in molti finiscono, i Legendary Shack Shakers iniziano a scaldarsi. Dovendo coniare uno slogan che spieghi la band, opterei per questo.

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