giovedì 29 aprile 2010
Atterraggio d'emergenza
mercoledì 28 aprile 2010
Devil in his closet
Il primo recupero è caduto su John Campbell, spigoloso (nel carattere) chitarrista e cantante, nato nel 1952 in Louisiana e prematuramente morto a soli 42 anni per un attacco cardiaco sopraggiunto mentre dormiva nel suo letto, in un appartamento a New York City.
One believer è il suo album del 1991, segue l'acclamato esordio di A man and his blues ed è un opera che, pur restando nella sua cifra stilistica iniziale ( il blues appunto) , si muove in altre oscure direzioni, quelle di norma battute dalle ballate più notturne di gente come Nick Cave, Tom Waits, Willy De Ville e Johnny Cash.
L'apertura è per il blues elettrico Devil in my closet, stile alla Elmore James e liriche che vestirebbero alla perfezione un brano di Robert Johnson, Angel of sorrow e Wild Streak invece potrebbero stare dentro Murder ballads del King Ink (che uscirà diversi anni dopo il disco di Campbell).
E' facile cadere nella capziosità dell'allegro rock and roll di Couldn't do nothing, che distrae con la spensieratezza del sound fifties ma l'accompagna con un testo del tutto adeguato al resto del mood del disco ( I couldn’t do nothin’ but sit down on the road and cry ).
Person to person è l'unica cover del disco, ed è giustamente un tributo a Elmore James mentre Take me down è il classico lentaccio blues che ha come tema conduttore il diavolo che reclama la tua anima.
Da riscoprire.
martedì 27 aprile 2010
Lazy
It's never too late to mend, i Muse
lunedì 26 aprile 2010
Get lost again
Dal 26 aprile, sulla seconda rete Rai, parte 'Lost by night': due episodi ogni notte, da lunedì al venerdì, intorno all’1:55 della serie tv 'evento' del decennio, per rinfrescare la memoria in attesa della sesta stagione.
This note's for you, Ciccio! part 2, ovvero The other side of the story
Quella storia non sono sicura di ricordarla tanto bene. Ricordo che si parlava di questa tournè acustica e meravigliosa di Springsteen, sembrava unica, irripetibile. Ciccio, il mio migliore amico, mi disse che avrebbe tanto voluto andare a vederlo.
Sembrava un’operazione impossibile: pochi, pochissimi biglietti venduti in maniera a dir poco bizzarra, ricorrendo a tagliandi, controlli, carte d’identità, impronte digitali, fotografie della retina etc. Evidentemente le sfide mi piacciono, perché mi buttai nell’impresa dedicandomi anima e corpo: ascoltavo la radio, leggevo i giornali e bazzicavo i negozi di dischi in cerca di notizie, che arrivavano centellinate e come spesso accade, si modificavano ed ingigantivano passando di bocca in bocca: “Ci saranno solo 100 biglietti!” si mormorava, “No, saranno 50!”, “I biglietti non ci sono!” e così via. Il panico serpeggiava tra i poveri ammiratori di Bruce e presto me ne feci prendere anche io, che non sono una fan sfegatata, anche se mi piace. Se Ciccio era nervoso per quel motivo è difficile dirlo, comunque ci sentivamo quasi tutti i giorni per aggiornare la situazione, manco fossimo in guerra e dovessimo preparare una strategia di battaglia.
Così gli chiesi se era possibile per lui procurarsi due biglietti. Gentilmente accettò di condividere il secondo biglietto con Ciccio, ammesso che fosse riuscito a procurarsi il primo.
Avrei potuto rilassarmi forse, ma ormai ero entrata in una specie di paranoia da biglietto: cominciavo perfino a sognarlo, quel maledetto tagliando, mi stava venendo un’ansia tremenda.
Per fortuna dopo un mese l’attesa finì e finalmente un giorno Monty mi chiamò tutto contento per dirmi che ce l’aveva fatta. Inutile dire che ero trionfante, dopo tanta fatica! Non avevo fatto nulla in concreto, ma in qualche modo avevo fatto sì che Ciccio avesse il suo biglietto.
Lo “scambio” avvenne al Lollapaloosa, un locale di Milano a pochi metri dal Teatro Smeraldo che avrebbe ospitato il Boss e destinato qualche anno più avanti a diventare parte della venefica e caciarona movida meneghina.
Contenta e soddisfatta accompagnai i due giovani verso il teatro e me ne andai saltellando.
-Ciao.
