martedì 28 luglio 2009

Zlatan's dreams always come true

Quando da ragazzino giocavo a calcio era opinione comune di molti, nell'ambiente, che per essere un giocatore di classe, diciamo un numero dieci, la misura delle scarpe non doveva superare il 39/40. Questa convinzione, non so bene basata su quali elementi scientifici, è durata molto tempo. Almeno fino all'arrivo di Zlatan Ibrahimovic.

A quel punto tutte le teorie incrollabili e le consuetudini radicate sono andate a farsi benedire. Il ragazzo è alto un metro e novantadue, e calza un numero di scarpe che tende al cinquanta. Ad andargli bene, vent'anni fa l'avrebbero schierato come stopper a menar randellate, oggi è uno dei calciatori più pagati al mondo. E anche una delle persone più antipatiche che esistano, devo aggiungere. Tanto che ho riflettuto a lungo se fosse "meritevole" di due righe di saluto, adesso che pare abbia coronato il sogno della sua vita di giocare nel Barcellona.

Alla fine l'ho fatto perchè sono convinto che i tifosi dell'Inter lo rimpiangeranno. Moratti avrà anche fatto (forse per la prima volta) un ottimo affare economico, ma, pur nella diversità di caratteristiche tecniche, credo che Eto'o sia lontano dal livello dello svedesone.

Sopratutto per il contesto in cui si cala, visto che la squadra nerazzurra non ha esattamente il gioco spumeggiante del Barca, che permette alle sue punte di ricevere una dose considerevole di palloni giocabili durante ogni partita. Costruita fino a centrocampo più sulla forza che sulla fantasia, l'Inter era un panzer che badava al sodo più che alla fluidità del gioco, tanto nei momenti di difficoltà (frequenti, nonostante le vittorie), c'era lo schema palla lunga dalla difesa all'area avversaria, che quello lì, tra stop di piatto a sei metri d'altezza o agganci impossibili, qualcosa riusciva sempre a ricavarci.
Scostante, arrogante, egocentrico, Ibrahimovic era perfetto per questo ruolo, ho perso il conto di quante partite si sono risolte grazie a lui.

Tutta acqua passata adesso, il futuro si chiama Eto'o (e Milito, non dimentichiamolo). Persino la maglietta con il numero otto che avevo preso un paio d'anni fa a Stefano gli sta ormai piccola. Come l'Inter a Ibra, presumo.

Ciao ciao Zlatan. Con rancore.

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