domenica 11 gennaio 2009

Out of the darkness


A sorpresa, il disco che sto ascoltando di più in questi primi giorni del 2009, è quello che mi aveva maggiormento deluso al termine dello scorso anno. Chinese democracy dei Guns 'n roses. Complice anche una copia iniziale che non era un fake, ma aveva meno canzoni e ordinate in modo diverso, il primo approccio era stato devastante. Per dire, l'album iniziava con Better, che davvero con in GnR sound ha le stesse affinità che può avere un assolo di cornamusa in un disco dei Cannibal Corpse.

Ma quella manciata di brani qualche seme di curiosità deve averlo comunque seminato, se ho persevarato nell'ascolto, dandogli altre chance. Possibilità che in questi tempi di bulimia musicale (cit) concedo a pochi.

Il disco è studiassimo nota per nota, levigato, campionato e prodotto in ogno sua sfaccettatura. Nei diciassette anni di lavorazione che ci sono voluti per farlo uscire, ci deve aver messo le mani sopra ogni singolo professionista degli studi di registrazione che vive in California. Al di là del fatto che Axl Rose è uno schizzato come pochi, deve essere andato molto vicino alla pazzia, a pensare continuamente per tre lustri sempre alle stesse canzoni, e non riuscire a concluderle come voleva (o come imponeva la major).

Il lavoro è aperto da due pezzi tirati, vagamente "industrial", come è di moda oggi: la title track e Shackler's revenge.
Segue la controversa Better, forse il brano più pop del disco, alla fine una buona melodia, ma davvero spiazzante.
Con Streets of dream, If the world e There was a time il ritmo si rallenta, la prima e la terza sono lentacci che enfatizzano stile e voce caratteristici di Axl.
Altre segnalazioni le spendo per Catcher in the rye (appena avrò tempo di leggere il testo capirò cosa centra l'opera di Salinger), Rian n' the beduins, I.R.S (l'agenzia delle tasse americana?) e l'altro slow This i love.

In definitiva penso che molte delle critiche destinate all'album siano state un pò "telefonate" e preventive. Diciamocelo, nessuno al mondo, tra gli appassionati di rock e gli addetti ai lavori si aspettava un Appettite for destrucion 2. Quel disco era frutto irripetibile di un momento, di una fase creativa, di un gruppo di musicisti scopati dall'ispirazione. Cazzo, sono passati vent'anni ed è rimasto solo il cantante, che tra l'altro è suonato come un gong, davvero speravamo di sentire la nuova It's so easy?

Non so se tra dieci o vent'anni Chinese Democracy verrà rivalutato (so di bestemmiare, ma anche il pluricelebrato Pet Sounds dei Beach Boys, giusto per fare un esempio, fu distrutto dalla critica per la sua iper produzione e perchè lontano dal sound della band e più di recente, Nevermind dei Nirvana alla sua uscita fu accolto tiepidamente) oppure no.
Di certo qui non siamo davanti ad un capolavoro , ma ad un album di buon livello, ed è per questo dovrebbe essere giudicato.

3 commenti:

Filo ha detto...

Bravo, bella rece.
Adesso però mi hai fatto venire voglia di ascoltarlo, cazzarola.

Anonimo ha detto...

amen (cit.)

Gemelle a rotelle ha detto...

A me la voglia di ascoltarlo non è proprio venuta,ma la recensiione è scritta bene...(scopati dall'ispirazione...suonato come un gong! AHAHAHAH!)
Dylan quando fa i pacchi, li fa seri..."Saved" credo che non sarà mai rivalutato...(sic?)