-Ciccio! Ma che ci fai a casa? Hanno annullato il concerto?
-No, è che io…me ne sono andato.
Inutile dire che rimasi di sasso, esplosi come un vulcano e tolsi il saluto al mio amico per un mese (anche se all’inizio avevo pensato di eliminarlo totalmente dalla lista degli amici). Ancora oggi non conosco i motivi della sua rinuncia a quel sudatissimo evento. Ma suppongo, conoscendolo, che fossero ottimi. Io però non credo che gli cercherò il biglietto per il primo concerto di Springsteen su Marte.
giovedì 22 aprile 2010
MFT, aprile 2010
ASCOLTI
Crookers, Tons of Friends
Goldfrapp, Head First
Fucked up, Couple tracks 2002/2009
Lady GaGa, The Fame Monster
Pan del Diavolo, Sono all'Osso
James Ellroy, Il Sangue è Randagio
Kent Anderson, Simphaty for the devil
VISIONI
Lost, stagione conclusiva
Flash Forward, prima stagione (seconda parte)
Dexter, quarta stagione
mercoledì 21 aprile 2010
Carini e coccolosi
Le storie sono ambientate all'interno dello zoo di Manhattan e la scelta vincente di questo prodotto (Dreamworks/Nickelodeon) è quella di dare titolarità ai comprimari del lungometraggio, di gran lunga i personaggi più comici e riusciti di tutto il pacchetto. Mi riferisco ovviamente ai quattro pinguini, che, in contraddizione dell'immagine che abbiamo generalmente di questi animali goffi e simpatici, sono rappresentati come un corpo militare esperto, addestrato e pronto a tutto, diviso in ruoli gerarchici ben definiti (Skipper è il leader del gruppo; Kowalski il tecnico che ha sempre una soluzione ai problemi logistici e tattici che Skipper gli sottopone al grido di: Kowalski! Opzioni? ; Rico è l' armiere, rigurgita oggetti di qualsiasi tipo; Soldato è giovane ed ingenuo, ubbidisce ciecamente agli ordini ), ma che, agli occhi dei visitatori dello zoo, appaiono come dei normalissimi pinguini addestrati (la metamorfosi da macchine da guerra a innoqui peluches scatta all'ordine di Skipper: Carini e coccolosi ragazzi, carini e coccolosi!).
Ma ancora più dei pinguini il mio idolo assoluto è il lemure Re Julian inisieme alla sua corte di servitori: l'anziano e saggio Maurice e il giovane Mortino, vittima desgnata (ma entusiasta) per ogni tipo di umiliazione finalizzata a soddisfare i capricci del Re lemure. Julian a mio avviso è uno dei personaggi di cartoon più interessanti degli ultimi tempi. Capriccioso, narciso, egoista, viziato, ma anche geniale, irresistibilmente simpatico e fuori dagli schemi, con le sue danze sfrenate, la sua ricerca ininterrotta di godimento e i suoi ammiccamenti erotici (!).
Ogni cartone dura circa 10 minuti, ne sono state già prodotte quattro stagioni per un totale di una sessantina episodi, solo una parte di esse tradotte in italiano. Nel nostro paese sono trasmesse in chiaro da Italia Uno e da Nickelodeon(pacchetto Sky). In alternativa in commercio si trovano i dvd che conengono una decina di episodi ciascuno.
Consigliato a chi ancora si diverte coi cartoons.
lunedì 19 aprile 2010
This note's for you, Ciccio!
La trafila che seguiva la comunicazione del promoter del caso era quella di organizzarsi per le file davanti ai botteghini, prepararsi a passare ore e ore all'adiaccio, e infine sperare che tutti questi sforzi venissero premiati dalla conquista dell'agognato ticket dello show.
Davanti a questa premessa, provate ad immaginare in quale sconforto siano precipitati gli Springsteeniani nel 1996 (e poi nel 1997) quando, a seguito dello straordinario ritorno all'acustico di Bruce ( l'ultimo prima del trapianto di capelli) con l'album The ghost of Tom Joad, veniva annunciato anche in Italia un tour, non nei palazzetti o negli stadi, ma nei teatri.
