Rival Sons...Rival Sons...
Ma io niente! Qualche ascolto distratto e controvoglia, che aveva la stessa possibilità di accendere una scintilla di quella che si otterrebbe sfregando due legnetti sotto il diluvio.
Questa volta invece, chi lo sa, forse era semplicemente arrivato il momento.
Fatto sta che appena licenziato Feral roots (si parla di fine gennaio) l'ho messo sotto e ancora oggi resta tra i miei ascolti top.
La band californiana (Long Beach) si inserisce indubbiamente nel filone retro rock che tanto ci piace e che tanto ci fa storcere il naso, ma lo fa con una consapevolezza dei propri mezzi ed una cassetta degli attrezzi (sound + songwriting) per i quali ogni polemica sta a zero.
E' vero, come molti hanno fatto notare, che Feral roots parte a razzo con un pezzo ruffiano ed irresistibile (Do your worst), ma è altrettanto vero che il bello arriva scorrendo la tracklist, con l'apice massimo che a mio modestissimo parere ti si schianta contro nella tripletta delineata dalle traccie numero quattro, Look away, cinque, Feral roots, e sei, Too bad.
Dentro il mood sfrontato e arrogante dei RS ci sento tanto rock del passato, magari non necessariamente nei pattern copia carbone, ma sicuramente a livello dell'impatto emotivo di gruppi quali Rolling Stones, Led Zeppelin, Black Crowes, Bad Company, ma anche Black Keys di El Camino (Sugar on the bone è in questo senso inequivocabile).
Uno dei dischi del 2019?
Pur essendo solo a Marzo, io azzardo un sì convinto.
1 commento:
Che copertina atroce
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