Sono un po’ in ritardo, ma il tempo è quello che è.
Qualche giorno fa su Repubblica una bella inchiesta sul lavoro nero in edilizia. Un giornalista ha fatto per un mese il muratore in nero sotto caporalato a Milano e hinterland.
Dal reclutamento in piazzale Lotto alle cinque, al lavoro in cantiere dalle sette alle diciassette. La prima settimana non è pagata (è di prova!), poi la paga è di 3-4 euro all’ora. Il primo stipendio dopo circa due mesi.
Nessuna sicurezza, nemmeno il casco di protezione e tanto lavoro, finchè non piangi per la stanchezza. Se iti fai male ovviamente niente ospedale, che sennò metti nei guai caporale e cantiere.
I colleghi tutti stranieri, africani, est europei. Ognuno si fa i cazzi suoi, non c’è tempo per socializzare. Nella mezzora di pausa dagli zaini odori e profumi delle schiscette di mezzo modo, dal cous cous alla michetta con la mortadella.
Sono cose che si sanno, mille morti per lavoro all’anno in Italia (di cui cicra un terzo nei cantieri) ma sarebbe aberrante farci l’abitudine.
E’ intervenuto Damiano.
Ieri altri due morti.
Ieri altri due morti.
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