Questa scelta (artisticamente legittima, dato il mood del concerto) faceva precipitare la capienza a poche migliaia di posti, e con essa sbriciolava, riducendola a numeri infinitesimali, la possibilità di avere accesso allo spettacolo. Spettacolo al quale, tra l'altro, i fans storici non potevano e non volevano in alcun modo mancare, data l'eccezionalità dell'evento. Un concerto acustico di Springsteen era un'intimità che ci sognavamo di notte e che ci faceva svegliare la mattina successiva bagnati per l'eccitazione
Senza pensarci due volte chiamo il negozio di Verona che mi conferma le disponibilità. Dico che arrivo da Milano e chiedo la cortesia di tenermi da parte anche solo un biglietto che tempo un paio d'ore sono lì. Col cazzo, mi rispondono. Non si può.
Devo andare lì personalmente, e anche in fretta, non ho alternative. Ci sarebbe anche il problema del lavoro, il mio turno inizia alle 12 e sono quasi le 10. Chiamo il capo e chiedo urgentemente un giorno di ferie inventandomi il classico nonno malato. Il mio boss (quello vero, non Springsteen) mi risponde come il bigliettaio di Verona. Faccio spallucce e mi immetto sulla A4 alla massima velocità consentita (non dal codice della strada, ma dalla mia vecchia Ford). Per le giustificazioni al lavoro ci sarà tempo e modi più avanti.
Gli dico, guarda che io sono di Milano, che faccio, vengo a Verona in macchina a prendere il pullman per lo Smeraldo? Sticazzi risponde lui. Vabè replico io. E compro due pacchetti completi per la modica somma di quasi trecentomilalire (che si vanno a sommare alla giornata di lavoro non pagata, a voler essere pignoli). Arrivato a quel punto comunque, niente avrebbbe potuto fermarmi.
Il secondo pacchetto lo prendo ad occhi chiusi per l'amico Patrizio, certo che nemmeno lui si voglia perdere il concerto della vita e anzi mi ringrazierà in eterno per questa chance che gli ho concesso senza sforzo alcuno da parte sua. A conti fatti, beh, sopravvaluto il suo affetto per Bruce. Quando lo chiamo e gli dico entusiasticamente che con la modica somma di centocinquantamilalire può avere il suo biglietto, mi risponde lapidariamente alla stessa maniera del bigliettaio di Verona e del mio capo (allora è un vizio!).
Ad ogni modo non sono preoccupato che mi resti tutto l'ambaradam in mano, con la febbre da ticket che si è scatenata, di certo il biglietto lo piazzo, alla più sporca il giorno stesso del concerto fuori dal teatro. Ad ogni buon conto, mi facilita le cose la Lisa. L'amico Christian (personaggio sulla cui fede Springsteeniana nessuno osa sollevare obiezioni) è rimasto senza tagliando e sarebbe ben felice di comprare il mio in eccesso. Affare fatto.
Nel tardo pomeriggio del giorno del concerto (11 aprile 1996) ci si trova fuori dallo Smeraldo e si regola la transazione. Più tardi, finalmente, io entrerò per occupare il mio agognato posto in platea, mentre Christian (Ciccio per gli amici) invece no. Ma...beh, questa è un'altra storia, e non posso essere io a raccontarla.
domenica 18 aprile 2010
Che barba che noia, mr president
Probabilmente anche la scelta di partecipare ad un funerale piuttosto che ad un altro fornisce indicazioni su che tipo di personaggio politico sia Berlusconi (lo sottolineo non per me, ma per quelli che ancora non l'hanno capito). In prima fila e inquadratissimo dalle telecamere alle esequie di Mike Bongiorno, il cavaliere non è mancato ovviamente nemmeno a quelle di Raimondo Vianello (personaggio che, a differenza del presentatore di Rischiatutto, considero degnissimo, a parte lo scivolone di quella clamorosa marchetta, postata in alto insieme a quelle di Mike Bongiorno,Ambra Angiolini, Mel Brooks e molti altri, a favore di Silvio all'indomani della sua "discesa in campo").
I funerali ai quali il presidente scelse di non partecipare, sono invece quelli di uomini come Antonino Caponnetto, che creò e coordinò il pool antimafia all'interno del quale operavano Falcone e Borsellino, deceduto nel 2002 nell'agghiacciante indifferenza delle istituzioni. A discolpa dell'uomo di Arcore c'è però da ammettere che nessuno dei presenti a quei funerali avrebbe accettato, al contrario della povera Sandra, le sue viscide carezze.
venerdì 16 aprile 2010
By request
Complice la mia assoluta ignoranza nel campo "storia dell'hard rock", entrambi gli album mi appassionarono da subito, arrivando in breve a diventare una mia fissa del periodo.
