I Gojira, band francese proveniente dalla regione meridionale dell'Aquitania, lavora duro da anni per imporsi all'attenzione di una platea, quella del metal non necessariamente estremo ma di certo anticonvenzionale, che normalmente presta più attenzione ad altre latitudini geografiche.
Il gruppo, grazie ad un cammino costante e sempre più autorevole dal 2001 a oggi, attraverso l'intensa attività live e il rilascio di sei album e una manciata di EP's ha compiuto un percorso di crescita con pochi eguali nell'ambito del genere musicale di riferimento, che l'ha portato anche a misurarsi con iniziative irrituali come musicare dal vivo il film muto Maciste all'inferno (1925), e uno split EP dal vivo con gli ottimi Kvelertak.
Normalmente inquadrati nel filone death/thrash, nonostante da questo genere il combo si differenzi per molti aspetti, i Gojira con Magma prendono ulteriormente (definitivamente?) le distanze da quello stile, senza a mio avviso perdere un grammo di identità, ma rallentando un pò i pezzi (al netto di The cell e Stranded, in piena continuità con la velocità e l'aggressività dei dischi precedenti) e facendoli marinare in un mood solenne, cadenzato, ipnotico, dove il cantato del singer Joe Duplantier si fa così pulito da apparire quasi ecclesiastico.
L'album, composto da dieci tracce di cui due strumentali (Yellow stone e la conclusiva Liberation, sulle tracce dei Sepultura etnici di Roots), è estremamente affascinate e suggestivo, pezzi come The shooting star, Magma o un Silveira dal tema arabeggiante, faranno probabilmente scappare a gambe levate i fanatici del death, ma spero davvero possano far avvicinare al groupe numerosi nuovi fan, in virtù non solo delle atmosfere al tempo stesso tese e rarefatte sprigionate, ma anche del drumming stratosferico del batterista Mario Duplantier (fratello del cantante).
Fin qui, probabilmente il mio disco metal dell'anno.
Nessun commento:
Posta un commento