Stay Hungry aveva un bel tiro, oggi posso dire che miscelava abilmente riferimenti al glam rock (non si chiamava ancora hair metal) dei maestri, espressione quindi di semplice ma efficace rock and roll al fulmicotone, a riffoni più dilatati e pesanti, mutuati senza ombra di dubbio dai Black Sabbath, oltre a qualche pezzo in classico stile N.W.O.B.H.M. . La band si presentava con un look particolare, non erano esattamente glam, si agghindavano con coloratissimi vestiti a brandelli e vistoso trucco sul viso, sembravano dei mutanti sopravvissuti a qualche conflitto nucleare, ma il tutto filtrava in modo quasi sarcastico, irriverente, erano davvero improbabili così conciati. Un misto tra la famiglia di Sly Stone e Chuck la bambola assassina. Che fosse cattivo gusto o provocazione intenzionale, non è dato saperlo.
Tornando al disco, i brani più famosi sono gli anthem We're not gonna take it, traccia per la quale ricevettero dure critiche da parte di qualche associazione bigotta in quanto avrebbe istigato i giovani a ribellarsi alle autorità ai genitori o alla scuola (a ripensarci oggi viene da sorridere ) e I wanna rock, oltre alla ballatona The price.
Ottime e corpose anche la title track, Burn in hell (eccoli, i riffoni alla Iommi), la lunga suite in due parti Horror-Teria e The beast.
Stay hungry non è certo un disco seminale, ma ha il suo perchè, rispetto a molti altri che fanno riferimento a questa stessa tazza da tè.
Un'opera da riscoprire, magari nella sua edizione celebrativa avvenuta nel 2004 a vent'anni esatti dalla sua prima pubblicazione. In questa replica infatti, la band ha reinciso tutti i pezzi restando fedele alle versioni originali, ma con una qualità sonora nettamente migliore e con l'aggiunta di sette bonus tracks.
P.S. Prima di scrivere il post ho dato un occhiata alla scheda del gruppo su wikipedia Italia. Ho scoperto elementi molto interessanti, come ad esempio il fatto che la band è nata nel lontano 1973 e che il chitarrista e fondatore Jay Jay French prima di radunare il combo era stato scartato da un provino per entrare a far parte della band embrionale dei Kiss.
mercoledì 14 aprile 2010
Shoot to thrill
Durante una riunione, quasi per scherzo, qualcuno fa una battuta sulla roulette russa. Katy comincia seriamente a pensare di costruirci sopra un reality show. Sembra una pazzia, un progetto irrealizzabile, un muro troppo alto da scalare dal punto di vista burocratico e legale. Un limite mediatico e di buon senso invalicabile. La Mendez invece ci crede, riuscendo con la sua caparbietà a piegare la volontà di chiunque dentro e fuori il network, usando la pubblicità negativa ancora meglio di quella positiva, agendo sull'ego smisurato di avvocati e dirigenti, riuscendo a contagiare anche i pubblicitari che alla fine pagheranno a peso d'oro per il loro spazio nel programma.
Le regole del reality sono costruite per essere tremende, spietate. Sei concorrenti, una pallottola dentro una magnum 3.57. Ai cinque vincitori vanno cinque milioni di euro ciascuno, al perdente (beh, ai familiari del perdente) assolutamente nulla.
Sceneggiato e diretto da Bill Guttentag, Live! è un film interessante, anche se imperfetto. Girato quasi interamente come un docufilm (camera a spalla giustificata nella storia da un operatore che segue passo passo la Mendez/Katy), fa della critica sociale e della deriva assunta ormai stabilmente dai media televisivi il suo obiettivo principale.
Ha anche il merito di rivelare dettagli poco noti dei programmi delle tv commerciali: gli spazi da dare agli sponsor contestualizzati alla durata dello show, il ruolo del Buraeu delle telecomunicazioni (il famigerato FCC sfanculato anche da Steve Earle in un suo brano), degli uffici legali, dei politici, dei manager. Nelle clip di presentazione dei concorrenti ritroviamo gli stessi stucchevoli filmati mandati dai vari Grandi Fratelli italiani, insomma ci rispecchiamo negli stessi mix artificiali di posticcia commozione/empatia di qualunque altro reality.
Quello che non va nel plot è il progressivo venire meno, troppo semplicisticamente e senza molte spiegazioni, di tutti gli ostacoli razionali che si frappongono tra un idea come quella di portare la roulette russa in tv e il metterla in pratica. Siamo davanti ad un'estrema provocazione, d'accordo. Ma nel momento in cui scegli di contestualizzarla a questa realtà (e non al futuro o ad una realtà alternativa, come in altre opere analoghe) e scegli di spiegare al pubblico tutti i tecnicismi che stanno dietro le macchine da presa di uno studio tv, allora secondo me ti devi sforzare un pò di più di superare l' incredulità dello spettatore.
Due parole in conclusione sulla Mendez, brava ma che ha gioco facile, completamente padrona della scena nei suoi eleganti tailleur da dirigentissima. Un pò troppo di contorno tutti gli altri.
Finale, all'insegna del binomio biblico redenzione & castigo, da dimenticare.
martedì 13 aprile 2010
Steve & Sarah
Secondo me è per via degli stivali. Sospetto abbia ereditato questa debolezza dal papà.
lunedì 12 aprile 2010
More pop than country
La formula è quella delle due voci, maschile e femminile, tanti cori e sovrapposizioni vocali, liriche esclusivamente orientate alla love thing. Il tutto molto levigato e con tutte le note al posto giusto. Non c'è niente di formalmente sbagliato in Need you now, fatto salvo che si fa fatica a capire per quale ragione questa roba debba essere considerata in qualche modo country. Davvero uno sporadico violino e una dodici corde piazzata abilmente qua e là bastano a giustificarne il suo inserimento negli scaffali informatici di questo genere? A quanto pare, almeno per i redneck o i truckers americani, sì.
Detto questo, il secondo album dei Lady Antebellum (una delle più brutte ragioni sociali mai coniate) si può anche ascoltare (dal mazzo estraggo Need you now, Hello world, Our kind of love, Something 'bout a woman) è il tipico disco da tenere in sottofondo mentre fai altro, poco invasivo, prevedibile e dalla longevità della neve all'inferno (cit.).
venerdì 9 aprile 2010
Evergreen
P.S. Quella allegata non è la cover dell'album ma del singolo, l'ho messa perchè mi garbava di più
giovedì 8 aprile 2010
Un centesimo per i tuoi pensieri, Giorgio
Il Presidente poi ha iniziato ad handicap il suo mandato, senza cioè l'opportuna ampia condivisione delle forze politiche attorno alla scelta del suo nome e con i falchi della destra che strumentalizzavano a prescindere questa scelta, ancora prima che muovesse i primi passi con la nuova carica.
Questa situazione ha significativamente condizionato il suo operato, vincolandolo, in nome del rispetto della libera espressione di voto, ad un complicato esercizio di equilibrismo ed a una gestione troppo spesso meramente burocratica delle decisioni. Si è preso pochi rischi, ha avuto pochi slanci di orgoglio, ha pronunciato pochi no. Tutto al contrario di quanto fece Oscar Luigi Scalfaro, democristiano fino al midollo, ma che potè condurre una lotta senza quartiere andando a costituire un insperato argine contro l'avanzata del nuovo autoritarismo di Berlusconi, Bossi & co., anche attraverso iniziative al limite (se non oltre) del legittimo.
Questa lunga premessa per dire che, ecco, non sono un contestatore della prima ora del caro Giorgio, ma che adesso sto cominciando ad averne pieni i maroni (e non mi riferisco al ministro dell'interno) anch'io.
La cialtroneria del legittimo impedimento, dopo qualche rinvio, è stata approvata. E' stato ancora una volta sancito che il cittadino B. è più uguale di tutti gli altri cittadini del nostro paese. Per il Presidente della Repubblica non ci sono più dubbi di incostituzionalità.
Per i PM di Milano invece persistono dei forti dubbi, tant'è che insistono su questo punto. Se alla fine dovessere avere ragione loro (i PM) , e l'incostituzionalità fosse quindi sfuggita dalle maglie della verifica del Presidente, allora si che la misura da colma comincerebbe a tracimare.
mercoledì 7 aprile 2010
Per tutto il resto...
domenica 4 aprile 2010
L'allenatore nel dragone (rigorosamente in 2D, neh!)
venerdì 2 aprile 2010
And nothing gets me down
Qualcuno volò sul nido del cuculo
giovedì 1 aprile 2010
Scoop
RICONTATI I VOTI NEL LAZIO E IN PIEMONTE: LE VITTORIE VANNO ALLA BRESSO E ALLA BONINO!